L’esordio del nuovo numero uno per l’Italia ha costituito l’occasione per discutere con un panel di aziende le sfide e le opportunità poste dal nuovo scenario dominato dalla Application Economy
“Da circa un mese, un giorno e un’ora sono in CA Technologies”, ha esordito Michele Lamartina, il nuovo country leader per l’Italia della società, presentandosi ufficialmente alla stampa, nel corso di un incontro organizzato a Milano ai primi di ottobre per fare il punto sulle sfide poste da quella che è stata definita l’economia delle applicazioni, e di cui ha discusso un panel molto nutrito di rappresentanti di aziende di primo piano.
Introducendo il tema della giornata, Lamartina ha spiegato che “l’inizio ufficiale della app economy si può datare al 2008, quando Apple ha lanciato l’app store, che ai tempi contava circa con 500 applicazioni, mentre oggi sono 12 milioni. Una crescita esplosiva della quale non si può non tenere conto, e che rappresenta a tutti gli effetti un nuovo modo di fare business. Ma chi è che beneficia di questo nuovo fenomeno? In primis gli sviluppatori di software, che realizzano applicazioni non più monolitiche ma agili, in modo da farne un delivery rapido e a basso costo, monetizzando in tempi brevi sui loro sforzi. Ma i benefici si allargano al mondo consumer e alle aziende, che vedono prevalere nuovi paradigmi dai quali scaturiscono ulteriori opportunità”.
Italia in affanno sull’app economy
A identificare queste opportunità ci ha pensato una ricerca condotta da Vanson Bourne per conto di CA Technologies, che è stata illustrata nel dettaglio da Fabio Raho, solution account director South Europe di CA Technologies. La ricerca, denominata “How to Survive and Thrive in the Application Economy”, ha coinvolto quasi 1.500 responsabili IT in aziende attive nei settori servizi finanziari, sanità, industria manifatturiera, telecomunicazioni e media/entertainment in sei Paesi europei (Francia, Germania, Italia, Spagna, Svizzera e Regno Unito) e altri sette Paesi nel mondo. Quasi la metà del campione (per l’esattezza 670 intervistati), era europeo.
Un dato poco lusinghiero emerso dall’indagine è che la maggior parte delle imprese italiane rischia di non cogliere le opportunità di business offerte dell’Application Economy: solo il 38% del mondo aziendale italiano sembra infatti reagire in maniera “efficace” o “estremamente efficace” a questo nuovo fenomeno, contro il 52% del campione statunitense. Fra i motivi dell’inerzia rilevata fra le aziende italiane si iscrivono vincoli di bilancio (citati dal 33% delle imprese italiane), la mancata comprensione dei potenziali benefici da parte del management (27%) e la difficoltà a cambiare la strategia societaria (25%).
Tutto questo avviene nonostante le imprese del Bel Paese abbiano ben presenti gli effetti dell’Application Economy: circa il 44% delle aziende italiane interpellate ha confermato che il fenomeno sta determinando un effetto dirompente sul loro settore, con una percentuale più alta di quella rilevata in Germania, Spagna e Regno Unito. Il 31% delle imprese intervistate in Italia ne starebbe già avvertendo i contraccolpi al proprio interno, ma altri segni colti dalla realtà italiana sembrerebbero indicare la necessità di agire senza indugio: secondo lo studio, il 90% delle linee di business italiane intervistate sarebbe infatti soggetto a forti sollecitazioni e richieste di rilascio di nuove applicazioni o servizi in tempi più brevi rispetto al passato, vuoi per contrastare la concorrenza (60%), vuoi per assecondare le crescenti necessità e aspettative dei clienti (44%).
Esperienze variegate
Il panel chiamato a discutere della nuova realtà dettata dall’app economy non si è fatto pregare, e stimolato da Annamaria Di Ruscio di NetConsulting, che ha ricordato come le app siano un fenomeno anche a livello economico, visto che oggi “pesano per il 30% circa sul dato globale di sviluppo di nuovo software, con la differenza che le app mobili crescono del 10% rispetto al meno 4% dello sviluppo software tradizionale”, hanno illustrato agli intervenuti le loro esperienze. Per Paolo Ciceri, CIO di la Rinascente “l’application economy è una cosa seria, che si traduce in un dato: ci stiamo avvicinando ai 100 milioni di interazioni singole con i nostri clienti. Ma la parola chiave per noi è una: coerenza, in quanto sviluppiamo app legate agli eventi per coinvolgere il nostro pubblico, che nell’ultimo anno sono stati organizzati in un numero vicino ai 150 in totale”. Per Alessandro Musumeci, group CIO di FSItaliane, “oggi il sistema informativo di Ferrovie lo decidono i nostri clienti, influenzando in modo forte i nostri sistemi, visto che vendiamo quasi la metà dei biglietti su Internet. Anche la scelta di andare in cloud è stata dettata da questo, con app sempre più sofisticate per supportare il trend”. Guido Arnone, technology innovation & digital director di EXPO 2015, ha ricordato come quello di Milano sarà “il primo Expo nell’era dell’app economy, in quanto oggi tutti hanno lo smartphone e soprattutto lo sanno usare, e la vera sfida sarà quella di realizzare app che abbiano molte interazioni con il mondo fisico, che nell’Expo è una parte preponderante”. Un’esperienza di rilievo quella di Luca Prima, direttore centrale, marketing e comunicazione di Che banca!, che ha anticipato il lancio a fine ottobre di “WoW, Wallet of Wallet”, un’app per facilitare i pagamenti in libertà, nella quale è già integrato PayPal, e che può essere utilizzata anche da chi non è cliente di CheBanca!, per pagare tutto fotografando il codice e facendo un tap sul telefonino”. Infine, un’altra esperienza innovativa a livello di app è quella Gian Luca Petrelli, founder & CEO di BeMyEye, che ha spiegato “noi utilizziamo l’app economy per aiutare le aziende a capire cosa avviene sul territorio nei punti vendita, che siano supermercati, negozi di telefonia, stazioni di servizio o altro, e riusciamo a dimostrare come l’app economy sia in grado di cambiare molte cose”.