PLM Innovation Congress: un must per gli operatori del settore. Dopo Monaco 2012 e in attesa del Forum di Atlanta,Tom Boughton e Jos Voskuill tracciano la rotta per l’evoluzione del mercato. Condivisione e adozione di modelli standard sono i punti chiave della nuova creatività dall’anima “crowd”
Qual è il rapporto tra PLM e innovazione? Il PLM Innovation Congress è l’unico evento in Europa che si possa definire indipendente e “technology agnostic”. Punto di incontro per oltre trecento PLM senior end-user, “thought leader” e vendor selezionati – l’evento si prefigge la finalità di condividere e approfondire sapere ed esperienze globali sul mondo PLM, in modo da identificarne le best practice e incoraggiarne l’adozione a livello di standard. La combinazione di una lista di speaker di livello mondiale, case study cross-industry, “think-tank” specialistici e opportunità di networking pre-selezionate fanno di questo appuntamento annuale un vero e proprio “must” per gli operatori PLM. Tom Boughton è il director del “PLM Innovation 2012” e ha offerto a Data Manager una panoramica sulle tematiche di punta emerse dall’edizione di Monaco. Tom ci tiene in modo particolare a sottolineare, che il PLM Innovation Congress 2012 rappresenta «un ambiente neutral per la comunità internazionale» e «un laboratorio di idee in grado di aiutare la progettazione e tutto il ciclo di spesa della produzione». Per Tom, «la standardizzazione è uno dei temi di maggiore interesse e il Congress ha agito da host per il workshop PLMIG (www.plmig.com) orientato allo sviluppo di industry-wide standard e best practice condivise. «La partnership con il PLM Interest Group» – spiega Tom – «è stato un passaggio veramente naturale grazie all’instancabile lavoro del gruppo a favore dello sviluppo di standard imparziali e guideline globalmente applicabili per trainare i processi PLM. Siamo entusiasti del valore aggiunto apportato dal coinvolgimento del PLMIG». C’è un’immagine che a Tom è particolarmente cara: quella del Centro Stile Fiat e dei suoi designer al lavoro sul concept compatto della Fiat Mio. Nel post http://develop3d.com/profiles/joint-effort, Tanja Weaver – della rivista specializzata Develop3d – ha ricostruito il ciclo di progetto della Fiat Mio, una concept car, concepita in crowdsourcing su piattaforma open web, sotto la licenza di Creative Commons. Quella stessa immagine, durante l’evento di Monaco, è stata al centro del keynote (dal titolo “Crowdsourcing, Communities and Co-Creation”) di Peter Fassbender, responsabile del Fiat Latin America Style Centre.
L’EVOLUZIONE FRA PLM ED ERP
Jos Voskuill, meglio noto alla community, come “the virtual dutchman” è un profondo conoscitore del mondo global mid-market PLM, oltre a essere quello che in gergo si direbbe un “seasoned expert”. Solo pochi anni fa, non si parlava di PLM con la stessa consapevolezza di oggi. Jos ha avuto subito la sensazione – però – che le cose sarebbero cambiate e questo lo ha spinto a diffondere online attraverso il suo blog, l’idea che il PLM fosse una vera «business strategy sia lato ERP, sia PDM». Secondo Jos, «il PLM introduce un fattore di efficienza, che si traduce nel miglioramento della qualità di nuovi prodotti innovativi. Questo risultato è abilitato dalla stretta collaborazione fra team e dipartimenti. In principio, i PLM top player offrivano un approccio CAD-centrico e davvero complesso al PLM. Non esisteva una vera offerta mid-market, malgrado l’intento del marketing di vendere offerte mirate a questo segmento di mercato». Oggi, invece, «si respira una più diffusa consapevolezza