Come diventare un’azienda data-centric

L’adozione su larga scala dei big data è solo all’inizio: questo è esattamente il momento di capire cosa fare con tutti questi dati. E soprattutto come sfruttarli per ottenere vantaggi competitivi

In ultima analisi, le aziende utilizzano i dati, big o meno, per risolvere i problemi di business. L’azienda data-centric, tuttavia, non solo tratta i dati come un asset, ma li tratta come oro ed è anche disposta a pagarli. In realtà, molte aziende data-centric non sembrano nemmeno aziende data-centric a prima vista, anche perché si travestono da “fornitori di servizi”, con l’obiettivo finale di raccogliere dati, come il motore di ricerca Google o la piattaforma retail online Amazon. In realtà, Amazon è stato il pioniere di questa strategia di raccolta e utilizzo dei dati, piazzando strati di dati degli utenti in cima ai dati open ISBN (la numerazione internazionale dei libri) per creare nuovo valore. Altre aziende progettano programmi di fidelizzazione per spingere la raccolta dei dati, come i programmi di premi sui punti fedeltà dei supermercati o delle stazioni di servizio. Con l’offerta di sconti sui prodotti scelti apparentemente in maniera casuale o di risparmio alla pompa, i clienti vengono letteralmente pagati per fornire i dati attraverso l’iscrizione nei rispettivi programmi fedeltà. Di converso, si può considerare l’opt-out, cioè il non chiedere la tessera fedeltà, come una sorta di tassa sulla privacy: si paga il prezzo pieno per mantenere i dati riservati.

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Può forse apparire azzardato dire che essere data-centric equivale ad avere un vantaggio competitivo, ma ci sono vantaggi competitivi conseguiti da aziende data-centric che hanno veramente rivoluzionato il settore della business intelligence.

Mietere messi di dati

Le aziende data-centric raccolgono messi di dati da tutto il mondo. Uno dei “vecchi modi” di pensare la BI era quello di chiedere quali sono i dati già disponibili e come integrarli per definire le metriche oppure mapparli su una metrica pre-definita. Le aziende data-centric affrontano tale questione in un altro modo: invece di capire come utilizzare i dati già disponibili per rispondere alle metriche, cominciano affrontando per primo il problema di business che deve essere risolto, quindi immaginano i dati necessari, e poi ne vanno alla ricerca, oppure li creano tramite nuove app (come i cellulari) o con agenti incaricati di recuperare tali dati.

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Le aziende data-centric fanno leva sui dati pubblici, su quelli acquistati, sui big data e su qualunque dato ottenuto tramite tutti i mezzi necessari, compresi i dispositivi indossabili, i sensori, le fonti interne, le app mobili e così via. Anche un’app sul meteo può portare valore ancora non sfruttato. Essere mietitori di dati significa semplicemente avere la volontà di raccogliere ogni frammento di dati sui vostri clienti e sulle persone in qualsiasi modo possibile, al fine di acquisire conoscenze sui clienti attuali e poterle riferire anche ai futuri clienti.

Vivere una cultura analitica

Le aziende data-centric creano, crescono e respirano all’interno di una cultura analitica, e riescono pure a farla sembrare una cosa facile. Questa cultura analitica può essere suddivisa in tre categorie.

  • Insight: utilizzando il mining, il clustering e la segmentazione per capire i clienti, le loro reti e – cosa più importante – la loro influenza, così come le insight sui prodotti.
  • Ottimizzazione: di funzioni, processi e modelli di business attraverso l’uso degli analytics.
  • Innovazione: scoprire modelli di business nuovi e dirompenti che rimangono fedeli al marchio aziendale, ma forniscono percorsi per promuovere l’evoluzione e la crescita della base dei clienti.

Uno dei pilastri della cultura data-centric è quello di far cadere inutili fissazioni: cercate i dati e ricavate le correlazioni nascoste a partire dai dati – oppure – chiedetevi non che cosa potete fare per i vostri dati, ma ciò che i vostri dati possono fare per voi.

