La provocazione non ha sesso (52%) e i giovani sono i provocatori più efficaci (43%). Sergio Marchionne, Oscar Farinetti e Antonio Conte modelli di provocatori che hanno guidato con successo transizioni, evoluzioni e crescite (rispettivamente 50%, 25% e 8%). L’indagine condotta da WOBI e Manageritalia tra i manager italiani in occasione del World Business Forum Milano 2014 evidenzia come, nell’attuale contesto, il giusto bilanciamento tra attitudine al rischio e percorso lineare di crescita sia la strada ritenuta più efficace (77%)
La provocazione come opportunità per il cambiamento e la crescita: è su questo che WOBI, azienda multimedia leader in executive education, e Manageritalia, Federazione nazionale dirigenti, quadri e professional del terziario privato, hanno chiamato a rispondere un campione di circa 30.000 manager di aziende italiane in occasione dell’edizione 2014 del World Business Forum, in programma a Milano il 28 e 29 ottobre.
Nell’attuale contesto economico e macro-sistemico, per i manager italiani la provocazione serve (97%) e, nella sua forma più efficace, consiste in un approccio combinato che miri, da un lato, a cambiare lo status quo interno, dall’altro a stupire e sfidare il mercato con nuove logiche e prodotti innovativi. Tuttavia, in uno scenario che resta delicato, il 77% dichiara di seguire un approccio che combini il rischio con una componente di sicurezza.
Mettere un pizzico di creatività anche nelle decisioni solitamente prese su base razionale (33%), non temere gli errori e accettarli come parte integrante del processo di crescita (33%), capacità di mettersi nei panni dei propri interlocutori (19%), clienti fornitori stakeholder, partendo quindi dai bisogni per rendere davvero efficace il proprio approccio, sono invece le cosiddette soft skill che la business community riconosce a un provocatore di successo.
[blockquote style=”4″]“Il tema dell’elizione 2014 del World Business Forum è “Provocatori”, concept che accomuna i leader che si alterneranno sul palco, e che ha riscosso forte apprezzamento tra i manager partecipanti”, ha dichiarato Diego Gil, Managing Director Europe WOBI, l’azienda multinazionale che idea e organizza il World Business Forum. “I risultati dell’indagine ci mostrano quanto sia profonda la consapevolezza generalizzata della necessità di cambiare, dettata dal perdurare della delicatezza del contesto macro-economico. Siamo convinti di poter offrire, attraverso le storie condivise dai nostri relatori, elementi che offrano alle aziende italiane spunti concreti per osare di più e competere nel contesto globale”.[/blockquote]
Gli italiani e la leadership provocatoria
I manager intervistati ritengono, nel 55% dei casi, di avere uno stile e un’attitudine ibrida, di essere cioè alla continua ricerca di un equilibrio tra tradizione e provocazione, ma, dall’indagine emerge chiaramente che la maggior parte di essi è convinto di non aver osato, o potuto osare, almeno in qualche occasione della propria carriera (79%).
Per il 43% degli intervistati servirebbe avere più di un provocatore in azienda, mentre il 55% ritiene che basti averne uno solo (o comunque pochi). Il provocatore può essere riconosciuto da tutti i livelli professionali (56%) , e solo l’11% ritiene che debba essere, per le piccole aziende, l’imprenditore o il proprietario o, per le aziende più strutturate, il manager (33%).
Tutti riconoscono nel carisma personale le caratteristiche per una leadership provocatoria (70%).
I veri provocatori: persone, manager, mercati
Sono più le donne (27%) che gli uomini (21%) e i giovani in generale (43%) rispetto alle risorse con più esperienza (24%) ad essere considerati provocatori perché capaci di approccio creativo e realistico allo stesso tempo.Chiamati a esprimersi su esempi concreti, i manager italiani eleggono Sergio Marchionne (50%) quale leader provocatore nel nostro contesto attuale, seguito da Oscar Farinetti (25%) e Antonio Conte (8%).
Quando si parla dei comparti in cui la provocazione è di casa, per le aziende italiane vince la moda, comparto per eccellenza del Made in Italy (30%), mentre in campo internazionale domina il settore innovazione e tecnologia (33%); il food infine, dove la componente di tradizione è un valore assoluto, incarna il concetto di “provocatore” solo per il 14%.
Le istituzioni e la politica: abilitatori dell’innovazione?
Per i manager intervistati solo ancora potenzialmente. Per la stragrande maggioranza (90%), infatti, le istituzioni in Italia sostengono le aziende orientate al cambiamento meno che in altri paesi. Le richieste che ricorrono: il 44% auspica uno snellimento della burocrazia, il 23% più rispetto delle regole e certezza del diritto, il 19% una politica fiscale più favorevole alle imprese e il 14% una maggiore flessibilità del mercato del lavoro.
Sul tema della provocazione il commento di Guido Carella, presidente Manageritalia: “Da sempre, oggi ancor di più, provocare il cambiamento è compito dei manager, certo anche degli imprenditori. Loro devono trovare nuove strade per crescere, avere sogni e visioni e avere il coraggio di rischiare. Devono farlo cavalcando i trend emergenti e creandone di nuovi e per farlo devono avere coraggio, rischiare e spesso rompere le consuetudini. Certo ottenendo risultati o, ancor meglio, facendo accadere le cose”.