da parte di tutti e gli operatori – che nel frattempo hanno “imparato” a servire il mid-market – hanno anche riconosciuto il fabbisogno PLM della propria customer base». Non solo. «I nuovi fornitori PLM – spiega Jos – si stanno concentrando sulla disconnessione fra PDM e PLM. In particolare, la gestione enterprise di dati esterni allo scopo PDM rappresenta una zona franca per diverse aziende mid-market, che hanno esigenza di operare su una piattaforma globale». Secondo Jos, la relazione fra PLM ed ERP non è cambiata negli ultimi quattro anni. «I due principali vendor SAP e Oracle – ad esempio – nel 2008 consideravano il PLM come parte integrante del proprio approccio marketing e portfolio. La loro attuale offerta PLM non sembra essersi spinta molto oltre. SAP (www.sap.com/italy) vende ERP e ha un modulo PLM. Anche Oracle (www.oracle.com/it) ha sistemi PLM. Non si vede all’orizzonte – però – una campagna realmente mirata al PLM, al fine di spiegarne a fondo il valore dell’integrazione tra PLM e ERP». PTC (www.ptc.com), lo specialista americano di “Product Lifecycle Management” (PLM) – dal canto suo – sul tema del dialogo tra sistemi ERP e moduli PLM intende giocare un ruolo di primaria importanza. Accanto all’imperativo del “far meglio le cose” – per PTC esiste la necessità di puntare a ridefinire la gestione e la pianificazione delle strategie di sviluppo prodotto, in un’ottica sempre più integrata. Storicamente l’ERP – infatti – è il principale sistema aziendale e – come tale – concentra su di sé la totale attenzione del management. Il PLM è considerato come qualcosa di interessante solo per il settore engineering e di conseguenza ha un’attenzione minore e budget più ridotti. Capire il legame tra ERP e PLM resta, oggi, un passaggio cruciale. Nella transizione dal “concept” alla produzione – infatti – la descrizione e la pianificazione del flusso creativo rappresenta una fase molto critica per la progettazione, e – si sa – che il “diavolo sta nei dettagli”. La “distinta dei materiali” – in altre parole – la “ricetta per fare la torta” o più propriamente il Manufacturing BOM, è uno dei punti di contatto tra mondo PLM e ERP. I due post più letti sul blog di Jos si intitolano, rispettivamente, “Where is the MBOM” e “Bill of Materials for Dummies”. Questo fatto indica, chiaramente, l’attualità della discussione sull’argomento. Proprio nel mese di ottobre, Jos ha programmato di presentare i risultati delle sue ricerche al forum di Atlanta, in occasione di “Innovation Americas 2012” (dal 25 al 26 ottobre). Il PLM richiede un cambiamento nell’organizzazione non solo dal punto di vista dell’IT, ma soprattutto nel modo di lavorare delle persone. «Il cambiamento vero – spiega Jos – sta nella condivisione delle informazioni, al fine di essere tutti più efficienti e meglio informati nel prendere le decisioni corrette, nei tempi più rapidi». Questo è un trend globale e non conviene starne al di fuori. «Tenere i dati sigillati e confinati nel proprio raggio d’azione individuale può dare una sensazione di “job security” ma – a lungo termine – mette a rischio il lavoro dell’intera organizzazione». Sul ruolo dell’innovazione è intervenuto anche il ceo di Autodesk, Carl Bass. Nella parte iniziale del suo discorso (“Innovation: the work of the individual”) ha chiarito un concetto importante: «L’innovazione non è un fenomeno corporate. L’innovazione significa assumersi dei rischi e andare contro alle regole. E le organizzazioni non sono molto brave in questo. Le aziende – al contrario – sono brave a dettare le regole e a minimizzare i rischi».
