Big data, nuove regole

nuove regole per i big data

Le ricerche sull’utilizzo di analytics sui big data, pubblicate negli ultimi mesi da vari analisti, confermano le potenzialità di questi strumenti, la loro massiccia adozione e i benefici ottenuti

L’interesse su questa tematica si ritrova nelle previsioni di mercato. Entro il 2015, Gartner prevede che l’85% delle aziende Fortune 500 disporrà di progetti di analisi dei big data. IDC stima che il mercato legato a tecnologie e servizi big data crescerà con un tasso annuale composto del 27%, passando dai 12,6 miliardi di dollari del 2013 ai 32,4 miliardi di dollari nel 2017. Anche il segmento business analytics cresce a ritmi molto superiori rispetto a quelli del mercato IT, 10,8% all’anno secondo IDC: il valore totale del mercato nel 2013 era di 104,1 miliardi di dollari. Lo scenario di business attuale è caratterizzato da un uso intensivo e crescente dei dati: naturale, quindi, che ci sia questa crescente focalizzazione su entrambe le tematiche.

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Oggi, in molte realtà, sono i vari dipartimenti aziendali a procedere in modo indipendente a raccoglierli e analizzarli. L’approccio a silos – che permette di operare implementazioni incrementali di tipo dipartimentale – è tuttora il metodo preferito, nonostante non consenta di effettuare una valutazione coerente e organica sulla situazione globale dell’azienda. Secondo una ricerca di IDC, i progetti di analytics producono risultati più soddisfacenti quando sono guidati da una strategia unitaria. Con i big data, i CIO hanno quindi l’opportunità di guidare le strategie aziendali basate sugli analytics, con un approccio integrato per la raccolta e l’analisi dei dati, grazie alle proprie competenze sia sulle tematiche di business sia sul fronte della tecnologia.

La competenza dei CIO è fondamentale in questi sistemi, perché i big data non sono solo una notevole mole di dati, ma sono una miniera di informazioni all’interno della quale si possono scovare qualità e valore: la tipologia di big data più preziosa sono i dati personali. Lo sfruttamento di questi dati – però – implica rischi per la nostra privacy. Già nel ‘95, Bill Gates nel suo libro La strada che porta a domani scriveva: “Società ed enti statali stanno già raccogliendo una gran quantità di informazioni su ognuno di noi e spesso non abbiamo la minima idea di come vengano utilizzate o di quanto siano dettagliate”. Il problema è più attuale oggi perché, con le tecnologie odierne, aggregare e analizzare grandi quantità di informazioni è sempre più veloce, semplice e a buon mercato e anche perché sempre più imprese si stanno lanciando nel business del loro sfruttamento.

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Man mano che i dati diventeranno più completi e gli strumenti di analytics sempre più potenti, i rischi e gli abusi potrebbero diventare sempre più gravi. Si deve anche considerare che tanti dati che oggi sono solo archiviati in qualche memoria, domani potrebbero essere analizzati da nuovi sistemi, al di fuori di qualsiasi nostra autorizzazione. Oltre a non essere tutelati nel presente contro gli hacker, non siamo neppure tutelati da ulteriori sfruttamenti futuri a fronte di nuove applicazioni. Un utilizzo lecito dei big data dovrebbe permettere la possibilità che ciascuno possa avere il controllo completo sui propri dati e sul modo in cui vengono utilizzati. Un’adeguata tutela dei dati personali può essere garantita solo da un quadro giuridico migliore, che favorisca l’uso legittimo e che tuteli i cittadini sia rispetto alla privacy sia rispetto all’affidabilità delle informazioni. A lungo termine, la questione della privacy potrebbe rivelarsi uno dei maggiori ostacoli da affrontare per le soluzioni big data.