La banca con la tecnologia embedded

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Intervista a Paolo Cederle, CEO di UniCredit Business Integrated Solutions. La richiesta di personalizzazione e multicanalità determina grandi cambiamenti nelle organizzazioni che erogano i servizi a supporto delle complesse attività del business bancario

Sorta dall’integrazione e consolidamento di sedici società del gruppo bancario, UniCredit Business Integrated Solutions eroga servizi di information e communication technology, back office e middle office, real estate, security e procurement. Con questa intervista al suo CEO, Paolo Cederle, la società inizia una collaborazione dedicata all’approfondimento dei temi della nuova informatica per la banca.

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Data Manager: Perché la decisione di costituire un modello di consolidamento dei servizi così integrato?

Paolo Cederle: UniCredit Business Integrated Solutions nasce per rispondere alle sfide che arrivano dal mercato. A livello di Gruppo, UniCredit già da tempo aveva adottato un modello operativo cross-border consolidando anche i sistemi informativi delle differenti aree geografiche in cui operava. Oggi però, le precedenti modalità di agire di operations, real estate, procurement, ICT e sicurezza non riescono più a rispondere singolarmente in maniera rapida e flessibile, alle esigenze di business, pertanto si è resa necessaria un’evoluzione verso il modello di delivery end-to-end su scala globale.

Come mai?

Perché di fatto stanno cambiando i motori di creazione dei servizi. Sempre di più non è l’azienda che li costruisce, ma è il cliente che giorno per giorno vuole creare un servizio a propria misura. Il modo in cui oggi si approccia la filiale della banca tiene conto delle esperienze maturate nel mondo virtuale, di conseguenza non è più sufficiente un catalogo fisso di prodotti, ma sono necessarie capacità e flessibilità per integrare differenti servizi personalizzati sul singolo cliente.

Come venire incontro a questa esigenza di rapidità e flessibilità?

Abbiamo progettato un’azienda che integra i vari servizi ma soprattutto abbiamo agito sul piano organizzativo, implementando una struttura che al momento è unica nel panorama mondiale delle banche. Un’organizzazione che vuole costituire un punto unitario non solo di dialogo ma anche di gestione e responsabilità di tutti i servizi che eroghiamo. In altre parole, un punto di relazione – con i nostri colleghi delle funzioni business e di conseguenza con il cliente finale – dove poter far leva in ogni momento su tutte le competenze necessarie in modo da servire il cliente dinamicamente e innovando ogni giorno.

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Si può dire che UniCredit Business Integrated Solutions sta ragionando in un’ottica B2B2C?

In qualche modo sì. Noi diciamo che stiamo passando da una logica end-to-end lineare a una catena di servizio circolare, in altre parole un mondo in cui il prodotto è costruito con il cliente, dove la relazione viene gestita dai colleghi del business, ma dove UniCredit Business Integrated Solutions, in una logica di collaborazione alla pari, crea un ambiente grazie al quale è il cliente finale, dialogando con la banca, a costruirsi una propria offerta.
L’information technology è centrale, ma non è l’unico fattore di cambiamento. Anche le nostre nuove filiali sono un esempio evidente del modo diverso di interpretare la relazione con la clientela.

Come lo descriverebbe?

Come una collaborazione tra le varie componenti. Tra il Real Estate con i suoi layout originali che abbattono ogni tipo di barriera verso l’utente, fino ai sistemi IT che devono assicurare un’interazione con il cliente dinamica e basata su modalità innovative che passa anche attraverso la sicurezza, dove non c’è più la classica divisione tra fisico e logico.

Come sta cambiando l’aspetto organizzativo?

Oggi, siamo impegnati sul tema del cambiamento anche a livello manageriale, per noi non esiste più la figura dell’esperto, il responsabile della soluzione IT usata per i mutui ad esempio, bensì un esperto dei mutui che dovrà governare gli aspetti di back office e IT integrati tra loro, così come le tematiche di sicurezza.

