A quattro anni dal tragico incidente che è costato la paralisi al venitreenne Ian Burkhart, il giovane torna a muovere una mano grazie ad un avveniristico intervento di neurochirurgia: un chip impiantato nel suo cervello che ha sortito effetti miracolosi
Il ragazzo in seguito a un tuffo nell’Oceano Atlantico dall’esito drammatico (aveva centrato un banco di sabbia), era rimasto paralizzato perdendo il controllo di braccia e gambe. E’ il team del Wexner Medical center di Columbus a compiere questo importante passo verso il futuro, di fronte a scienziati e giornalisti e dopo una lunga e impegnativa preparazione.
L’operazione ha portato all’impianto nel cervello di Burkhart di un chip, collegato ad un piccolo cilindro di metallo fissato successivamente dai medici sul suo cranio. Il post-operatorio ha comportato un’attività di monitoraggio del giovane di tre volte a settimana.
Dopo Esko, l’esoscheletro in grado di aiutare a camminare i pazienti con ridotta capacità motoria, Neurobridge rappresenta un traguardo significativo che alimenta le speranze di recupero del movimento in gravi casi di paralisi come questo.
I pensieri tradotti in segnali
L’equipe di Battelle, ente di ricerca no-profit che ha inventato la tecnologia Neurobridge, ha connesso il suo cervello ad un computer, registrando poi l’attività del suo cervello durante il test di riproduzione dei movimenti di una mano in una versione digitale mostrata sullo schermo. Questi impulsi cerebrali venivano poi inviati ad una seconda mano, determinandone il movimento secondo quanto “pensato”. Dopo numerose sedute è arrivato il momento di provare su di sé. Di fronte alle telecamere, gli ingegneri hanno collegato il cavo, ed ecco il miracolo: poco prima delle 3 del pomeriggio Burkhart ha mosso di nuovo la mano. Ma il giovane non si è limitato a muoverla: ha aperto e chiuso il pugno diverse volte e ha afferrato un cucchiaio per qualche attimo, prima di lasciarlo cadere.
Questo avveneristico sistema consiste nell’impiantare un chip nel centro motorio del paziente. La tecnologia utilizzata combina algoritmi in grado di apprendere e decodificare l’attività del cervello, traducendo i pensieri in segnali elettrici; questi impulsi cerebrali vengono poi trasmessi ad un sistema di stimolazione muscolare ad alta definizione, che li traduce trasmettendo i comandi all’arto paralizzato.