Il mondo è cambiato, anche in azienda. Ma se fino a poco tempo fa anche le evoluzioni più radicali nel modo di comunicare e collaborare delle persone riuscivano a essere assorbite dalle piattaforme tecnologiche esistenti, oggi non è più così
È in atto una vera e propria rivoluzione dal basso, non dettata dai tradizionali fornitori di tecnologie di comunicazione. I protagonisti di questa rivoluzione sono le persone, che oggi vogliono comunicare e collaborare, anche quando lavorano, con la stessa facilità e la stessa immediatezza di quando agiscono nella sfera delle loro relazioni private.
È una rivoluzione che non si ferma, anzi accelera. Per il prossimo futuro è in arrivo un esercito di giovani talenti, innovatori. Si tratta della generazione più vasta di sempre: sono 2,3 miliardi e rappresenteranno la metà della forza lavoro mondiale entro il 2020. Ma se i cosiddetti Millennial eccitano le fantasie delle agenzie di marketing, gli esperti di dinamiche aziendali guardano già oltre. Un recente studio Deloitte riporta che per i giovani italiani (il 72%, per l’esattezza) il grado di innovazione è uno dei fattori sempre più determinanti nella valutazione delle aziende. Siamo pronti ad accogliere e ad attrarre questa generazione in azienda? O la fuga dei cervelli sarà un refrain di cui purtroppo non riusciremo mai a liberarci?
Nel frattempo, le modalità di comunicazione si sono moltiplicate e diversificate: smartphone e tablet dilagano nell’ambiente di lavoro, sotto la spinta dei fenomeni del BYOD (bring your own device) o del CYOD (choose your own device); i social network più popolari, come Facebook, o la loro declinazione aziendale, come LinkedIn e Yammer, hanno spaccato in due vecchi modelli di relazione e condivisione delle informazioni. Oggi – secondo una nostra recente indagine – il 79% dei dipendenti opera in team virtuali, ma ben il 75% si distrae durante le riunioni e addirittura uno su due (il 59%) si sente meno produttivo rispetto a quando lavora in un unico ufficio. Pensiamo a una delle pratiche aziendali più diffuse, e sorprendentemente meno amate: la conference call. Per come vengono portate avanti oggi, tra distrazioni, interruzioni (ma anche una certa maleducazione dei partecipanti), sono talmente numerose le difficoltà e gli svantaggi delle riunioni a distanza che un attore comico americano ne ha fatto un video subito divenuto virale (8 milioni di spettatori su YouTube), e il Wall Street Journal ne ha dedicato una recente inchiesta dal titolo “Help! I’m on a Conference Call”. Le aziende si sono sempre trovate a inseguire di volta in volta per ragioni tattiche l’innovazione del momento, senza forse riuscire ad anticiparla, e quindi a soddisfare le reali esigenze dei propri dipendenti. Negli uffici della maggior parte delle aziende del Bel Paese, sono presenti “N” canali paralleli che difficilmente hanno dei punti di contatto, risultando spesso incompatibili tra loro. Certe barriere sono tuttora percepite, non solo a livello funzionale, per cui “fare una telefonata” è ancora un’operazione vista come qualcosa di separato rispetto alla comunicazione che avviene attraverso la posta elettronica e ad altri servizi puramente IP, come la chat e il VoIp di servizi come Skype. Nonostante quindi le implementazioni che un’azienda ha fino ad ora realizzato, sembra che le infrastrutture di comunicazione rimangano comunque “incomplete” e sembra sempre mancare qualche tassello per chiudere il cerchio.
È in atto un cambiamento socio-tecnologico radicale, che tocchiamo con mano, ogni giorno. Di fronte abbiamo una necessità di adattamento darwiniano a questa evoluzione. Noi ci siamo, con la nostra esperienza e le nostre soluzioni più innovative. Voi siete pronti al “Nuovo Modo di Lavorare – #NW2W”?
Riccardo Ardemagni, AD di Unify Italia