Da semplici (ma non meno pericolose) negazioni di servizio a veri strumenti nella cyberwar. Ecco come si evolvono gli attacchi su internet
I “denial of service” sono un vero e proprio spauracchio della rete. I motivi sono diversi. Prima di tutto per realizzarlo non servono ingenti somme di denaro e, quando riescono, causano più di un grattacapo al sito preso come bersaglio. La “negazione del servizio” che causa il DDoS porta infatti diverse problematiche, non solo tecniche. Immaginate un sito che ospita banner pubblicitari. Se va giù per qualche minuto succede ben poco ma, se il problema persiste per diverse ore, i gestori potrebbero ricevere le lamentele degli inserzionisti e di conseguenza tenere su le pubblicità per un altro giorno, gratuitamente. Non a caso un recente rapporto di Forrester Research ha evidenziato come un singolo attacco DDoS possa causare danni dai mille ai 100 mila dollari l’ora, danneggiando aziende e privati. Può succedere che il “via” ad un attacco arrivi proprio da una compagnia rivale, decisa a mettere in ginocchio il competitor con una mossa davvero poco etica.
Vecchio continente, ma sempre interessante
Nel corso degli ultimi 12 mesi, il numero di attacchi DDoS è cresciuto, secondo il rapporto annuale Netstar 2014, del 70%, con al centro (ovviamente) aziende ma anche privati. Il consiglio di Forrester, sopratutto ai soggetti che svolgono business in rete, è di munirsi di soluzioni di “DDoS migration”, ovvero della possibilità di tenere in vita un sito bersaglio anche durante l’attacco, grazie al rimando verso repository su server esterni. La scelta migliore è sempre quella di affidarsi a piattaforme che offrono servizi specifici contro gli attacchi della rete che, oltre al supporto hardware, mettono in campo anche un’Intelligence “umana” per fronteggiare gli attacchi. A preoccuparsi dovrebbero essere proprio le aziende europee visto che è nel nostro continente che si registra la più alta crescita di attacchi DDoS rispetto al precedente trimestre 2014.