La trans-formation dal vecchio al nuovo impone una scelta decisiva. Sostenere la velocità di cambiamento per adattarsi ai nuovi paradigmi digitali è la sfida per i CIO
La nuova IT si fa strada e fa piazza pulita delle logiche della vecchia IT. La velocità di passaggio da un paradigma all’altro – però – passa attraverso la capacità di innovazione delle aziende che si traduce in capacità di investimento. Va da sè che la velocità di trasformazione è direttamente proporzionale alle risorse materiali e immateriali che si mettono sul piatto. E così accade che in Italia, dove le PMI sono la maggioranza, le imprese si trovino nel bel mezzo della fase di “trans-formation”, non senza conseguenze.
Spesa IT: CIO a confronto, il video degli interventi durante la tavola rotonda #newITspending
È questo il quadro complessivo che emerge dall’analisi dei dati sulla spesa IT presentata da Carlo Delia di AUSED in apertura della Tavola Rotonda organizzata da UniCredit Business Integrated Solutions e Data Manager proprio sul tema degli investimenti (#newITspending) e l’evoluzione del ruolo dei CIO. Nel 2014, AUSED ha concentrato le sue attenzioni su due grandi temi: i costi “infruttiferi” dell’IT e la trasformazione digitale in atto nelle aziende.
L’incontro ha messo a confronto il mondo degli utenti (UniCredit, Randstad, Gruppo Marcegaglia, Salumificio Citterio, Edison, Sedamyl, Lombardia Informatica, La Rinascente) con quello dei fornitori (Serena Software, Software AG, Schneider Electric) e ha fornito molti spunti di riflessione e per guardare all’IT che cambia in una prospettiva nuova: quella della UnicreditTower.
«Superare la separazione tra IT e business» e «CIO come cerniera» sono concetti condivisi da tutti, tanto che ci vorrebbero parole nuove per dirlo. La questione non è dove volgere lo sguardo, ma come tracciare la rotta per arrivarci nel più breve tempo possibile, senza ulteriori ritardi e con investimenti commisurati ai risultati.
L’IT management si muove all’interno di una prospettiva nuova e diventa insieme alle altre LOB parte integrante del processo di governance aziendale. Il cambiamento coinvolge tutte le industry dal manufacturing alla PA, dal finance al retail in tutte le sue declinazioni.
L’evoluzione strutturale del sistema bancario
Guardando all’evoluzione strutturale del sistema bancario, il problema principale risiede nella ancora limitata revisione dei modelli di business, nell’integrazione dei canali tradizionali e di quelli digitali e nell’ottimizzazione delle infrastrutture IT in ottica as a Service.
Le banche si trovano in una fase critica di transizione e sono alla ricerca di nuove formule per incrementare la marginalità e la fidelizzazione dei clienti, mettendo a capitale il patrimonio di dati disponibili grazie all’adozione degli high performance analytics e sfruttando la scalabilità delle soluzioni cloud.
Le banche parlano di comunicazione ma i servizi restano standard. Come si fa a renderli 3.0? Tutto il mondo finance è digitalizzabile. Il cash è la sola componente fisica, il resto è relativo al trasferimento e alla modifica di diritti di proprietà che può essere digitalizzato. Le filiali di mattoni non spariranno, ma saranno ridefiniti ruoli e obiettivi per il mantenimento del business e l’aumento della marginalità per cliente. Conto corrente, carta di credito, mutuo sono prodotti non servizi. Sfruttando la logica convergente della “Terza piattaforma” di cui parlano Gartner e IDC. Intorno a questi prodotti bisogna creare un’offerta strutturata di servizi su misura e “event driven”, attingendo al patrimonio di dati e informazioni già in possesso delle banche, ma poco sfruttato finora.
Per Massimo Messina, head of Global ICT UniCredit, bisogna «misurare i fenomeni per capire in quale direzione investire. Non si tratta di spendere meno ma di spendere meglio. E per Paolo Chiaverini, head of Business Line Commercial Banking Mature Markets UniCredit Business, nel processo di trasformazione digitale del retail bancario «la sfida più impellente insieme alla nuova gestione del rischio è quella di trasformare lo sportello virtuale in un finestra di e-commerce a misura del cliente. Una trasformazione non solo tecnologica ma anche culturale che deve essere immediatamente visibile in tutte le LoB. Del resto, l’IT o è agile o non è». Dal canto suo, Massimo Messina punta il dito sull’Agenda Digitale: «Gli ottomila comuni italiani sono poli informatici che hanno bisogno di fare un salto di qualità a livello di sistema». Non solo. L’adozione di nuovi modelli di sviluppo basati sul cloud e di strumenti innovativi come i Big Data Analitycs hanno bisogno di un ecosistema tecnologico adeguato.
E in Italia – secondo l’Autorità italiana per le Garanzie nelle Comunicazioni – la velocità media di connessione di 4,4 Mbps è la più bassa d’Europa.
