Cloud, evoluzione della specie

Fabio Rizzotto - IDC Italia

La complessità del cambiamento è tale che il percorso graduale verso la maturità può durare anni. Tra molti interrogativi, qualche dilemma e grandi certezze, tra le quali il ruolo dei partner IT, che sarà ancora più strategico che in passato

Forse, non è azzardato affermare che il cloud sia il tema più dibattuto nella community ICT. Sarà per le sue promesse, ma anche per i tanti interrogativi. I due principali driver per lo sviluppo di iniziative “public cloud” finora emersi in indagini IDC sono l’accesso rapido a nuove funzionalità IT, associato a un utilizzo più efficace delle risorse IT stesse. Il “private cloud” conferma invece la capacità di rispondere ai trend di contrazione di budget e personale IT, nonché all’esigenza di semplificazione dell’infrastruttura.

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L’adozione dei cloud services si sta affermando in moltissime aziende, attirate dai vantaggi associati a nuovi modelli di acquisto, fruizione e distribuzione delle risorse IT, prevalentemente in ambito applicazioni e servizi “orizzontali”, quali posta elettronica, collaborazione, comunicazione, storage, backup, etc.

Il cloud sta dando quindi un forte contributo alla razionalizzazione della spesa IT, favorisce l’ottimizzazione in un’ottica di breve-medio periodo, consente un recupero di efficienza liberando risorse per nuove iniziative IT, sostiene gli obiettivi più tattici della trasformazione. Ma è anche driver per nuovi sviluppi ed espansione di business? Per dare una risposta a questa domanda proviamo a dare uno sguardo a un passaggio delle IDC “Predictions 2014” per l’Italia relativamente alle direzioni del cloud. Lanciando a inizio 2014 queste previsioni, abbiamo affermato, tra l’altro, che nel corso dell’anno avremmo assistito a una moltiplicazione degli interventi a carattere strategico-organizzativo per capire come impiegare il cloud per la trasformazione aziendale, piuttosto che come modello per sperimentare nuovi modelli di business. In sostanza, abbiamo rafforzato lo sguardo verso la dimensione di business e organizzativa del cloud che alcune delle realtà più innovative stanno percorrendo, ovvero gli ambiti (oltre all’IT) in cui possono maturare i benefici che a loro volta abilitano nuove esigenze e iniziative aziendali.

La complessità del cambiamento

È opportuno quindi osservare questi grandi fenomeni di trasformazione con una lente ampia. La complessità del cambiamento è tale che il percorso graduale verso la maturità può durare anni. Cosa c’è di nuovo in questa fase rispetto anche solo a dodici mesi fa? Secondo quali dinamiche si allarga questo spazio occupato dal cloud nel tessuto aziendale ed economico? C’è di nuovo che non conta più solo quale sia la cosiddetta “porta d’ingresso” del cloud in azienda, ma dove questa porta conduce, a quali ambienti o stanze dà accesso e come. Già da qualche mese, assistiamo al rafforzamento di alcuni trend intravisti nel 2013: non solo alcuni ambiti IT fanno da apripista e disegnano “pattern di adozione” incrementali (per esempio la posta elettronica on cloud consente di esplorare nuove opportunità per collaborazione, workflow, etc.), ma assistiamo anche a crescenti interdipendenze tra fenomeni: big data on cloud, strategie social e mobile integrate, mobile solutions on cloud. In sostanza, il cloud si afferma come piattaforma di erogazione di servizi mobile, social, diventa l’ambiente nativo o ideale per l’economia big data.