PLM DRIVER DEL CAMBIAMENTO
Nell’ambito marketing PLM predomina la visione del PLM e dell’innovazione, come gemelli siamesi, ma nessuno sembra fornire una spiegazione esplicita della loro interconnessione. Il PLM ha un focus eccessivo nella strutturazione dei dati? Il PLM può limitare la libertà di creazione? E se il PLM invece di essere un fattore di cambiamento, bloccasse l’innovazione? Questo genere di argomenti circolano di solito in ambienti startup, che annunciano implementazioni di ogni tipo di gestione. Per Jos «non si deve scambiare il concetto di innovazione con quello di invenzione. I termini, da un punto di vista etimologico, sono ben distinti, ma nell’uso comune si tende a considerarli quasi sinonimi. L’invenzione è la creazione di una nuova idea che potrebbe essere “la gallina dalle uova d’oro” per il futuro di una organizzazione. In molti casi, si tratta del risultato finale del processo di elaborazione di uno o più individui. L’invenzione non è qualcosa che nasce da un sistema automatico di procedure o da un approccio sistematico. «Se guardiamo come le grandi organizzazioni gestiscono l’invenzione, vedremo che nella maggior parte dei casi non la gestiscono affatto. Questo tipo di pratica non ha niente a che fare con l’invenzione ma – d’altro canto – il fine di molte startup è di lavorare giorno e notte per sviluppare un concept e venderlo insieme alla società al miglior offerente. Scenario comparabile a quello delle grandi società di calcio dove non ci sono progetti per far crescere i nuovi talenti. Nello stesso modo è diventata prassi comune – per i big player – “acquisire” l’invenzione e limitarsi a promuovere l’innovazione, con strategie di marketing. Jos ritiene che ci sia anche un altro modo in cui le aziende possano stimolare l’invenzione ed è mediante l’implementazione dei moduli PLM (quello che nei suoi post chiama “PLM 2.0”) evitando l’uso del PLM come un PDM esteso (come descrive nel post “PLM What is the target”). Quando una società ha implementato il PLM con approccio PLM 2.0 significa che esiste piena visibilità e completa interconnessione fra dati di prodotto, richiesti (dalle vendite) ed esperienze (dal service) del cliente. A questo punto la domanda da fare è: «Perché questo tipo di integrazione avviene così di rado»? Secondo Jos – la ragione di questo fatto si trova «all’interno della maggior parte delle organizzazioni. Le persone sembrano non avere il giusto approccio per condividere i dati lungo tutto il ciclo di vita del prodotto. Ogni “department” si sta ottimizzando, ma senza tener conto del valore e delle esigenze a livello company globale. Il PLM deve essere in grado di fornire alla Ricerca e Sviluppo e agli individui di un’organizzazione tutte le informazioni relative a mercato e cliente, al fine di metterli in condizione di creare invenzioni rilevanti».
PLM A SUPPORTO DEL BUSINESS
L’altra area – dove il PLM contribuisce maggiormente all’innovazione – è quella del supporto al business nella selezione delle migliori opportunità. Quando si hanno diverse opportunità tra cui scegliere, come si decide su quale puntare? «Solitamente non è possibile investire su tutte e – a uno stadio iniziale – è difficile sapere se una particolare opportunità condurrà a un nuovo prodotto in grado di generare utili. «Servono un processo e un tool per fare le scelte giuste: ecco allora, il portfolio management come funzionalità in grado di permettere alle organizzazioni di avere una visione completa di tutte le “running initiatives” e – grazie al reporting sui relativi key performance indicators (KPI) – la scelta finale sulle opportunità di investimento. Una volta scelta una “opportunity” ed eseguite le verifiche con il processo di portfolio management – resta un ultimo passaggio: portare “l’idea” sul mercato al più presto, con la qualità richiesta e la corretta manufacturing definition.
I TREND TECNOLOGICI “CALDI”
Il sette settembre sorso, Jos ha postato un articolo (http://virtualdutchman.com/2012/09/07/the-innovators-dilemma-and-plm) che analizza i trend più attuali fra tecnologie “sustaining” e “disruptive” in ottica PLM. La classificazione fa riferimento a quella di Clayton Christensen, professore associato alla Harvard Business School, il quale già nel 1997 aveva avuto – con il suo “Innovator’s Dilemma” – il merito di analizzare a fondo i fallimenti di alcune industrie leader incapaci di padroneggiare e sfruttare in modo adeguato questi trend. Nell’articolo, Jos cita anche Oleg Shilovitsky, ceo e cofondatore di Inforbix (www.inforbix.com), società che supporta il manufacturing nella risoluzione dei problemi product data, acquisita dalla Autodesk (www.autodesk.it). Oleg offre spunti molto interessanti di riflessione sul mondo PLM. A partire dalla sua prima esperienza – nel 2008 con il blog “Daily PLM Think Tank” su plmtwine.com – Oleg si è distinto per essere uno degli osservatori più attenti del settore. Nella sua recente esperienza di beyondplm.com, Oleg ha voluto ampliare la discussione oltre i tradizionali confini del Product Lifecycle Management.
