Crowdfunding e VC: rivali o alleati?

L’ascesa del crowdfunding e l’arresto dei VC: analisi delle diverse strategie competitive e della possibile alleanza in vista di un più ampio ecosistema di startup

«Non dobbiamo più dare via i risultati del nostro lavoro per raccogliere fondi. Tutto ciò che gli imprenditori devono fare è dare via T-shirt». È una presa in giro? No. È il motto di chi sostiene il crowdfunding. Ebbene sì, perché questa nuova risorsa di finanziamento sta prendendo un potere sempre più grande, tanto da mettere quasi in difficoltà anche i nomi più consolidati del mondo dei VC. Ma torniamo alle T-shirt.

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Kickstarter è un sito web di crowdfunding per progetti creativi che ha già finanziato diversi tipi di imprese grazie alla raccolta di fondi in cambio di un piccolo regalo, come una T-shirt. Il 4 giugno, Kickstarter ha annunciato che grazie alla realizzazione di oltre 63mila campagne pubblicitarie dirette verso un sito vecchio oltre cinque anni è riuscito a raccogliere una somma che si aggira intorno a 1,1 milioni di dollari. E questa è soltanto una delle tante notizie che stanno circolando in questo momento.

Ma per quale motivo il crowdfunding sta avendo così tanto successo?

Un motivo per cui gli imprenditori stanno affollando i siti di crowdfunding basati su premi è che hanno bisogno di meno denaro rispetto a cinque anni fa. Le nuove tecnologie basate sul cloud hanno sostituito i server costosi e le attrezzature del passato. Si affacciano nello scenario economico imprenditori in grado di lanciare un business di 500mila dollari o un milione, pertanto la caccia di denaro attraverso la raccolta di fondi dal pubblico può ora acquistare un senso.Altro fenomeno di cui i venture capital devono prendere atto è la diffusione dell’equity-based crowdfunding. A partire da settembre 2013, con la legalizzazione del crowdfunding negli USA a seguito del Jobs Act e dei numerosi interventi della SEC, il fenomeno sta letteralmente decollando. È stato fissato il tetto massimo di un milione di dollari per l’ammontare complessivo di capitale che le aziende potranno finanziarie tramite crowdfunding. Per quanto concerne invece le quote sottoscrivibili dagli investitori, sono state fissate diverse soglie in funzione del reddito. Qualora il reddito del potenziale investitore sia inferiore a 100mila dollari americani, la somma massima finanziabile corrisponderà al valore più elevato tra duemila dollari e il 5% del reddito personale. Con l’approvazione del decreto legge Crescita 2.0, il crowdfunding è diventato “legge” anche in Italia. Tra le norme a favore della nascita e la gestione di imprese innovative è stata introdotta un’apposita disciplina per la raccolta di capitale di rischio da parte delle imprese e startup innovative attraverso portali online, ossia attraverso una raccolta diffusa di capitale. Il limite massimo dell’investimento finanziabile attraverso l’equity-based crowdfunding è stato fissato in 5 milioni di euro. E per una volta possiamo dire di aver fatto un passo oltre l’America.

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E in tutto questo, ci siamo dimenticati dei VC?

Di fronte a questo scenario, ciò che si richiede ai VC è uno sforzo di gran lunga maggiore rispetto al passato per poter interagire con le startup. E non tutti reggono il passo dei tempi. «I grandi perdenti – e quelli obsoleti – sono i fondi con lenti movimenti di cassa, quelli che hanno offerto poco più di un assegno» – ha detto Scott Wolfgang, partner di Quotidian Ventures, fondo di finanziamento con sede a New York. «Il flusso di affari di queste aziende è andato riducendosi, in quanto si sono lasciati scappare angel investors e grandi fondi disposti a scommettere per primi su startup promettenti». Gli startupper più smart, più svegli e dinamici ormai sono più esigenti nel progettare il loro business plan, e prima di fidarsi di un VC, pretendono che gli investitori possano portare non solo il cash, ma anche una potente rete di relazioni o una profonda esperienza.

