L’analisi delle nuove strategie operative e delle nuove fonti di revenue attraverso l’esperienza diretta di grandi VC nel mondo delle cryptomonete
Il 2014 sarà l’anno dei bitcoin proprio come il 1975 fu quello dei personal computer e il 1993 quello di Internet. Si tratta di una svolta fondamentale nell’informatica, basata su 20 anni di ricerche nell’ambito della crittografia legata a una valuta e 40 anni di ricerca nella crittografia classica. Un processo che ha interessato, in tempi e modalità diversi, migliaia di ricercatori e appassionati in giro per il mondo. Così spiega Marc Andreessen, uno dei principali artefici del successo iniziale di Internet, cofondatore di Mosaic, primo programma largamente utilizzato per navigare online, e della società Netscape, in un lungo articolo pubblicato non molto tempo fa sul New York Times dal titolo “Why bitcoin matters”.
I bitcoin sono una moneta elettronica creata nel 2009 da una persona (o da un gruppo di persone) nota con lo pseudonimo di Satoshi Nakamoto. A differenza delle monete tradizionali, i bitcoin non hanno un’autorità monetaria centrale e sono generati da computer collegati in rete che eseguono complesse operazioni matematiche, procedura nota con il nome di mining. Il sistema è pensato in modo da rendere progressivamente più difficile la generazione di bitcoin fino a raggiungere il totale massimo di 21 milioni: sembra quindi che i bitcoin siano al riparo dal rischio di inflazione non potendo nessuna banca centrale inondare il mercato con nuovi bitcoin o svalutare quelli già in circolazione. Oggi, i bitcoin rappresentano non solo un sistema in grado di produrre e scambiare moneta, ma anche il polo di attrazione dei più grandi venture capital. Nonostante negli ultimi mesi i bitcoin siano stati messi a dura prova, in particolare dopo la bancarotta di Mt.Gox, il più importante degli exchange di bitcoin, con un furto pari a circa 450 milioni di dollari, questa moneta potrebbe ancora essere in grado di rivelare il suo potenziale e farsi strada nel mercato. Sul fronte degli investimenti, i più attivi sono proprio il fondo di venture capital, Andreessen Horowitz e BitAngels: Angel Investor focalizzati sulle startup che si occupano di bitcoin e delle sue derivazioni. David Johnston, uno dei fondatori di Bitangels, è convinto che «la gente stia appena iniziando a realizzare che bitcoin non è solo una moneta e un sistema di pagamenti» e che «abbiamo a che fare con una sorta di Internet of money».
Generali bizantini
Andreessen è da anni uno dei più importanti investitori in nuove startup, attraverso la sua società di investimenti Andreessen Horowitz. Di recente ha deciso di investire circa 50 milioni di dollari in una serie di startup che stanno sviluppando soluzioni legate ai bitcoin.
Secondo Andreessen, sono molte le ragioni che stanno destando l’interesse di molti imprenditori della Silicon Valley per il mondo digitale. Questa tecnologia fornisce la risposta concreta a un antico problema tecnico noto come “problema dei generali bizantini”.
«Prendiamo un gruppo di generali dell’esercito bizantino accampati con le loro truppe sotto le mura di una città nemica. Potendo comunicare tramite un unico messaggero, devono convergere su un piano di battaglia comune. Uno o più di questi generali potrebbe però essere un traditore. Quindi, il problema sta nell’individuare un algoritmo che permetta ai generali leali di arrivare a un accordo sicuro».
Semplificando, si tratta del problema di creare fiducia in una rete così vasta e poco affidabile quale Internet. Secondo Andreessen, l’aver risolto questo problema significa che i bitcoin, per la prima volta, consentono a un utente della rete di trasferire a un altro utente una proprietà digitale esclusiva con certezza sull’esito positivo della transazione: al termine di essa, ognuna delle parti sa che il trasferimento è avvenuto e nessuno può dubitare della sua correttezza e legittimità. Non si possono sottovalutare gli innumerevoli vantaggi derivanti da tale sistema.