SOCIAL PLM: “FUFFA” DEL MARKETING?
Secondo Oleg, «il tempo per la “fuffa” del social PLM marketing è scaduto». Creare una mera replica di Facebook per l’ingegneria aziendale non serve. «Invece, bisogna trovare il modo di risolvere il problema dei dati open e di garantire un sistema semplice di comunicazione per la pubblicazione del “context”. Queste sono le due priorità assolute, su cui basare una “social technology” al servizio del PLM. Altrimenti l’idea di social PLM rischia di diventare nient’altro che un “dead man walking”. Qualche mese fa, sembrava semplice affermare che il successo dei “social behemoths” – come Facebook e altri – si sarebbe potuto ripetere in ambito aziendale per risolvere tutte le difficoltà di comunicazione e condivisione di software engineering e manufacturing. Poi si è scoperto che la realtà è differente. I social media hanno dato impatti significativi all’interno delle aziende per la comunicazione con e fra utenti aziendali, in termini di miglior feedback utente, maggiore partecipazione individuale al problem solving e aumento della job satisfaction». L’eccitazione di analisti e blogger nei confronti delle tecnologie social si avverte chiaramente, come è possibile leggere su Twitter, dove Oleg (@olegshilovitsky) dialoga insieme agli utenti dei suoi blog. Dall’altra parte, i vendor stanno cercando di scoprire la piena potenza delle “social technologies” mediante l’introduzione di tool che dichiarano di migliorare il comportamento del software e aumentarne l’adozione da parte degli utenti, grazie alla “magìa” delle tecnologie social. Per Oleg, una strategia di “social PLM” di successo deve svilupparsi in tre punti: 1) Speaking Engineer. Il team di sviluppo prodotto è, per definizione, multi-disciplinare. «Questo significa una cosa molto semplice: le persone (soprattutto se ingegneri) hanno bisogno di comunicare al meglio»; 2) Open data. La potenza del Web risiede negli open data: tutto risulta pubblicato. Possiamo così accedere a siti, informazioni, basi di dati, fotografie, mappe, video. «La potenza di dati veramente “open” è smisurata. Se ripercorriamo gli ultimi quindici anni di sviluppo di Internet, possiamo vedere chiaramente i risultati»; 3) Easy publish. La condivisione deve avvenire con immediatezza. «Un click in più e sei morto».
IL CLOUD AMPLIFICA LA PLM FLEXIBILITY
Pensando all’IT tradizionale e all’Amazon Elastic Cloud, Oleg spiega che è possibile avere un «server up and running nel giro di pochi minuti» – mentre anche al miglior IT department tradizionale – «servono ancora giorni per avere lo stesso risultato». Oggi, serve che le cose marcino alla massima velocità con focus sul business e non su come si installano i server. «In svariate situazioni l’unico tool che possiamo cominciare a usare e avere disponibile nel giro di pochi minuti è Microsoft Excel. E questa è la ragione per cui, Excel è – ad oggi – il più popolare fra i software PLM al mondo. Il cloud sta già cambiando – però – questa situazione». Oleg ha seguito con grande interesse una serie di appassionate discussioni tecniche sul trend cloud nel mondo PLM. In particolare, Oleg segnala la Oscon Conference e un blog relativo alla piattaforma cloud di CloudAve. La questione inerente alla virtualizzazione della complessità hardware ci conduce a occuparci della questione della flessibilità del cloud software: i bundle di software e hardware possono aumentare la flessibilità della soluzione e perché questo è utile? Per avere la risposta Oleg invita a leggere il suo articolo “Cloud, it’s about flexibility” (beyondplm.com).
