Inaz delinea l’impresa del terzo millennio

Dal convegno Inaz a Milano il punto sui valori che consentiranno all’industria di vincere le sfide del futuro. Sono intervenuti Vittorio Coda, Bruno Lamborghini, Marco Vitale. Presentati i casi di successo di Geico SpA e Gruppo Loccioni

Com’è possibile parlare dell’impresa che verrà e che vogliamo costruire, quando l’Italia ha grosse difficoltà a preservare le imprese che ci sono? È questo l’interrogativo che ha caratterizzato il convegno “L’impresa del terzo millennio”, organizzato da Inaz il 15 settembre a Milano e parte del ciclo di convegni “Piccola Biblioteca d’Impresa”.

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Secondo Linda Gilli, Cavaliere del Lavoro e A.D. e presidente di Inaz, una risposta viene da un modello tutto italiano, quello della Olivetti, azienda con cui Inaz iniziò a collaborare dagli anni ’70: «Un mondo ricco di valori, di stimoli, di idee, dove la componente umana era all’origine, ma anche la destinataria finale di una mirabile capacità di innovazione tecnico-scientifica ed organizzativa. Olivetti capì che il software sarebbe stato il motore del mondo moderno, motore che porta in sé un incredibile patrimonio di energia umana. Di qui un’attenzione, che Inaz condivideva allora e porta avanti ancora oggi, per la cultura del personale, che dalla ricerca e selezione passa per la crescita delle competenze, fino alla coltivazione di nuovi talenti».

«Crediamo che l’impresa correttamente intesa sia un fattore di sviluppo e incivilimento –ha commentato l’economista Marco Vitale, moderatore del convegno–. Ma non deve essere autoreferenziale: occorrono alleanze, occorre fare rete, per costruire un sistema valoriale e una visione culturale». Uno sguardo sull’economia civile è uno sguardo su tutta l’economia, non solo quella no profit , «economia civile, sociale e di comunione». E ancora, Vittorio Coda, professore di economia alla Bocconi e membro del comitato scientifico dell’ISVI, ha sottolineato che «Il fine dell’impresa non è la crescita quantitativa, ma lo sviluppo, che è un obiettivo qualitativo e sostenibile nel tempo». Bruno Lamborghini, già vicepresidente di Olivetti SpA e docente all’Università Cattolica di Milano, ha puntato il dito contro la finanziarizzazione «che ha rovinato i valori d’impresa, con il suo pensiero a brevissimo termine. Il tratto distintivo di Adriano Olivetti e degli imprenditori che hanno fatto la storia dell’industrializzazione italiana era la capacità di guardare avanti».

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Infine,le storie di due imprese che hanno fatto del lavorare bene e in modo etico una chiave del proprio successo e un fattore di sviluppo, per l’azienda e per la comunità.

Enrico Loccioni ha presentato il progetto “2KM di futuro”, con cui il Gruppo Loccioni ha “adottato” due chilometri del fiume Esino nelle Marche, mettendo in sicurezza l’area e creando un laboratorio di progettazione pubblico-privato.

Reza Arabnia, CEO e presidente di Geico SpA, ha raccontato la storia di un successo imprenditoriale fondato sulla comunione di interessi tra l’azienda, le persone che ne fanno parte, il suo leader e gli stakeholder. Geico,che a Cinisello Balsamo produce impianti di verniciatura per il settore automotive, è diventata un’eccellenza risanandosi e coltivando le risorse interne. «La ricchezza è una conseguenza del lavoro fatto bene» ha dichiarato Arabnia, concludendo con un attestato di stima verso il nostro Paese: «Scelgo di investire in Italia perché le persone e il know-how che si trovano qui non hanno eguali nel mondo».

Al convegno, patrocinato dalla Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro Gruppo Lombardo e realizzato in collaborazione con AIdAF (Associazione Italiana delle Aziende Familiari) e  ISVI Istituto per i Valori d’Impresa, è stata presentata la nuova pubblicazione della collana “Piccola Biblioteca d’Impresa Inaz” dedicata proprio al mondo olivettiano. Intitolato La prima impresa industriale di Camillo Olivetti e il paradigma olivettiano, il volume, curato dallo storico Carlo G. Lacaita, presenta per la prima volta una relazione del 1912 con cui la C.G.S., la prima società fondata da Camillo Olivetti, partecipò a un “Concorso d’industria” del tempo.