Il libro mastro
I bitcoin funzionano come una sorta di grande libro mastro, un registro delle transazioni, che esiste ed è diffuso su Internet. Ognuno può diventarne parte, acquistandone una casella (il loro numero totale è limitato), comprandola con della moneta tradizionale oppure ottenendola in cambio per la vendita di un prodotto o un servizio. Le operazioni di acquisto e di vendita di tale moneta sono accessibili a tutti, senza che siano necessarie autorizzazioni da terze parti e con commissioni molto basse o del tutto inesistenti. Ma il vero potenziale dei bitcoin sembra risiedere su un elemento del tutto aleatorio, ovvero le ipotesi sul suo uso futuro. «Questo – spiega Andreessen – è l’aspetto che più confonde le persone. La gente non scambia i bitcoin perché qualcuno ha stabilito un loro valore arbitrario. È vero il contrario: la moneta ha un valore perché gli utenti possono fare transazioni attraverso la tecnologia di bitcoin. Forse, è vero che in questo momento il valore di bitcoin si basa più sulle ipotesi che sul reale volume dei pagamenti, ma è altrettanto vero che queste ipotesi stanno determinando un prezzo abbastanza alto da rendere possibili nella pratica i pagamenti in bitcoin. La moneta elettronica deve avere un certo valore per poter veicolare volumi anche minimi di pagamenti reali».
Gli auspici positivi di Marc Andreessen non sembrano essere isolati nel mondo dei VC. Di recente, il fondo di VC, General Catalyst Partners, in collaborazione con Breyer Capital e Accel Partners, è riuscito ad assegnare una seconda tranche di investimento per un ammontare di 17 milioni di dollari alla società Circle Internet Financial, una compagnia che offre una piattaforma bilaterale destinata sia ai consumatori sia alle imprese, proponendosi al tempo stesso come portafoglio alternativo e come sistema di pagamento alternativo.
Il futuro dei bitcoin
Hemant Taneja, partner di General Catalyst Partners, sottolinea la necessità di dover ripensare la strategia operativa dei VC. Non bisogna pensare ai bitcoin come a un settore a sé stante, quanto piuttosto puntare sul settore delle piccole e medie imprese e capire quali siano i vantaggi offerti dalle monete digitali per poter essere competitivi. L’ecosistema attuale dei venture capital è tuttavia ancora lontano da questo traguardo che potrà essere raggiunto solo nel lungo periodo e la Federal Reserve sta già pianificando come regolamentare il settore. Non è dato sapere quale sarà il futuro dei bitcoin: potrebbero dissolversi come una bolla oppure esplicare al massimo il loro potenziale. Neanche Marc Andreessen vuole sentenziare a riguardo. Il giudizio resta positivo e sente di poter condividere il pensiero di Friedman quando nel 1999 preannunciava l’avvento di un sistema di denaro digitale affidabile in grado di consentire il trasferimento sicuro di fondi tramite Internet tra utenti ignoti. Insomma, non possiamo dire quale sia la futura evoluzione dei bitcoin, ma sembra che i VC si siano già schierati in loro favore. Anche il mondo accademico si sta aggiornando e sta adottando importanti iniziative. Alcuni giovani studenti e laureati della Luiss Guido Carli insieme a diversi professori ed economisti hanno creato l’osservatorio per lo studio delle cryptomonete, il Discover Bitcoin. Situato all’interno del CASMEF (Centro Arcelli per gli Studi Monetari e Finanziari), uno dei più importanti centri italiani che promuove la ricerca di alta qualità su temi di natura economica, monetaria, finanziaria e bancaria. Ma indipendentemente dal percorso accademico, l’osservatorio Discover Bitcoin si propone di diventare un polo di attrazione sul piano finanziario, fornendo consulenza di qualità. E che dire invece dei VC italiani? Dove sono?