Anche i tagli alle Regioni di cinque miliardi decisi dal Governo avranno l’effetto di orientare gli investimenti IT, spiega Luigi Pellegrini, direttore Centrale Operations Lombardia Informatica: «I costi di gestione impattano sulla capacità di spesa per innovare. Puntare su cloud, analytics, data center e social rappresenta una sfida, ma anche una scelta obbligata per le imprese che vorranno far evolvere i loro modelli di business per continuare a essere competitivi sul mercato».
Ma l’innovazione utile è quella che si costruisce giorno per giorno e non quella che arriva dall’alto, assecondando le tendenze. Claudio Monzini, country manager di Serena Software: «L’automazione di processo step by step aumenta la competitività delle aziende. Per pianificare gli investimenti bisogna affrontare la complessità delle aziende e trovare soluzioni che rispondono a esigenze concrete. Bisogna partire dal basso con applicazioni a misura di business e in equilibrio fra IT governance e cost saving».
La ricerca dell’equilibro non è un impresa facile – però – soprattutto quando da un alto si predica che i CIO devono essere portatori sani di innovazione in azienda e dall’altro – come fa notare Francesco Maselli, direttore tecnico Software AG – «gli AD non percepiscano i CIO come driver della competitività del business. In questa fase di trasformazione, le imprese devono mantenere un approccio umano al digitale. L’area dei processi è critica per tutti, ma bisogna evitare di “abbuffarsi” di tecnologia e fare scelte sostenibili per essere veramente agili».
L’innovazione ha bisogno di parole nuove e di fatti
Ma l’evoluzione non riguarda solo le banche, coinvolge tutti i settori e interroga i CIO e i fornitori.
Entro il 2015, Gartner prevede che oltre il 30% dei progetti di analisi dei dati fornirà degli approfondimenti e conoscenza basati su dati non strutturati e l’85% delle top organisation di Fortune 500 richiederà progetti di analisi dei big data. In questo contesto, il CFO deve diventare il garante dei dati e i consumi energetici dell’infrastruttura IT devono trasformarsi in vantaggio competitivo con l’introduzione di nuove figure come gli energy manager e l’adozione di data center evoluti. Per Vincenzo Spagnoletti, director of Data Center/Secure Power & IT Partners di Sales Schneider Electric «un’infrastruttura IT che faccia la differenza è un’infrastruttura realizzata con la massima qualità e soluzioni al top del mercato, qualunque sia la dimensione dell’impresa. Bisogna offrire risposte specifiche per le necessità del momento, senza che questo limiti la capacità di seguire l’espansione del business, e bisogna garantire al cliente la capacità di controllare e gestire le proprie risorse IT in modo efficace e integrato con il business, così da trasformare il data center in una risorsa di crescita. Efficientare i consumi di energia elettrica anche di un terzo significa liberare risorse».
Marco Campi, CIO del Gruppo Marcegaglia ha spiegato che l’agilità della nuova IT dovrebbe facilitare gli investimenti e fare IT governance per una grande realtà significa condividere una chiara strategia di business.
Obbiettivi chiari, esecuzione della strategia passo per passo, decisioni e capacità di attuarle nei tempi giusti sono le coordinate che i CIO non devono perdere di vista per mantenere la rotta del cambiamento secondo Aldo Ceccarelli, CIO di Sedamyl: «Il timing di trasformazione è determinante quanto il valore dell’investimento stesso».
Vision per il futuro
Giancarlo Veltroni, CFO di Randstad e vicepresidente di ANDAF Lombardia, ha detto che CIO e CFO devono dialogare e partecipare insieme alla governance aziendale. «Ottimizzare le informazioni e rendere fluidi i dati e gli investimenti IT non sono una questione solo economica di disponibilità, ma sono una questione di vision sul futuro, che ogni azienda deve sapersi dare».
Per Massimo Pernigotti, CIO di Edison, sono tre linee chiave che orientano gli investimenti IT: «Ottimizzazione dei processi, digital strategy, cost saving».
Ma se come dice Paolo Fila, CIO di Citterio, i responsabili dell’IT devono essere driver del cambiamento, rendere più efficiente l’IT non significa necessariamente fare tagli lineari: «Il mio AD non mi chiede di tagliare i costi ma di portare a termine il processo di trasformazione IT».
Perché avverte Paolo Ciceri, CIO di Rinascente, non si può parlare di CIO come se fossero una categoria omogenea. I CIO non sono tutti uguali e riflettono la filosofia delle aziende in cui operano («Il CIO è quello che il CEO decide di scegliersi o di tenersi»). Inoltre, bisogna sempre distinguere tra portata in euro degli investimenti e portata dell’innovazione: «Ci sono progetti che hanno un forte impatto, ma che pesano molto poco sui bilanci, pensiamo alla mobilità. In Rinascente, la parte di IT spending maggiore è quella che riguarda la relazione con il cliente. A Milano si dice “andiamo a fare un giro in Rinascente”. DWH e BI tradizionale non bastano più per capitalizzare il patrimonio di informazioni in nostro possesso. Per proseguire nella direzione dell’innovazione però «bisogna stanare la resistenza al cambiamento che spesso si annida nelle divisioni IT».