Come open data, trasparenza e libertà d’informazione possono contribuire a costruire una cittadinanza più consapevole e una cultura dei risultati per una PA più efficiente
La nostra esplorazione parte dalla comunità degli “italiane e italiani che fanno cose con i dati”. Parliamo di Spaghetti open data, per orientarci sulle tematiche e sulle diverse “anime” delle relative consultazioni in atto.
Maurizio Napolitano, attivista della community “spaghettata” (qui è per tutti “Napo”) , portavoce di Open Knowledge Foundation e ricercatore della Fondazione Bruno Kessler di Trento (uno dei nodi globale dell’ Open Data Institute di Londra) ci spiega che «c’è grande vivacità di contributi ma sempre nell’ambito di approcci simili per ottenere lo stesso risultato. Gli open data devono essere considerati nell’ottica di un’opportunità di crescita. Gli open data per la PA sono un dovere morale» – sostiene Napo. «Purtroppo si continua ad associare il tema della trasparenza della PA con quello degli open data della PA, generando grande confusione».
Della stessa opinione è Nello Iacono, vicepresidente dell’associazione Stati Generali dell’Innovazione e presidente dell’Istituto Italiano Open Data.
«Concordo con la risposta di Napo sull’importanza di distinguere tra open data e trasparenza, ma l’altro punto che credo importante è quello di focalizzarsi sul tema del riuso dei dati, che potrebbe farci riprendere la strada virtuosa impostata nel 2012 dall’Agenda Digitale Italiana, per costruire un percorso di apertura dei dati guidato dal riuso e dalle esigenze dei cittadini e delle imprese».
Prosegue poi Napo invitando a leggere l’ articolo di Joel Gurin (autore di “Open Data Now”) dove vengono descritti e messi in comparazione i concetti di open data, big data e open government evidenziando così ancora di più come il termine “crescita” sia quello più adeguato da associare alla filosofia degli open data.
Purtroppo però la corsa in Italia agli open data è più allo stimolo della quantità di rilascio che su altre variabili più importanti come sostenibilità e riuso.
Nel 2007 Sunlight Foundation proponeva gli 8 principi di base dell’open government data: dati completi, primari, tempestivi, accessibili, utilizzabili da macchine, non discriminatori, in formati aperti e con licenze aperte.
Nonostante si tratti di principi generali e pertanto con ampio margine di scelta che può creare un pò di entropia (es. il numero di licenze che si sono sviluppate negli anni) basterebbe concentrarsi di più sui primi quattro punti per ottenere dati di maggior qualità e quindi sviluppare di più i concetti di riuso (intriseco nella definizione di open data ma non nei fatti) e di sostenibilità.
Questi concetti, anche se in forma diversa, sono stati argomento del keynote di Google fatto a Open Knowledge Festival 2014 a Berlino, dove, nuovamente la trasparenza è stata vista come una conseguenza degli Open Government Data e non il fine, e la necessità di avere dati aggiornati e ben organizzati è stata più volte sottolineata.
Per realizzare al meglio in concetto di trasparenza è meglio concentrare le energie in progetti come il FOIA – Freedom Of Information Act (“atto per la libertà di informazione” ) , quella legge emanata nel 1966 negli Stati Uniti attraverso cui si garantisce libertà di informazione che se adattata in Italia ma in qualsiasi altra parte del mondo potrebbe essere una vera rivoluzione.
FOIA4ITALY – Ernesto Belisario è promotore insieme a un gruppo di associazioni e cittadini (giornalisti, giuristi, attivisti) di un’iniziativa che parte dal basso finalizzata ad avviare una vera e propria rivoluzione della trasparenza. Belisario spiega a Data Manager che in Italia si fa urgente la necessità di avere un vero Freedom of Information Act (FOIA) non solo per la riforma della PA ma come opportunità di crescita per il Paese. A tutt’oggi, una legge per la libertà d’informazione manca in Italia, nonostante il Decreto Trasparenza n. 33/2,13. Di questa mancanza ci rendiamo conto tutte le volte che vorremmo avere più informazioni sullo stato dell’ambiente, della salute, sul rispetto della legalità e su come vengono spesi i soldi pubblici da parte delle Istituzioni e di chi opera all’interno della pubblica amministrazione.
In Italia, le informazioni della pubblica amministrazione non sono conoscibili da tutti i cittadini: ciascuno può avere accesso soltanto ai documenti per i quali nutra un interesse “diretto, concreto e attuale” nell’ambito di uno specifico procedimento amministrativo che lo riguardi (ad esempio, le offerte dei concorrenti nel caso di partecipazione a una gara d’appalto).