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Tornando al fronte IT, una delle sfide più grandi è la trasformazione nelle modalità di erogazione dei servizi IT, che per molti CIO è sinonimo di ricerca di modalità efficaci di integrazione dei servizi cloud all’interno delle IT operation. In questo percorso di maturità intervengono altri interrogativi riguardo la capacità del cloud di mettere in discussione le logiche vertical-specific accelerandone la semplificazione o standardizzazione. Come si adatta il cloud a processi verticali o fortemente industry-specific? I vendor stanno lavorando in questa direzione e le imprese stanno gradualmente rispondendo. Nel 2015, ci attendiamo sia iniziative incrementali o estensive del cloud da parte di aziende che hanno già avviato progetti di questo tipo, sia nuove iniziative da parte di imprese che per la prima volta si affacciano al cloud. Secondo una survey IDC condotta nei primi mesi del 2014 su un campione di 70 medie e grandi aziende italiane, il 24% prevede di investire nel 2015 in cloud pubblico o privato. Tra i workload maggiormente interessati, la posta elettronica si conferma ancora una volta la “killer application” per il cloud; tuttavia, ci si attende anche una crescita di altre componenti dell’area collaboration come la videoconferenza, piuttosto che il front-end con maggiore ricorso a CRM in modalità SaaS. La stessa indagine dimostra anche come le imprese italiane prevedano per il 2015 di affrontare il nodo della trasformazione ERP senza escludere logiche “as a Service”. Molte imprese appaiono disposte a fare sperimentazioni o migrazioni, avvicinando il cloud al “core aziendale”, senza mettere a rischio le componenti mission critical on premise. Sulle aree IT infrastrutturali si conferma lo storage/backup e il ricorso crescente a funzionalità server on cloud. Il modello cloud continua a essere indicato anche per le piccole aziende o quelle di nuova costituzione, che continueranno a essere attratte da offerte “freeware” o da servizi di base molto semplici. Anche se queste iniziative dal punto di vista di volumi rappresenteranno una componente marginale della domanda, dobbiamo sottolineare che non sono i numeri a trasferire la reale portata del fenomeno, bensì gli aspetti più intangibili e immateriali. Un’economia come quella italiana estremamente frammentata, con un peso altissimo delle piccole imprese e con una crescente penetrazione del “digital” rappresenta il contesto ideale per ulteriori sviluppi del cloud.

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La grande arena del cloud

La crescita del cloud è confermata dai dati di spesa delle imprese. Secondo i dati IDC più recenti, il mercato delle soluzioni e dei servizi public e private cloud in Italia ha sfiorato i 700 milioni di euro nel 2013 ed è destinato a crescere del 24% nel 2014. La crescita è prevista a doppia cifra sia per il modello private sia per il modello public, anche se più sostenuta per quest’ultimo segmento.

La crescita non nasconde – sappiamo – resistenze diffuse in molta parte della domanda. Sono all’ordine del giorno domande quali “Che direzioni prenderà il cloud a fronte dei problemi di standardizzazione ancora esistenti?”, “Se faccio oggi una scelta, potrò trovarmi in difficoltà in futuro?”, “Scalabilità, standardizzazione sono garanzie assolute per il futuro?”. Posizioni attendiste possono trovare una motivazione in una o più di queste riflessioni. Il ruolo dei partner IT è ancora più strategico rispetto al passato. La partecipazione alla grande arena del cloud è già grande e nutrita tanto da parte dei traditional “trusted brand” quanto degli specializzati e dei fornitori emergenti. Continueremo ad assistere a contributi da parte di vendor, istituzioni, associazioni e stakeholder alla (ri)soluzione degli interrogativi ancora esistenti o a temi che impongono una riflessione accurata. Sicurezza, privacy, performance, disponibilità dei servizi, gestione, integrazione, standard, disponibilità di banda adeguata, incertezza su costi nascosti, difficoltà di riportare “in house” le risorse sono le principali incertezze che ancora oggi rallentano la penetrazione del cloud.

Conclusione

E’ fondamentale pensare al cloud non solo come soluzione IT ma come fattore di trasformazione di business. Vi lascio con raccomandazioni sugli aspetti o fattori che secondo IDC è opportuno considerare perché a forte impatto sulla definizione e implementazione di una “cloud strategy”, oltre che sull’efficacia e sostenibilità da un punto di vista IT. Li elenchiamo (senza ordine di importanza o priorità) qui di seguito: coinvolgere le linee di business per minimizzare il fenomeno “shadow IT”; sfruttare i nuovi trend “DevOps” per stringere e rafforzare la relazione IT-LOB; adottare una politica di IT asset management per analizzare, conoscere, monitorare le componenti IT; valutare i possibili impatti dell’adozione cloud sulla modalità di gestione dei rapporti, contrattuali e non, con partner IT e cloud service providers; definire ex-ante una exit strategy; definire il ruolo e le modalità con cui modelli di IT automation possono sostenere nel tempo controllo dei costi e aumento della qualità dei servizi; approcciare il private cloud con un percorso che minimizzi i rischi soprattutto nella fase iniziale; definire requisiti architetturali delle soluzioni cloud esterne in linea con gli standard delle soluzioni onpremise; misurare e valutare le performance nella migrazione o trasferimento di dati e flussi tra servizi cloud e risorse inhouse. Buone riflessioni.

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Fabio Rizzotto, senior research & consulting director – IDC Italia