Il club dei chief digital officer. Quale evoluzione per i CIO?

Di fronte alle crescenti pressioni competitive, a cicli decisionali accelerati e a una nuova generazione di utenti sempre più esperti di tecnologia, il ruolo dei CIO in azienda sta cambiando

  

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David Mathison, fondatore del CDO ClubLe imprese che emergono da un periodo economico difficile, guardano alla figura dei chief information officer (CIO) come a consulenti strategici capaci di creare un business reattivo, agile e collaborativo, cavalcando l’innovazione e guidando il management nella definizione di nuovi modelli di business. Ai CIO è chiesto di adottare le nuove tecnologie come driver per rendere le organizzazioni più snelle e intelligenti, come strumenti in grado non solo di rispondere a esigenze organizzative, ma di contribuire alla formulazione di strategie e accrescere l’eccellenza operativa nella linea di business, creando valore.

C’è un nuovo ruolo che sta emergendo in molte organizzazioni in questi ultimi anni: il chief digital officer (CDO). In molte aziende, con il termine “digitale” si indicano un insieme di attività sconnesse, non coerenti, e talvolta incompatibili.

Il lavoro del CDO è di armonizzare il disordine che il termine digitale spesso nasconde, trasformandolo in una sinfonia. Il CDO deve creare una visione digitale unificante, spingere la società verso l’adozione di nuovi strumenti digitali, coordinare le attività digitali, dare il supporto tecnologico per ripensare prodotti e processi.

Il blogger Raffaele Cirullo ha lanciato prima dell’estate un interessante dibattito sulla nuova figura manageriale. «Il progressivo affermarsi delle tecnologie digitali e dei social media – spiega Cirullo – sta rivoluzionando il nostro modo di vivere e di lavorare. Sta nascendo un nuovo ruolo di alto livello dovuto proprio alla crescente digitalizzazione delle attività aziendali e dell’importanza delle piattaforme social nelle strategie di marketing e brand communication». Nella definizione delle strategie finanziarie, di marketing e comunicazione aziendale, il chief digital officer – sempre più spesso – affianca il chief marketing officer, il chief financial officer, il chief external relations officer e il chief information officer. «Basti pensare – fa notare Cirullo – che su LinkedIn sono presenti ben 700 profili che riportano la qualifica di chief digital officer». Non solo. «Negli USA è nato anche un club che vanta numerosi iscritti, che annualmente si riuniscono per confrontarsi sui trend e le strategie del prossimo futuro. Tra i temi al centro della discussione, anzitutto quello del rapporto con i CMO, CFO e CIO: in alcune aziende, infatti, il CDO è ancora considerato gerarchicamente un loro sottoposto, mentre in altre si interfaccia direttamente con il CEO. Ancora più interessante è il possibile sviluppo di questa nuova professione. Da un lato, sembrerebbe naturale pensare che in virtù della crescente digitalizzazione il ruolo del CDO sia destinato a espandersi diventando sempre più importante. Dall’altro, paradossalmente, questa potrebbe invece essere la causa proprio della sua scomparsa poiché le competenze digital diventeranno così importanti, che tutti ne avranno a sufficienza rendendo inutile il lavoro del CDO». E dunque, si tratta di un fuoco di paglia o della nascita di una nuova e specifica professione? –

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Il tema è caldo, ma in Italia solo ora se ne inizia a discutere. «Il punto è collocare bene il CDO nell’organigramma aziendale» – evidenzia Mauro Lupi, associated partner di OpenKnowledge. «Finché rimane all’interno della direzione di una business unit – comunicazione, commerciale o, peggio, IT – allora parliamo di un’altra cosa. Quando risponde all’amministratore delegato, allora possiamo definire davvero strategico il suo ruolo. In ogni caso, tra i miei contatti su LinkedIn, ho solo un chief digital officer italiano su 448».

Sull’argomento, abbiamo sentito anche Jonathan Reichental, CIO della Città di Palo Alto in California, il quale ha affermato che il ruolo di CDO ha significato all’interno di organizzazioni che stanno vivendo una transizione di tutti i loro prodotti e servizi dal mondo analogico a quello digitale. «Altre responsabilità come il coordinamento delle attività circostanti, l’ecosistema digitale, i mezzi di comunicazione sociale – fa notare Reichental – richiedono una supervisione strategica. L’alternativa è che il CDO diventi un ruolo completamente nuovo, riunendo in un’unica figura professionale, il chief marketing officer e il chief technology officer (CTO). Tuttavia, se un’azienda assume un CDO ci saranno sovrapposizioni e sarà importante per l’amministratore delegato fornire indicazioni su competenze e responsabilità».