Le figure di responsabili tecnologici del passato, chiamate a intervenire per fornire soluzioni sulla base delle indicazioni del management, non esistono più. Oggi, si interviene attraverso una catena in cui decisore e fornitore della soluzione lavorano insieme?

È una duplice rivoluzione. C’è un nuovo ruolo per il management, a questo punto non solo “informatico” o “di operations” bensì “di servizio”. Non è più l’epoca del “dimmi che cosa fare”. Si deve piuttosto costruire – tutti insieme, guardando o, meglio, rispettando le esigenze del cliente finale – un intero ambiente di soluzioni adatte alla multicanalità della banca. La seconda rivoluzione si verifica all’interno, dove il manager deve saper lavorare e interagire in modo diverso. A ben guardare, si devono attivare le stesse logiche di Internet. Si lavora in cloud, con responsabilità da smontare e rimontare dinamicamente in maniera collaborativa, con manager capaci di orchestrare le competenze di cui hanno bisogno avendone pieno accesso in quel momento e governarle indipendentemente dai vari organigrammi. Nell’esempio di prima, il lavoro sul nuovo layout delle filiali in alcune fasi è stato gestito da responsabili del Real Estate, in grado di integrare competenze di IT, sicurezza e operations.

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Tutto questo in una sfera di azione che include UniCredit, UniCredit Business Integrated Solutions, i clienti finali ma anche i tradizionali fornitori tecnologici e di consulenza strategica…

È appunto il concetto di azienda estesa che vogliamo costruire. UniCredit Business Integrated Solutions da sola è una realtà che conta circa diecimila colleghi, ma si arriva fino a 15mila persone, se si considera il sistema di partnership che abbiamo realizzato.

Quali sono queste joint venture e come vengono concepite?

L’idea è quella di dar vita ad alleanze in cui alcuni elementi del valore generato da UniCredit Business Integrated Solutions vengono gestiti in joint venture con società specializzate. Con IBM, abbiamo realizzato V-TServices, una collaborazione che riguarda l’intera infrastruttura IT. Con Accenture, la joint venture riguarda l’ambito del cosiddetto source-to-pay, in pratica la gestione del processo di fatturazione, i cicli passivi. Infine, con HP la tematica riguarda vari aspetti della gestione amministrativa delle risorse umane come per esempio il payroll e le trasferte. Con tutte e tre e in particolare con IBM – vista l’importanza strategica che l’IT ha nel cambiamento che stiamo descrivendo – progettiamo modelli organizzativi sempre più integrati con i nostri processi interni. Oltre alle joint venture già operative, abbiamo altri fornitori strategici di soluzioni applicative e di service operations con i quali dobbiamo trovare modalità nuove di coinvolgimento, interazione e condivisione.

Il cambiamento è una conseguenza immediata dell’evoluzione tecnologica o richiede, anche da parte dei fornitori citati, un adeguamento?

Posto che le nuove tecnologie abilitano certamente una trasformazione, la vera rivoluzione avviene nella modalità di interazione e di analisi del comportamento del cliente. I fornitori sono ben attrezzati, sia in termini di tecnologie avanzate sia di capacità di risposta, però il modo di relazionarsi tra fornitore e committente dovrà cambiare radicalmente.

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Il messaggio è che le tecnologie sono soltanto uno strumento su cui decidere insieme: committente, fornitore e cliente finale?

Più che di tante tecnologie, direi “la” tecnologia. Nel nostro dialogo con chi la fornisce, cerchiamo sempre di andare alle origini di tutti i fenomeni. Visitando realtà come Google, Salesforce.com, Amazon, è facile rendersi conto di quanto i concetti di Internet, cloud, mobilità, social, collaborazione non siano delle semplici estensioni, ma siano davvero embedded nel modo di pensare e agire di queste aziende. Questo è l’obiettivo che dobbiamo avere e per questo dobbiamo cambiare i modelli di creazione ed erogazione dei servizi e interazione con i fornitori.