Samsung condannata a pagare oltre un miliardo di dollari per avere copiato alcuni brevetti e il design dell’iPhone. La partita tra i due giganti che primeggiano nel mercato degli smartphone si chiude a favore di Apple e vede battuta la società coreana che oramai detiene la supremazia in termini di dispostivi venduti. Ma la sentenza cambia realmente qualcosa e potrebbe alterare le posizioni e le dinamiche di sviluppo delle nuove emergenti tecnologie nell’ambito del mobile computing e del mobile entertainment? Probabilmente no, così come avvenuto in passato.
La concorrenza in ambito informatico è stata sempre disseminata di cause legali che avevano come oggetto l’infrazione dei brevetti. Lo è stato all’epoca del mainframe, quando IBM contrastava il mercato dei compatibili nelle aule dei tribunali, lo è stato all’epoca dei personal computer, quando Steve Jobs rinfacciava a Bill Gates di avere sostanzialmente copiato la logica di interfaccia del Mac ereditata a sua volta da quanto avuto origine in Xerox Parc. Contenziosi che di fatto non hanno alterato l’evoluzione del mercato, così come altrettanto avvenne nell’altra famosa contesa che vide contrapporsi Netscape a Microsoft.
Si è detto che la vittoria nei confronti di Samsung potrebbe aprire la strada verso una ben più ampia rivalsa, di Apple nei confronti di Google e del sistema operativo Android, diventato il cuore tecnologico dei sistemi Samsung e della maggior parte dei dispositivi internet-based oggi in circolazione. Sarà, ma come si usa dire, quel che è stato è stato, e al di là di compensazioni di ordine monetario, il tracciato evolutivo del mercato è già segnato. Android è destinato a diventare, ma di fatto lo è già diventato, l’elemento tecnologico attorno al quale si sviluppa e si è sviluppato il mercato di massa dei dispositivi mobile. Apple ha avuto il merito di avere dettato uno standard, ma non potrà contrastare i concorrenti sul piano esclusivamente legale.