Sette tendenze che spiegano come cambia il ruolo dell’IT, secondo lo studio di CA Technologies, non sempre a vantaggio dei responsabili e delle funzioni operative
CA Technologies fornisce soluzioni per la gestione dell’IT in grado di aiutare i clienti a gestire e proteggere i loro complessi ambienti IT a supporto di servizi informatici più flessibili per il business. Le imprese si avvalgono del software e delle soluzioni SaaS di CA Technologies per accelerare l’innovazione, trasformare l’infrastruttura e proteggere dati e identità in tutti gli ambienti, dal data center al cloud. La ricerca “TechInsights Report: The changing role of IT and what to do about it”, commissionata da CA Technologies e condotta da Vanson Bourne, descrive alcune trasformazioni radicali intervenute nel ruolo dell’IT aziendale in Italia, cambiamenti che non sempre vanno a favore dei responsabili e delle funzioni dell’IT.
L’indagine è stata condotta su un campione di mille e 300 responsabili IT in organizzazioni attive nei settori di servizi finanziari, sanità, industria manifatturiera, PA e telecomunicazioni in dieci paesi europei (Regno Unito, Francia, Germania, Italia, Svizzera, Paesi Bassi, Portogallo, Scandinavia, Spagna e Israele) e altre dodici aree geografiche nel mondo e in aziende dal fatturato pari o superiore a 100 milioni di dollari.
Secondo i risultati dell’indagine, in Italia il ruolo principale dell’IT aziendale si spoglierà di competenze prettamente tecniche per assumere un profilo più strategico. Lo studio rivela per esempio che il ruolo di addetto alla sicurezza dei dati nevralgici si ridurrà dal 56% al 40% nel giro di tre anni. Durante il medesimo periodo, il bisogno di promuovere nuove iniziative aziendali salirà invece dall’attuale 3% al 12%. Sempre in Italia, il ruolo tecnico di supporto tecnologico ai dipendenti passerà dall’attuale 48% al 44% fra tre anni, mentre il ruolo di partner strategico e consulente del business si amplierà dall’attuale 15% al 29% nel giro di tre anni. Lo studio mette in evidenza sette tendenze che potrebbero decidere il futuro dell’IT nelle organizzazioni italiane.
MISURARE IL VALORE DELL’IT-Questa prima tendenza è anche la più preoccupante: se l’IT non riesce a dimostrare concretamente il valore apportato dal proprio contributo, rischia di non avere la credibilità necessaria per proporsi come consulente o come intermediario nei confronti del business. Lo studio ha rivelato che solamente il 34% delle aziende italiane misura effettivamente i vantaggi derivanti dagli investimenti informatici (dato mondiale: 39%), circa il 27% rende il business partecipe delle principali metriche prestazionali (dato mondiale: 31%), mentre il 35% elabora dei modelli atti a mostrare in che modo eventuali variazioni negli investimenti IT si ripercuoterebbero sul business (dato mondiale: 27%).
IL BUSINESS È L’IT, L’IT È IL BUSINESS -I manager italiani hanno sempre più dimestichezza con la tecnologia, tanto che il 29% della spesa IT è ormai registrata al di fuori dei reparti IT. Si stima che questa percentuale possa raggiungere il 39% nel giro di tre anni, rimanendo lievemente al di sotto della media mondiale del 44%.
IL CIO TENDE A RIPORTARE DIRETTAMENTE AL CEO – A testimonianza della valenza strategica acquisita dalla tecnologia per il business, ora sono più numerosi i CIO italiani che riportano direttamente al CEO. In Italia, il 55% dei CIO è ai riporti diretti del CEO (dato EMEA: 65%; dato mondiale: 71%) rispetto al 36% nel 2011 (dato mondiale: 36%).
AUMENTA LA SPESA PER I NUOVI SERVIZI DI BUSINESS – La spesa IT delle imprese italiane interessa sempre di meno il semplice mantenimento dell’operatività ordinaria per concentrarsi invece su nuove iniziative di business. In Italia, la spesa per nuovi prodotti e servizi dovrebbe passare dal 43% (dato EMEA: 47%; dato mondiale: 49%) al 53% del budget IT totale nei prossimi tre anni, rispetto a un dato EMEA e un dato mondiale del 59%.
L’IT COME CONSULENTE/BROKER – Il 51% circa delle organizzazioni italiane vede ora il reparto IT come broker di servizi o consulente per le linee funzionali, anziché come fornitore esclusivo di servizi IT. Il dato italiano è il più alto in Europa (dato EMEA: 43%), contrapponendosi a una media mondiale del 39%.