COLLABORATION E DATI “IN OSTAGGIO”
Per facilitare e massimizzare la collaboration, i prodotti software PDM/PLM devono smetterla di prendere dati “in ostaggio”. «Questo significa – parola di Oleg – che la condivisione di informazioni al di fuori del loro ambito deve diventare la top priority dei prodotti di data management. L’infrastruttura open per il data sharing deve creare un nuovo ecosistema in grado di aiutare le persone a collaborare. Dopo questo passaggio, ci aspettiamo che molte altre aziende e prodotti escano con applicazioni che abilitino le persone a collaborare usando le informazioni disponibili in modo open e con la massima efficacia». Stiamo assistendo alla convergenza di diversi temi technology-driven che hanno la capacità di cambiare in modo significativo i processi di collaborative work all’interno e all’esterno delle quattro mura aziendali. «Gli aspetti più rilevanti sono la consumerizzazione dell’IT, l’esplosione della disponibilità, della capability e della usabilità dei “mobile information delivery devices” e – infine – l’ingresso sulla scena nella corporate workforce di utenti social media-savvy cresciuti a pane, Internet, Facebook e Twitter». Questa convergenza è ancora pienamente in atto e le aziende hanno bisogno di preparare e implementare i propri processi e le proprie tecnologie a supporto di queste nuove modalità di collaborazione, pena la condanna a diventare dei veri e propri “dinosauri” delle soluzioni PLM. Il fabbisogno di definire nuovi processi collaborativi e abilitarne le tecnologie non è optional. Senza l’adeguato livello di supporto a questa evoluzione in atto, le soluzioni PLM di oggi saranno i legacy system di domani.
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PLM & STYLE
Il Gruppo DBA (www.dbagroup.it) ha scelto Lectra Fashion PLM V3 (www.lectra.com) per sostenere la propria iniziativa strategica di cambiamento che prevede lo sviluppo di una piena visibilità per rafforzare il controllo sui cicli di sviluppo e l’aumento della capacità di fornire alta qualità e prodotti innovativi ai consumatori. Il Gruppo multinazionale DBA è il leader europeo in lingerie, calze e biancheria intima per uomo e donna. Il portafoglio marchi del Gruppo comprende: Playtex, Wonderbra, Loveable, DIM, Nur Die e Abanderado. Per più di 20 anni, DBA ha sfruttato al meglio le soluzioni di design e sviluppo di Lectra per creare, produrre e distribuire i propri prodotti. Nel corso degli anni si è quindi stabilita una proficua e fidata partnership tra le due società. «Abbiamo scelto ancora una volta Lectra perché pone la stessa enfasi sia sulla soddisfazione del cliente, sia sulle esigenze di mercato» – spiega Xavier Lepingle, chief operations officer di DBA Group. «Nel nostro settore dell’abbigliamento, è fondamentale rimanere flessibili per tenere il passo con l’imprevedibilità del mercato. Allo stesso tempo, dobbiamo strutturare il nostro processo interno e dare ai nostri team il potere di dirigere la loro energia in modo più efficiente, trasformando – così – la nostra flessibilità in un vantaggio competitivo».
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QUAL È LO STATO DEL PLM IN ITALIA?
Per avere un quadro della situazione, Siemens PLM Software (www.plm.automation.siemens.com/it_it), business unit della divisione Industry Automation di Siemens, ha commissionato a IDC Manufacturing Insights una ricerca sull’adozione delle tecnologie PLM nel settore manifatturiero in Italia. Lo studio – il primo in Italia in questo ambito – sottolinea l’intenzione delle aziende di reagire con forza alla difficile situazione economica, migliorando la propria competitività. Alla domanda su quali sono – oggi – i loro punti di forza e quali saranno – da qui a tre anni – le possibili evoluzioni, l’azienda ha risposto: «Leadership e innovazione di prodotto e leadership di prezzo o prezzi competitivi». Le aziende manifatturiere italiane sono quindi determinate a battere la concorrenza, diventando più competitive sui prezzi e mantenendo al tempo stesso la qualità dei prodotti come priorità. «Per raggiungere questo obiettivo, le aziende italiane necessitano di un processo efficiente per la gestione del ciclo di vita dei prodotti. Inoltre, identificano i maggiori ostacoli nella mancanza di conoscenza di strumenti IT adeguati e nella resistenza al cambiamento all’interno della propria organizzazione».