«C’è un’enorme concorrenza nelle fasi iniziali di finanziamento dell’azienda» – ha dichiarato Scott Wolfgang. I VC non possono pensare di avere il potere della situazione. A quanto pare, stanno iniziando a perdere la facoltà di decidere le regole del gioco. Il settore del venture capital, sicuramente attivo durante il boom tecnologico, si è andato progressivamente arrestando negli ultimi anni, e ora solo i nomi più grandi sembrano resistere. La National Venture Capital Association (NVCA) contava 1.050 imprese, ognuna delle quali aveva investito cinque milioni di dollari o più all’anno intorno al 2000. Nel 2013, il numero si era quasi dimezzato, secondo la relazione annuale della NVCA. Il capitale di rischio in gestione è sceso a 192,9 miliardi di dollari, giù da un picco di 288,9 miliardi, raggiunto nel 2006.

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Con l’arresto della crescita dell’industria del venture capital, si contano soltanto seimila grandi firme di VC, praticamente un terzo in meno rispetto al 2007, secondo il report annuale del NVCA.

Non sentiremo quindi più parlare dei VC?

E’ ancora presto per dirlo e di tutt’altro parere sembra essere Slava Rubin, co-fondatore e CEO del colossale sito di crowdfunding a base di ricompense, Indiegogo. «Non credo che i VC – così ha affermato in un’intervista – possano diventare obsoleti. Crowdfunding e venture capital non si escludono a vicenda». Egli indica come esempio Canary, un dispositivo di sicurezza in casa che ha generato 1,96 milioni di dollari su Indiegogo prima di raggiungere 10 milioni di dollari come primo round di finanziamenti da Khosla Ventures a marzo. «Spesso, i VC – spiega Slava Rubin – si interessano ai siti di crowdfunding per rintracciare gli imprenditori con le idee più interessanti».

L’ecosistema delle startup

Il fatto è che l’ecosistema delle startup sta cambiando e i VC, se non vogliono finire nel dimenticatoio, devono iniziare a cambiare le loro dinamiche, ad aggiornarsi con i mutamenti del tempo. D’altra parte, non si può banalizzare semplicemente la questione, prospettando il crowdfunding come competitor diretto dei VC. Perché non ipotizzare, invece, una loro alleanza o quantomeno una loro pacifica coesistenza? Sebbene i tradizionali VC e il crowdfunding rappresentino meccanismi per la raccolta di capitale di investimento, ci sono differenze fondamentali che rendono entrambe le vie di finanziamento necessarie nel lungo periodo. Inoltre, i venture capitalist possono essere in grado di approfittare degli investimenti nel crowdfunding per diversificare il loro portafoglio o identificare startup promettenti per i futuri round di finanziamento. Non mancano venture capitalist professionisti che hanno espresso entusiasmo per i benefici che il crowdfunding può offrire. In realtà, alcune importanti aziende di VC negli Stati Uniti hanno investito più di sei milioni di dollari nel Funder’s Club, una piattaforma di raccolta di denaro dal pubblico e altri VC che ancora si stanno attivando per lanciare i propri siti web di crowdfunding. Pertanto, se i VC non avessero paura di interagire con i servizi di crowdfunding e smettessero di vederli come loro rivali, potrebbero dar vita a una cooperazione in grado di portare innumerevoli vantaggi sia per loro stessi sia per le startup che andranno a finanziare. Di quali vantaggi sto parlando? Pensiamo solo alla possibilità di gestire veramente delle exit strategy che siano efficaci, alla facoltà di rendere la partecipazione al capitale effettivamente strutturata, nonché all’opportunità di dare avvio a un autonomo servizio di crowdfunding che possa finanziare la stessa azienda del VC in questione. Il crowdfunding può quindi diventare un servizio integrativo rispetto a quelli offerti dai VC. Gli investimenti basati sul crowdfunding non sostituiranno i finanziamenti dei VC, ma se non altro potranno aiutare l’industria a migliorare i suoi risultati già raggiunti e a perfezionare la propria strategia, dando anche al pubblico la possibilità di investire nelle idee promettenti.

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