MANCANZA DI UNA VISIONE UNICA – Fra le organizzazioni italiane è diffusa la consapevolezza che sono in atto un certo numero di cambiamenti, ma pochi hanno idea della direzione che prenderanno. Ad esempio, il 41% dei soggetti italiani intervistati è convinto che alcune funzioni passeranno sotto altri reparti, ma che la funzione IT rimarrà un reparto specializzato a sé stante (dato EMEA: 34%; dato mondiale: 34%), mentre il 35% ritiene che le funzioni IT rimarranno immutate rispetto a oggi (dato EMEA: 27%; dato mondiale: 28%). Contemporaneamente, il 13% delle organizzazioni italiane ritiene che la maggior parte delle funzioni IT diventerà di competenza di altri reparti, ma che l’IT rimarrà un dipartimento a sé stante.
MENO TECNICI PIÙ STRATEGHI? – Si riducono i ruoli prettamente tecnici, mentre crescono quelli legati alla strategia IT a supporto del business. L’ultima tendenza registrata nella ricerca commissionata da CA, riguarda ancora il ruolo delle figure IT. Secondo la maggior parte degli intervistati italiani, l’IT sarà sempre meno impegnato a sviluppare competenze prettamente tecniche per assumere un profilo più strategico.
Sulla fotografia scattata dall’indagine, abbiamo sentito Fabrizio Tittarelli, CTO di CA Technologies Italia,al quale abbiamo girato alcune domande.
Data Manager: Qual è lo scenario IT che emerge dal Rapporto?
Fabrizio Tittarelli: I responsabili IT hanno un’opportunità unica per diventare i partner di fiducia dei loro colleghi del business. Si parla da molto tempo di chief innovation officer e di digital officer, bene, ora tutto ciò si sta realizzando nella pratica grazie allo sviluppo del cloud, della mobilty, dei big data e dell’economia delle apps, che stanno rivoluzionando l’IT. È uno scenario dinamico in cui cambia il modo di fruire e accedere ai servizi, già un paio di anni fa un utente aveva sul suo smartphone circa 44 apps, oggi siamo a livelli ben superiori e ciò è un’opportunità incredibile perché si possono fruire servizi in mobilità. Nell’odierna Application Economy, il software e la tecnologia stanno scardinando i modelli d’impresa, creando realtà ex novo e trasformando interi settori. I clienti italiani esigono applicazioni nuove e una diversa user experience, mentre i dipendenti hanno bisogno di nuovi strumenti per svolgere il loro lavoro in modo produttivo. Il frutto di queste dinamiche è un cambiamento epocale che sta investendo il modo in cui siamo abituati a vedere, acquistare, utilizzare e gestire la tecnologia. I reparti IT delle realtà italiane devono evolversi, cessando di essere semplici fornitori per proporsi come veri e propri consulenti, broker e intermediari per il business, in modo da evitare di rimanere tagliati fuori dall’attuale economia fondata sul software e sulla tecnologia.
Si parla da molto tempo di allineamento dell’IT con il business. Siamo davvero alla svolta?
Assolutamente sì, il rapporto evidenzia però che il budget IT si sta spostando sempre di più dalla manutenzione di servizi esistenti verso la creazione di nuovi servizi, siamo quasi al 50%. I CIO devono necessariamente operare questo cambio mentale perché la spesa IT sta uscendo dalla loro sfera di controllo diretto a vantaggio delle linee di business (in Italia conta circa il 25%, a livello mondo circa il 30%), ciò significa che la consumerizzazione ormai è una realtà da cui non si può più prescindere. Se l’IT non diventa un consulente riguardo la spesa al di fuori del suo controllo, se non diventa un broker di servizi, automaticamente l’IT perde rilevanza in azienda. Il CIO deve utilizzare la sua competenza per acquisire sul mercato i servizi necessari allo sviluppo del business.
Qual è la situazione in Italia?
Per alcune cose siamo avanti e per altre un po’ più indietro, ma il trend è buono e stiamo recuperando posizioni. Per esempio, siamo primi in Europa nella concezione di un IT come broker di servizi, quindi direi che l’acume dei nostri CIO è buono perché ha capito che deve attivarsi per diventare un vero consulente del business aziendale e non più solo un service provider.
Questo approccio deve essere seguito anche dalle PMI?
Certo, in quanto spesso non hanno la capacità finanziaria per creare nuovi servizi da zero e ampliare la loro offerta commerciale, mentre con il modello cloud si può contare sulla disponibilità di servizi già pronti che possono essere customizzati sulle necessità della singola azienda. Ciò non richiede grandi investimenti iniziali, ma solo il pagamento di fee mensili. Ciò offre una grande dinamicità.
Quali sono i costi connessi a questo cambiamento?
Tutto ha un costo. Ma un CIO capace di agire come broker e consulente aiuta tutte le aziende a orientarsi nella scelta dei servizi.
FABRIZIO TITTARELLI STORY
Laureato in Ingegneria Elettronica con indirizzo informatico all’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma, attualmente è CTO per CA Technologies Italia. Tittarelli ha ricoperto posizioni dirigenziali presso CA fin dal 1999. Ha operato come sales manager and technical director, potendo contare su un’esperienza quasi ventennale nel campo dello sviluppo strategico del business, sales, pre-sales e servizi professionali. Ha gestito con successo molti progetti IT e molteplici iniziative nel settore IT.