Ma la cosa ancora più grave è che la legge che disciplina la “trasparenza” (Legge n.241/1990) prevede espressamente che non sono ammissibili le richieste di accesso agli atti amministrativi “preordinate a un controllo generalizzato dell’operato delle pubbliche amministrazioni”.
Si tratta di una norma superata, figlia di una filosofia amministrativa (e di governo) ormai anacronistica. L’Italia, infatti, è uno dei pochi paesi in cui non è ancora vigente un Freedom of Information Act.
Con il FOIA, il meccanismo è rovesciato: non è più il cittadino a dover dimostrare il proprio interesse a conoscere un determinato dato o documento (“need to know”), ma è l’amministrazione che – se intende negare l’accesso all’informazione – è chiamata a provare l’esistenza di ragioni (previste per legge) che impediscano di soddisfare la richiesta del cittadino (“right to know”).
La trasparenza serve a stimolare un controllo diffuso sull’operato della pubblica amministrazione e determina un miglioramento di efficienza delle scelte di governo, aiuta a combattere la corruzione e rendere più concorrenziale il settore privato, accresce la partecipazione di cittadini e imprenditori al processo decisionale.
Cittadinanza attiva – Adesso, viene la parte più difficile: per convincere governo e parlamento a fare propria la proposta, c’è bisogno di tutti. A Data Manager la “vision” aggiornata del Governo Renzi in tema di Open Data e Trasparenza e FOIA – dopo il discorso del premier con ampi riferimenti diretti al Digital Venice 2014 di luglio – arriva l’otto settembre grazie alla nota di Marianna Madia, ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione. Nella nota del ministro, che riportiamo integralmente, si legge che “la pubblica amministrazione, nel suo modo di lavorare e di rapportarsi con cittadini e professionisti, si sta avviando verso una rivoluzione. Una rivoluzione che non va rincorsa ma governata. Grazie alle tecnologie, e in particolare al web, è ormai possibile consentire l’accessibilità totale di tutte le informazioni sul funzionamento della PA e sulla gestione della cosa pubblica. Il settore pubblico raccoglie un’enorme mole di dati (dalle mappe alle informazioni sul lavoro, dai dati sull’inquinamento a quelli sulla salute).
La pubblicazione di queste informazioni come dati aperti, fruibili e riutilizzabili da tutti anche per finalità commerciali, è fra gli obiettivi della riforma della Pubblica Amministrazione dell’attuale Governo. Vogliamo accelerare questi processi per rendere l’Italia competitiva di fronte ai partner dell’Unione europea. Stiamo così potenziando il portale italiano dei dati aperti e stiamo adottando una strategia che preveda – in tempi certi – la pubblicazione dei dati più importanti per cittadini e imprese (spesa pubblica, ambiente, salute e trasporti sono sicuramente le priorità).
Negli ultimi anni è stato fatto molto in tema di accesso ai dati e trasparenza ma possiamo fare ancora di più per ampliare progressivamente l’accesso ai dati pubblici secondo le logiche del FOIA, consentendo l’accesso ai documenti pubblici a tutti e non solo a coloro che hanno un interesse diretto e giuridicamente tutelato”.
Dalla teoria alla Pratica – Ma non si tratta solo di trasparenza e diritti. I cittadini e gli utenti devono disporre di informazioni utili e di facile lettura. I professionisti del settore devono poter contare su interoperabilità e possibilità di effettuare estrazioni dinamiche dei dati. Le potenzialità dell’apertura del patrimonio informativo possono diventare, come è già accaduto all’estero, opportunità di crescita economica.
Il vero valore dei dati aperti, infatti, non si valuta solo misurando la quantità di informazioni pubblicate da Ministeri e amministrazioni, ma verificando gli impatti che la loro pubblicazione ha avuto sulla fiducia dei cittadini nelle istituzioni, sull’efficacia della revisione della spesa, sul livello di partecipazione al processo decisionale, sulla nascita di attività economiche legate al riutilizzo dei dati per la produzione di app o per l’erogazione di servizi innovativi.
Ma fra “massimi sistemi”, grandi temi per presente e futuro, nuova etica, priorità di reperimento risorse e revisione della spesa, quale può essere il contributo dei manager dell’IT a questa rivoluzione?
Data Manager ne ha parlato con Gianluigi Cogo, direttore scientifico di Pionero.it che in un recente articolo ha documentato e tracciato la via maestra verso la trasparenza grazie all’adozione di una nuova cultura digitale. Dal confronto ricaviamo la conferma di come anche i CIO e i CTO devono fare un passo avanti per approfondire questi temi come cittadini, come IT project manager e come attori sul mercato di soluzioni IT nel settore pubblico e privato.