Pensare a lungo termine

Le aziende data-centric trovano modo di perpetuare un valore a lungo termine attraverso l’acquisizione di nuovi clienti multi-generazionali, anche perché sanno bene che i dati in loro possesso oggi rappresentano solo una fotografia istantanea dell’ambiente in cui operano. Mentre “pensare data-centric” significa pensare a lungo termine. Certamente, è anche cercare modelli nei dati per vedere dove si trova l’azienda, ma è più importante guardare dove sta andando e quindi sviluppare un piano operativo per arrivarci. Per le aziende data-centric, pensare a lungo termine significa pensare al coinvolgimento dei clienti, mantenendo un elevato focus sul brand, dove il brand è in gran parte definito dal sentiment e dall’influenza dei clienti. Il rapporto con il brand è una connessione messa insieme attraverso l’esperienza. Questo, per esempio, è il motivo per cui compro i libri da Amazon (per la praticità e la scelta), ma passo anche giorni interi nel fine settimana da Barnes & Noble a sfogliare pile di libri sorseggiando caffè: questa è un’esperienza.

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Agire

Infine, le aziende data-centric agiscono sui dati derivanti dagli analytics. I dati senza azioni non hanno alcun valore di per sé: è l’azione che guida il valore di business. Ma agire sugli analytics è un processo continuo di sperimentazione e miglioramento. Migliorare i modelli analitici è altrettanto importante considerato che i dati sottostanti sono in continua evoluzione. Per un esempio rapido, si può fare riferimento a quanto dicevo poco sopra sul valore inutilizzato delle app meteo. Durante un recente evento a Reno nel Nevada, abbiamo chiesto ai partecipanti quante app meteorologiche avessero sui loro smartphone. Molti – almeno un quarto della sala – ne avevano più di una. Il problema è che avere più motori di analisi fa crescere la concorrenza, e la concorrenza fa crescere il miglioramento.

Non dimenticare il mondo mobile

Diventare un’azienda data-centric richiede un cambiamento culturale inevitabile per ottenere vantaggi competitivi. Nella competizione sulle capacità analitiche, le aziende possono costruire una più profonda comprensione dei clienti e delle relazioni. Pensando ai dati raccolti, ci si può rendere conto che l’attività che si cattura oggi (probabilmente) non è sufficiente. Essere data-centric significa fare un grande sforzo extra nel modo di interagire con i dati.

Ma soprattutto bisogna “pensare mobile”, e pensare alla mobilità anche come un modo di orientare i clienti. Oggi, attraverso le app mobili, l’immagine pubblica del cliente è disponibile attraverso le API. Il mobile è un fenomeno “io”: si tratta di una linea diretta con i desideri più egoistici del cliente, cioè quello che gli piace, ciò che odia, quello che vuole, e cosa è disposto a dire su tutto. Questo dato sociale ci dice esattamente chi sono i nostri clienti, e qual è il modo migliore per renderli felici. Va anche ricordato che la telefonia mobile è un fenomeno a due vie: le aziende pensano di spingere informazioni e servizi ai clienti, ma hanno anche bisogno di pensare (egoisticamente) su come estrarre i dati e imparare dalle attività dei clienti.

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Lindy Ryan

Research director per la practice Data Discovery and Visualization di Radiant Advisor, svolge attività di ricerca e di analisi sulla confluenza tra data discovery, visualizzazione e scienza dei dati partendo dalla prospettiva delle esigenze di business. Oltre a dirigere la rivista Rediscovering BI, Lindy Ryan ha un B.S. in Business Administration e un Master in Organizational Leadership, e sta conseguendo un Ph. D in Organizational Leadership and Strategy, con una tesi di ricerca incentrata sulla cultura dei big data.

Lindy Rayan ha presentato a Roma per Technology Transfer insieme a John O’ Brien i seminari “Data Discovery in Action” il 5-6 novembre 2014 e, sempre a Roma, il seminario “Modern Data Visualization for Advanced Analytics” il 7 novembre 2014.