Poiché il fenomeno è esploso soprattutto negli Stati Uniti – che come al solito sono all’avanguardia – abbiamo intervistato David Mathison, fondatore del CDO Club, per capire meglio il profilo di questa nuova figura professionale che fa tanto discutere.

Data Manager: Sappiamo che il mercato digitale statunitense è il più avanzato al mondo. In un mercato con un alto tasso di penetrazione di Internet, quali elementi hanno richiesto l’introduzione di un professionista come il CDO?

David Mathison: È un’evoluzione naturale. Siccome il digitale permea la nostra società, la prossima generazione di leader verrà da chi ha il “digitale”, il “social” e il “mobile” nel proprio codice genetico. Per esempio, dal primo gennaio 2013, cinque ex CDO sono diventati gli amministratori delegati di grandi organizzazioni. I CDO di ieri stanno rapidamente diventando i CEO di oggi.

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Quali sono le competenze per questo ruolo?

Come si può immaginare, i set di competenze chiave sono molto diversi in funzione del settore industriale.

I CDO sono generalmente imprenditori che hanno esperienza di sviluppo di business e che hanno usato con successo l’innovazione digitale per aumentare i ricavi e il ROI, ridurre i costi e per migliorare la soddisfazione dei clienti.

Pensi che il Vecchio Continente sia pronto per l’introduzione di questi professionisti?

Assolutamente, sì. Dall’inizio del 2013 a oggi, ci sono stati 177 nuovi assunti con il ruolo di CDO, cioè una media di uno al giorno. Settantacinque di questi erano in Europa, con una crescita che riguarda soprattutto Bulgaria, Repubblica Ceca, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Olanda, Italia (con in testa le città di Milano, Roma e Monza), Serbia, Spagna, Svezia, Svizzera e Regno Unito (dove Londra ha il maggior numero di CDO in Europa).

Anche l’ufficio del sindaco di New York ha assunto un CDO pochi anni fa. Si tratta di una professione necessaria anche nella pubblica amministrazione?

Penso che questo ruolo troverà sempre più spazio anche nella PA centrale e locale. Gli Stati Uniti hanno un CDO non solo a livello di distretto, ma anche a livello statale e federale. Perfino una città lontana come Brisbane in Australia ha un CDO.

In un recente post sul blog di Gartner, Peter Sondergaard dubita che la figura del chief digital officer possa durare nel tempo o comunque mettere davvero radici nelle strutture aziendali in giro per il mondo. C’è un reale bisogno del CDO?

Sondergaard fa sua la domanda che emerge da uno studio del Gartner Research per capire se davvero le imprese hanno bisogno di un nuovo chief da aggiungere ai tanti che già popolano gli organigrammi aziendali. Il rapporto tra CEO e CDO è lo spunto della sua riflessione. Secondo Sondergaard, il CDO può non dover gestire responsabilità di contabilità, budget e risorse umane sul lungo termine. Non solo. Il team di manager che coadiuva il CEO deve evolvere con la tecnologia e non affidarla a un nuovo chief e la digitalizzazione non chiede un ruolo separato, ma la diffusione di competenze tra i ruoli che ne sono interessati. Le ragioni della bocciatura del chief digital officer non chiudono la questione, ma danno nuovi spunti di riflessione. Il chief digital officer è un motore di innovazione. Con le aziende obbligate a cambiare pelle nell’era del Web 2.0 e dei big data, il ruolo del CDO resta importante per assistere il CEO e il board dell’azienda nel processo di trasformazione innescato dalla digitalizzazione.

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DAVID MATHISON STORY

David Mathison è il curatore del Chief Digital Officer Summit, e fondatore del Club CDO. Più del 65% dei CDO al mondo sono membri del Club. Il libro di Mathison, “Be The Media” è stato recensito dal New York Times dopo aver venduto oltre cinquemila copie in 11 giorni tramite il suo sito web, Twitter e Facebook.

Dal 1999 al 2001 è stato fondatore e CEO della Kinecta Corporation dove ha raccolto 30 milioni di dollari in meno di due anni. Kinecta è stata poi acquisita e ora fa parte di Oracle. Dal 1994 al 1999, Mathison è stato vicepresidente di Thomson Reuters, la più grande agenzia di stampa del mondo, dove ha aperto la strada alla distribuzione dei contenuti online. Mathison ha conseguito il master International Affairs alla Columbia University nel 1995.