Attraversamento unicorni

Il 2014, anno di crescita per i VC. Dalle analisi degli investimenti early stage e dalle strategie di azione dei più importanti venture capital emergono oltre un miliardo di dollari di exit

Attenti ad attraversare la strada. Pericolo di unicorni in giro. E attenti, di nuovo, per la seconda volta, perché non è lo slogan del solito film fantasy pronto a spopolare nelle sale cinematografiche. È pura realtà. È quanto sta accadendo nel mondo dei venture capital. La notizia si legge su quasi tutti i giornali internazionali di economia. Il Wall Street Journal ha pubblicato la lista delle startup che si sono aggiudicate la qualifica di membri del The Billion Startup Club. I nomi sono numerosi, le exit lo sono ancora di più. Per citarne qualcuno, di sicuro vi ricorderete di Uber che si è aggiudicato il primo posto in classifica con una exit di ben 18 milardi di dollari, al secondo posto troviamo Airbnb con un valore di 10 miliardi di dollari e poi tante altre startup a noi familiari, tra le quali Dropbox, Zalando, Pinterest e Spotify.

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Ma cosa sono le startup e i VC unicorno?

Le startup unicorno non sono altro che casi di straordinario successo individuati fin dalla fase iniziale dai più avveduti VC. Sono quelle poche startup che riescono veramente a coniugare l’efficienza con l’innovazione, realizzando delle revenue superiori a un miliardo di dollari. Sono casi così rari da meritare di essere associati a una figura mitologica come l’unicorno. Dal momento che la costruzione di una società di miliardi di dollari o di una società unicorno è di ardua realizzazione, ne consegue naturalmente che le decisioni di investimento nelle stesse non siano impresa di poco conto. E i dati sulle exit dei VC mostrano che solo in pochi riescono a meritarsi la fama di VC unicorno.

Nonostante molti venture capitalist abbiano l’intenzione di investire in aziende che promettano un valore di miliardi di dollari, la realtà è che pochi investitori di capitale di rischio riescono a farlo concretamente o quantomeno a superare le sfide che simili operazioni comportano. Diversi studi hanno mostrato che la performance passata di un VC è il principale fattore che influenzerà la sua performance futura.

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A dicembre 2013, CB Insights ha selezionato circa 45 startup dedite alle nuove tecnologie che tra il 2004 e il 2013 hanno realizzato exit da oltre un miliardo di dollari. Correlativamente è stato analizzato il trend di investimenti in queste medesime startup da parte dei VC. Il risultato emerso mette in luce la difficoltà dei VC di individuare le startup unicorno nella prima fase di finanziamento. La conseguenza?

La maggior parte dei VC (68 sui 104 VC attivi presi come punto di riferimento) ha investito soltanto in una di queste 45 startup promettenti, circa il 3,5% dei VC hanno riversato i loro investimenti in due startup e solo lo 0,6% ha scommesso su più di otto startup da un miliardo di dollari.

Altro dato interessante è che circa il 62% degli investimenti dei VC presi in considerazione è arrivato in Serie B, addirittura in alcuni casi dopo la realizzazione dell’exit da parte delle startup, a indicare la crescente difficoltà per un VC di individuare i casi di successo. È proprio questo – però – che distingue un VC strategico da un VC semplicemente fortunato.

Il ruolo attivo dei VC

Ma allora i VC hanno perso il loro ruolo attivo di impulso per la creazione di startup? Sono destinati a diventare un sostegno di natura secondaria? Certo è che le startup, spesso anche quelle di maggior successo, sono sempre meno diffidenti dei VC, non condividono le loro strategie in merito di business plan e perlomeno nella fase iniziale cercano di proteggere quanto più possibile le loro idee rivolgendosi ad altri canali di finanziamento. A conferma di ciò, è sufficiente pensare alle esponenziali dimensioni che sta acquistando il crowdfunding, mettendo a dura prova il sistema operativo dei più grandi VC. Ma sembra che il tramonto dei VC non sia ancora destinato ad arrivare. Se il detto “anno nuovo, vita nuova” è solo un modo di dire, sembra che stavolta sia più reale che mai. La situazione sembra essere radicalmente cambiata a favore dei VC a partire da gennaio 2014 e stando alle ultime statistiche sono in aumento gli investimenti early stage.

