La trasformazione digitale: Information Technology e il ruolo del CIO

A cura di Virginia Ghisani, Key2people Executive Search Associate Partner, Pratice ICT

Le tecnologie digitali stanno trasformando profondamente le aziende non solo nei meccanismi di interazione con il cliente e più in generale con il consumatore, ma anche al loro interno, sia sul piano operativo, che sul piano strategico.

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E’ certo che una tale trasformazione mette al centro la tecnologia, che diventa fondamentale, diventa strategica, una leva per la competitività delle aziende e per l’innovazione del business.

Questo ha inevitabilmente forti impatti sul ruolo del CIO e sulle direzioni IT in generale e rappresenta per il CIO una enorme opportunità.

Videointervista a Virginia Ghisani Key2people Executive Search Associate Partner, Pratice ICT

Il CIO deve mettere a valore questa opportunità attraverso una serie di fattori:

• una buona leadership tecnica indispensabile per saper governare una complessità tecnologica più rilevante oggi che in passato (perché l’offerta è più frammentata, vede nuovi e diversi interlocutori, le startup per esempio, è un’offerta sempre più internazionale, che corre molto veloce e che richiede quindi visione, curiosità, creatività, la capacità di aggregazione, la capacità di prendersi dei rischi). Una leadership tecnica che può essere ottenuta con la creazione di nuovi ruoli all’interno della direzione IT, attraverso l’acquisizione di nuove competenze digitali dall’esterno e con un dialogo e un rapporto diverso con i fornitori;
• un modo diverso di pensare e offrire un servizio che è fatto di tanti progetti molto diversi tra loro, che hanno spesso una connotazione sperimentale e richiedono più capacità di comunicazione e di rappresentazione;
• è necessario infine un nuovo approccio, molto più vicino al business e un quindi un nuovo linguaggio (se ai tempi delle grandi implementazioni di ERP, l’IT ha imparato ‘il linguaggio’ dell’organizzazione e dei processi, oggi deve necessariamente imparare ‘il linguaggio’ del mercato).

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Un’indagine recente, forse un po’ provocatoria, ha evidenziato che:

• a livello internazionale il 37% dei budget legati alla tecnologia non vengono controllati dai reparti IT (cioè 1/3 della spesa IT non è controllata dal’IT)
• il 79% dei manager C-Level (l’85% in Italia, quindi dato peggiorativo) ritiene di poter prendere decisioni meglio e più velocemente senza il coinvolgimento dell’IT (fonte Avanade)

Questi dati evidenziano uno dei tanti warning che cominciano a presentarsi per il CIO: se il CIO non coglie questa opportunità, rischia di essere disintermediato.

Un altro esempio è l’ingresso ormai consolidato soprattutto in alcuni settori (nel settore dell’editoria e dei media in particolare) del nuovo ruolo del Chief Digital Officer. Nello scorso anno e nel primo semestre di quest’anno sono state molte di più le ricerche di CDO che di CIO/IT Manager. Molto spesso inoltre l’IT viene collocata a riporto del CDO, almeno per la sua componente di innovazione.  Se le aziende devono fare investimenti è chiaro che vanno in questa direzione.

COSA FANNO LE AZIENDE

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Negli ultimi 24 mesi vi è stato un forte calo delle posizioni executive a vantaggio di posizioni di middle management. C’è molta stasi nei vertici delle direzioni IT (il tempo medio di permanenza nel ruolo del CIO in Italia è di 7,2 anni). Mentre si rileva che le direzioni IT si stanno attrezzando con nuove competenze digitali dall’esterno.

QUANDO E PERCHE’ LE AZIENDE ASSUMONO CIO/IT MANAGER?

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Nella situazione attiva le aziende assumono un nuovo CIO/IT Manager quando c’è un momento di discontinuità.
• Nell’75% dei casi si tratta di discontinuità di business (l’innovazione digitale e l’internazionalizzazione la fanno da padrone)
• Nel 20% c’è una discontinuità di top management (per esempio cambia l’amministratore delegato o entra un fondo che richiede una nuova managerialità)
• Nel 5% dei casi vi è una variazione di assetto societario, ovvero integrazioni, fusioni (in questi casi spesso aumenta la complessità ed è richiesta nuova managerialità).
Nella situazione passiva invece assistiamo molto frequentemente alla promozione interna o il downgrade della posizione.

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La motivazione di fondo per cui le aziende cercano un nuovo CIO è che lamentano l’attuale mancanza di competenze manageriali (leadership, change management, relazione) è sempre più frequente inoltre la richiesta di esperienza internazionale.
L’assenza di esperienza internazionale è una particolarità tutta italiana ed è un dato oggettivo:

Dei circa 400 CIO/IT Manager profilati nel nostro database solo il 15% ha un’esperienza internazionale; è un caso rarissimo inoltre che vi siano CIO Italiani all’estero, è invece più frequente, anche se numericamente poco significativa, la presenza di italiani nella prima linea di CIO stranieri.

COSA CHIEDONO LE AZIENDE QUANDO ASSUMONO CIO/IT MANAGER?

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La primissima cosa che viene richiesta è la conoscenza del business, ovvero la stessa industry di provenienza; anche questa è una particolarità tutta italiana. Difficilmente, si riesce a inserire CIO/IT Manager provenienti da un’industry diversa.
Vengono richieste quindi le competenze manageriali e solo infine l’esperienza e le competenze di ruolo (es. la capacità di definire una strategia di evoluzione dei sistemi, di pianificare e governare i costi dell’ICT).
Da tutto ciò emerge che le competenze del CIO devono essere sempre più trasversali.
E’ sempre più necessario integrare anche competenze finanziarie (il CIO deve saper tradurre una scelta di innovazione in un ritorno di investimento, deve fornire ‘un numero’, in relazione al business della propria azienda, saperlo argomentare e sostenere) servono poi competenze di marketing (è necessario conoscere bene le dinamiche e i processi di business della propria azienda).

Le varie industry di mercato in relazione ai fabbisogni:

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Il retail, i servizi e l’insurance che è stato per molto tempo fermo, stanno ai primi posti; seguiti da banking, editoria e media, energy e utilities; con una situazione un po’ più statica per Telco e Industria.

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