Sono ormai passati anni da quando si è iniziato a parlare di cloud computing come di una possibile rivoluzione del modo di pensare, di progettare, di comprare e di usare le tecnologie della comunicazione e dell’informazione
Inizialmente, si è pensato a una delle tante “mode” che ciclicamente imperversano e alle quali nessun settore si sottrae. Molti hanno tentato di ignorare – quando non proprio di sottovalutare – il fenomeno, ma il tempo – come spesso accade – li ha traditi e ormai tutti hanno colto il valore di questa rivoluzione, a tratti diventandone entusiasti sostenitori dell’ultima ora, magari alquanto fumosi come alcuni vendor.
È molto difficile che le mode riescano a dominare le scene per anni, rinnovandosi e ampliandosi nel modo in cui si propongono. In questo caso, non si tratta di moda ma di vera e propria rivoluzione di una magnitudo tale da segnare il mondo dell’ICT: nulla dopo sarà come prima. Il mio parere, che denuncio di parte – in quanto l’azienda che ho fondato e che mi onoro di rappresentare è fortemente impegnata su questo fronte, avendo iniziato nell’ormai lontano 2009 a proporre le prime soluzioni cloud IaaS/PaaS al mercato italiano – è che siamo di fronte a una discontinuità nel normale sviluppo delle tecnologie ICT; uno spartiacque che segnerà un cambiamento ben più evidente e coinvolgente di quello che fu, negli anni 80, il fenomeno del downsizing.
Il cloud computing ci mette di fronte a molte novità inattese, di queste la riduzione dei costi, benché la più nota è certamente la meno significativa. Pensiamo per esempio alla rapidità di messa a disposizione di risorse numerose e complesse: dai mesi ai quali eravamo abituati a ore o minuti, a seconda della complessità. Questo è un vantaggio dal valore incalcolabile: ottenere tempo è uno degli investimenti da sempre più difficili da fare, e il tempo nel business è cruciale, spesso decretando, da solo, il successo o meno di un’impresa.
Un altro aspetto dirompente è l’assenza di investimenti, infatti il “vero” cloud computing non richiede costi iniziali di infrastruttura, ma solo un costo legato all’effettiva disponibilità del servizio erogato da soggetti ad altissima specializzazione; costo che segue per altro il reale consumo delle risorse in base alla richieste delle stesse. Anche questo è un fatto innovativo sconosciuto ai modelli convenzionali dell’ICT on premise o in outsourcing: per la prima volta è possibile adeguare, nel tempo e nello spazio, la valenza e il costo dell’ICT alle reali esigenze del business.
Anche solo fermandoci a questi primi due aspetti innovativi, possiamo dedurre un corollario cruciale: il divario competitivo che il cloud è in grado di scavare tra le imprese in grado di padroneggiarne i vantaggi e quelle più tradizionaliste o meno informate che non comprenderanno appieno la portata e la valenza della rivoluzione. E consideriamo che non si tratta di una diversità di intendere l’ICT, quanto di avere a disposizione un abilitatore per processi così diversi al punto da fornire un vantaggio competitivo realmente incolmabile. Come può competere un’azienda con un’altra capace di eliminare dai tempi di implementazione di un nuovo processo di business interi mesi? Come può generare rapidamente profitti una business line che è oberata da un costo ex ante per la propria infrastruttura ICT rispetto al competitor per il quale tale costo è una frazione dei ricavi ed è praticamente nullo nella fase preparatoria del business?
E queste considerazioni valgono tanto di più quanto più scendiamo di dimensione delle imprese. Si tratta di un’enorme possibilità per le PMI che – in questo contesto – potranno avere a disposizione le stesse soluzioni ICT delle grandi enterprise a un costo proporzionato all’impiego e ai reali benefici.
Antonio Baldassarra, CEO di Seeweb