Quando il videogame diventa arte

Il MoMa di New York ha scelto di 14 videogiochi per una mostra a loro dedicata

Uno dei più grandi musei di New York, il MoMa, ha scelto di installare 14 videogiochi nelle Philip Johnson Galleries per creare una mostra a loro dedicata che crescerà poi nel tempo.

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Il videogioco è anche design

Perché i videogiochi dovrebbero essere considerati una forma d’arte lo spiega Paola Antonelli, curatrice senior del dipartimento di Architettura e Design del MoMA: «I videogame oltre a essere opere della creatività, rappresentano un’incursione nel design. E un approccio riferito al design è proprio quello che noi abbiamo scelto per questa nuova incursione in questo universo».

La scelta dei primi 14 titoli è stata fatta non solo in base alla grafica, ma anche all’interazione che instaurano con l’utente, alla rilevanza storico-culturale e all’innovazione tecnologica: «I nostri criteri hanno dato importanza non solo alla qualità visiva e all’esperienza estetica di ciascun gioco, ma anche a molti altri aspetti, dall’eleganza del codice al design del comportamento del giocatore, che appartengono al design dell’interazione».

Da Pac-Man a the Sims

I videogame più articolati avranno una dimostrazione interattiva mentre quelli più vecchi verranno riprodotti su dispositivi moderni. Nella top fourteen si contano: Pac-Man (1980), Tetris (1984), Another World (1991), Myst (1993), SimCity 2000 (1994), vib-ribbon (1999), The Sims (2000), Katamari Damacy (2004), EVE Online (2003), Dwarf Fortress (2006), Portal (2007), flOw (2006), Passage (2008), Canabalt (2009).

Quanto conta la tecnica e quanto la creatività per sviluppare un videogioco?

Con Andrea Ferlito, Gaming Area Manager e Co-Founder di Codemotion, abbiamo analizzato in questa videointervista il nascente ecosistema italiano di sviluppatori nel settore del gaming. Mancano per ora grandi realtà ma si sta sviluppando un interessante gruppo di sviluppatori indipendenti che così come è successo con il cinema danno nuova linfa al mercato.

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