Attacchi DDos: quando uno smart device diventa il vettore

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Oltre 1 miliardo di dispositivi smart nel mondo, 2 terzi dei quali senza nessun software di sicurezza. Ecco i nuovi strumenti ideali per le botnet che, a insaputa dei loro possessori, minano la sicurezza di aziende e utenti in tutto il mondo

A cura di Eugenio Libraro, Regional Director Italy&Malta di F5

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Gli attacchi DDoS (distributed denial of service) lanciati attraverso botnet di dispositivi smart rappresentano una nuova minaccia che periodicamente ci fa prendere dei piccoli spaventi, ma è solo una questione di tempo prima che il fenomeno prenda una piega più consistente e alcuni obiettivi di alto profilo vengano colpiti. I dispositivi smart come vettore di attacco sono infatti degli strumenti molto interessanti; uniscono le capacità e una connessione di rete costante con un atteggiamento in genere abbastanza lassista in termini di sicurezza da parte di chi li utilizza.

Insomma, è come avere una bomba a orologeria in mano pronta per esplodere. Ed è particolarmente vero se si considera la vastità del campo da gioco a disposizione dei cyber criminali più astuti. L’analista di mercato Futuresource ha recentemente dichiarato che le vendite degli smartphone nel mondo sono aumentate del 50% raggiungendo nel 2013 un miliardo di unità. Quest’anno tale cifra dovrebbe superare 1,2 miliardi.

Con applicazioni istallate che spesso provengono da fonti discutibili o compromesse, i dispositivi smart sono semplicemente più vulnerabili rispetto alle piattaforme tradizionali utilizzate per gli attacchi DDoS. Tra quelli più a rischio, i dispositivi che utilizzano il sistema operativo Android, per definizione ‘aperto’ e quindi sfruttabile. Lo scorso anno, un milione di smartphone Android sono finiti in una botnet mobile in Cina, e questo è sicuramente solo un primo esempio di come andranno le cose in futuro.

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In tutto il mondo, la mancanza generale di sensibilità in termini di sicurezza degli smart device rimane un problema costante. Un recente studio condotto da Javelin Strategy & Research ha rilevato che solo il 33% degli smartphone e il 29% dei tablet è dotato di un software di sicurezza. Sembra essere un problema culturale; le persone infatti difficilmente si aspettano che possa accadere qualcosa di male anche perché, in caso di partecipazione involontaria in una botnet, è improbabile che se ne rendano conto e capiscano che stanno contribuendo a un attacco DDoS a danno di altri.

Come sempre, le imprese devono essere vigili e pronte ad adattarsi. Sono finiti i giorni in cui le strategie di sicurezza potevano essere blindate o applicate a posteriori. Oggi, la sicurezza deve essere estremamente flessibile e il più possibile omnicomprensiva. Idealmente, dovrà racchiudere una combinazione di sicurezza del DNS e protezione DDoS, firewall di rete, gestione degli accessi, sicurezza delle applicazioni e context-aware, gestione intelligente del traffico.

Quando si tratta di tattiche di difesa dai DDoS molte aziende iniziano ad affidarsi a un approccio ibrido per poterla garantire. E’ possibile ottenerlo combinando un rilevamento DDoS off-premise e cloud-based con un mitigation service con funzionalità on-premise. Ciò consente alle organizzazioni di sfruttare la maggiore larghezza di banda che si trova lungo la dorsale Internet, dove la maggior parte dei provider di DDoS cloud-based risiedono quando gli attacchi sovrascrivono la loro stessa connettività, pur mantenendo una forte impostazione di sicurezza on-premise in grado di gestire la maggior parte degli attacchi di volume e più adatta per affrontare gli attacchi più insidiosi a livello applicativo.

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Mettere la testa sotto la sabbia non è un’opzione: gli eserciti di smartphone sono già stati reclutati e gli attacchi sono ormai inevitabili. Aspettatevi l’inaspettato e preparatevi alla battaglia!