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L’investitore con la più alta percentuale di investimenti early stage è Charles River Ventures, che ha investito per il 90% del suo portafoglio nei finanziamenti di Serie A. Segue subito dopo Andreessen Horowitz con l’84% degli investimenti destinati all’early stage financing. Union Square Ventures, con il 74% degli investimenti early stage, completa la top list. Degno di nota è anche il gruppo Kleiner Perkins Caufield & Byers, che ha investito il 51% del proprio portafoglio nella fase iniziale di startup importanti quali Coursera e Flipboard. Sequoia Capital e Bessemer Venture Partners completano il quadro con il 52% e il 56% del loro portafoglio destinato rispettivamente alla fase pre-seed delle startup.

Due investitori che sembrano dirigersi in direzione opposta invece sono Union Square Ventures e Accel Partners, i cui investimenti early stage hanno visto rispettivamente un cambiamento netto di 5 e 9 punti percentuali. Mentre la quota degli investimenti Serie B nel loro portafoglio è salita. Detto questo, Union Square Ventures rimane comunque in cima alla lista in termini di attenzione alle offerte di early stage anche perché insieme a Sequoia Capital può essere incluso tra i VC che riescono a ottenere delle exit con maggiore frequenza e in tempi celeri.

La dinamica dei VC unicorno

Union Square e Sequoia tendono a raccogliere exit presto e di frequente. «Le imprese che hanno investito nella serie A su startup con exit da oltre un miliardo di dollari sono le uniche che contano. E questo è estremamente difficile. Più facile offrire finanziamenti nella fase di espansione di un mercato già conosciuto». Questa è l’opinione del venture capitalist Fred Wilson, che sembra aver colto nel segno il problema. I maggiori profitti per i venture capital possono essere ottenuti solo attraverso un aumento degli investimenti nella fase iniziale, prima ancora della creazione di un business plan, quando si prospetta semplicemente lo spettro di un’idea vincente. E non è pura utopia perché Union Square si è aggiudicato la nomina di VC unicorno proprio per le notevoli exit realizzate, tra le quali i casi di maggior successo sono i ben noti Tumblr e Zynga, tutti finanziati fin dalla fase di early stage. Tra gli altri VC previdenti si annovera Sequoia Capital, che ha raccolto oltre due miliardi di dollari a seguito di quattro investimenti early stage. Al contrario, sebbene Kleiner Perkins sia stato sempre conosciuto per la sua capacità di cogliere le opportunità che si affacciano dietro l’angolo, sembra che le sue maggiori exit derivino da investimenti medi o tardivi. Pur ottenendo exit più o meno equivalenti, i VC unicorno non sono uguali tra di loro e – in molti casi – soltanto una parte di essi riesce a capire l’importanza di un investimento non tardivo.

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Aileen Lee, fondatrice di Cowboy Ventures e partner di Kleiner Perkins Caufield & Byers, sembra credere nella crescita dei VC unicorno. «Le exit da oltre un miliardo di dollari non comporteranno un ritorno alle Dot-com e alla bolla speculativa degli inizi del 2000. In quel caso si trattava di creare da zero servizi che adesso possono essere sviluppati. Adesso è possibile investire veramente in soluzioni 2.0. La maggiore estensione del mercato, non solo in termini geografici, ma anche e soprattutto in termini sociali, la grande diffusione della tecnologia nella vita quotidiana, la maggiore presenza di capitale privato e la minore tendenza a ottenere finanziamenti pubblici possono contribuire a garantire il processo di crescita del club dei VC unicorno». Il 2014 sarà quindi l’anno delle exit miliardarie? È ancora presto per fare i bilanci, ma le premesse ci sono tutte.