RICOH CAPITALIZZA I DATI

Dare valore alle informazioni e risparmiare fino al 20% del fatturato con i bigger data e la digitalizzazione dei processi

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La sfida dei dati diventa sempre più grande. Nonostante sia da tempo in atto una progressiva trasformazione digitale delle aziende, le informazioni conservate sotto forma cartacea hanno ancora un forte peso. È a questo che ci si riferisce quando si parla di bigger data, che includono non solo le informazioni digitali, ma anche i documenti cartacei alla base dei processi decisionali. A fotografare i contorni del fenomeno, ci ha pensato la ricerca condotta a livello europeo nel corso della primavera 2013 per conto di Ricoh (www.ricoh.it), il colosso della gestione documentale, con oltre 75 anni di storia e una presenza mondiale. In Italia, la società fattura circa 330 milioni di euro e gestisce 155mila dispositivi, con oltre 33mila clienti, dalle PMI fino ai grossi gruppi come Poste Italiane o Eni.

«Oggi, la vera sfida è quella di gestire i processi documentali, che oggi assumono forme sempre più varie, con numerosi dati elettronici che circolano all’interno delle aziende e soprattutto in Rete» – ha dichiarato Davide Oriani, CEO di Ricoh Italia. «Ma un crescente problema è dato dallo storico, che è in gran parte sotto forma cartacea, una modalità che è tuttora utilizzata in molte imprese». Non a caso, una stima attendibile rivela che più del 50% delle aziende abbia ancora dai cinque ai dieci anni di storico sotto forma cartacea: una mole di dati tuttora importanti per il business ma di difficile reperimento e di consultazione tutt’altro che rapida. «La nostra ricerca – però – ha ribadito che vi è molta consapevolezza sull’importanza dei documenti cartacei per le strategie di business, e l’87% delle aziende intervistate concorda sul fatto che la digitalizzazione migliorerebbe i processi aziendali» – ha spiegato Oriani. «Inoltre, il 56% delle aziende italiane è convinta che digitalizzando le informazioni si otterrebbe una percentuale di risparmio quantificabile tra il 5 e il 20% del fatturato. Più in dettaglio, il 35% stima un risparmio tra il 5 e il 10%, mentre per il 21% la percentuale si colloca tra l’11 e il 20%».

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Lo scenario attuale vede ancora un buon terzo delle aziende intervistate (che sono state esattamente 735) disporre di informazioni esclusivamente su carta. Segno che c’è ancora un lungo cammino da fare. La soluzione si chiama sempre più dematerializzazione. «La digitalizzazione delle informazioni può davvero rendere i processi decisionali più efficaci: solo la capacità di accedere facilmente alle informazioni, digitali o fisiche, si può rivelare essenziale per le organizzazioni che vogliono effettuare il passaggio al digitale e promuovere la crescita aziendale» – ha detto Oriani. La dematerializzazione sta per fortuna diventando una priorità per molte organizzazioni: quattro intervistati su dieci (per l’esattezza il 39% del totale) sono convinti che i loro dati saranno completamente digitalizzati entro i prossimi tre anni.

Su questa linea anche David Mills, chief operating officer di Ricoh Europe: «Il primo passo per riuscire a gestire i bigger data è dipanare il mistero che li circonda. C’è, infatti, un solo risultato che conta davvero: migliorare le relazioni con i clienti. E si tratta di un obiettivo che si raggiunge raccogliendo, analizzando e gestendo le informazioni rilevanti per fornire un migliore servizio ai clienti, anche per fidelizzarli in un’ottica di lungo periodo. Le informazioni aziendali importanti esistevano già molto prima che si parlasse di big data. Per questo, è importante guardare oltre le informazioni digitali. Importanti informazioni e dati storici, contenuti in documenti stampati, possono aiutare ad avere un quadro più completo e saranno sempre fondamentali nel futuro».