Agenzia Digitale, parola ai candidati al ruolo di Direttore

 

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Abbiamo posto alcune domande ai candidati per approfondire le loro motivazioni ma soprattutto gli eventuali indirizzi e linee programmatiche su cui lavorare per un vero futuro digitale del nostro Paese

 

Negli ultimi mesi non si fa che parlare del Decreto Digitalia che dovrebbe rilanciare l’economia italiana utilizzando come volano la tecnologia. In attesa del decreto che è slittato ancora di qualche giorno è un fatto il bando per la selezione del Direttore Generale  della nascente Agenzia  per l’Italia Digitale. Ad oggi mi risultano aver presentato la domanda in tre: il Prof. Giuseppe Attardi, Professore di Informatica dell’Università di Pisa, l’Avv. Prof. Massimo Melica, Studio Legale Melica Scandelin & Partners ed il Prof. Angelo Raffaele Meo del Politecnico di Torino.

A loro ho fatto alcune domande per approfondire le motivazioni che li hanno spinti a candidarsi ma soprattutto gli eventuali indirizzi e linee programmatiche su cui lavorare per un vero futuro digitale del nostro Paese.

Perchè ha deciso di candidarsi?

Avv.Melica

Mi occupo di diritto applicato alle nuove tecnologie dal 1992, dalle carte di credito al bancomat ai contratti telefonici per la telefonia mobile sino ad arrivare alle problematiche giuridiche sottese all’utilizzo del web, in vent’anni ho maturato un’esperienza che possa essere riversata in una figura di collegamento come quella di Direttore dell’Agenzia per l’Italia Digitale.

In Italia, il fenomeno degli “avvisi pubblici” e di un’auspicabile trasparenza amministrativa sono un fenomeno recente, quindi da accogliere con favore proprio nella speranza che il merito e la competenza possa essere premiata; in questa logica nasce la mia candidatura.

 

Prof.Attardi

Da oltre una dozzina di anni predico che l’Italia dovrebbe impegnarsi nel raggiungimento di obiettivi strategici incentrati sulle tecnologie di rete e informatiche. 

L’Agenzia Italia Digitale si muove in quella direzione e pertanto ho pensato che fosse il momento di mettermi in gioco.

Per di più il bando indica tra i requisiti “una comprovata qualificazione professionale in materia di innovazione tecnologica e … comprovata esperienza di elevato livello nella gestione di processi di innovazione, tanto nel settore pubblico quanto nel settore privato”.
Credo che non siano in tanti ad aver svolto attività di ricerca e innovazione sia nel settore pubblico che nel privato.

Conosco i problemi delle aziende tecnologiche e ho introdotto innovazione nei servizi e nelle infrastrutture per la ricerca nazionale. Ho gestito procurement di importi rilevanti e sò destreggiarmi per ottenere condizioni favorevoli, ma soprattutto ottenere ciò che serve e non ciò che è di moda o che le aziende smerciano.

Potrei operare in sinergia con il GARR, che rappresenta la punta di diamante delle tecnologie di rete, e le cui soluzioni pilota potranno essere adottate in altri settori della PA.

Spero quindi di poter contribuire a inventare il nostro futuro, seguendo il motto di Alan Kay: “The best way to predict the future is to invent it”.

Quale sarà il suo “programma” e le prime tre cose che secondo Lei è necessario fare per far ripartire l’Italia digitale?

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Avv.Melica

Solo chi non si occupa di diritto amministrativo o non conosce la Pubblica Amministrazione può pensare che il Direttore dell’Agenzia per l’Italia Digitale possa  portare un suo programma. In realtà il Direttore è una figura di collegamento per realizzare gli scopi e le direttive che lo Stato – attraverso leggi e decreti – determina per realizzare il programma di eGovernment .

Vigilare sulla legittimità delle gare d’appalto, comunicare le esigenze dell’Agenzia con i vertici ministeriali, coordinare il territorio nazionale affinché avvenga uno sviluppo uniforme del digitale, ascoltare le esigenze del settore pubblico e privato perché diventino proposte governative, questi sono alcuni dei tanti compiti a cui sarà chiamato il Direttore.

Niente autonomi programmi, niente favolette elettorali, nulla che non rientri nei poteri amministrativi del dirigente se desideriamo evitare politiche dell’arrembaggio poco concrete seppur popolari.

Prof.Attardi

L’obiettivo principale sarà quello di rendere possibile di “fare” tutto in rete, non soltanto “navigare”, mettendo a disposizione piattaforme per svariate attività: ad esempio piattaforma per il mercato del lavoro, piattaforma per gli acquisti di gruppo, piattaforma per il turismo culturale, piattaforma per le analisi sanitarie, piattaforma di analisi statistiche (es. su dati ISTAT), piattaforma di crowdsourcing, piattaforma di publishing, piattaforma di analisi legali, piattaforma per la democrazia fluida, etc.

Dobbiamo impegnarci nello sviluppo di queste piattaforme per evitare che siano aziende straniere a soffiarci le opportunità, come è avvenuto con le piattaforme per le prenotazioni turistiche, che fanno il lavoro virtuale e pretendono una percentuale elevata dagli albergatori, a cui resta da fare il lavoro fisico di fatica.
Dobbiamo promuovere lo sviluppo di tecnologie del linguaggio che sfruttino la differenza linguistica per mantenere un vantaggio competitivo con gli stranieri.

Per l’attuazione del programma conterei su una strategia per liberare le energie di tanti individui, che le condizioni economiche attuali scoraggiano ad impegnarsi. Lo dimostrano alcune esperienze svolte all’università, dove organizzando corsi sullo sviluppo di applicazioni mobili, abbiamo attirato talenti che sono andati a ruba tra le aziende.

Lo sviluppo sia della rete che dell’economia digitale potrà avvenire in modo naturale più attraverso la creazione di una miriade di nuovi servizi e di contenuti digitali, che con gli stimoli indiretti quali promozioni o incentivi ai consumatori.

Gli utilizzatori saranno invogliati dalle possibilità offerte dai servizi e questi avranno un effetto di trascinamento. Per esempio Facebook e Twitter hanno avvicinato milioni di persone alla rete in modo più rapido ed efficace che fare corsi di alfabetizzazione digitale. La gente impara da sola se ne ha la motivazione.

Le prime tre cose da fare, compreso una preliminare:

1) sbloccare i pagamenti delle fatture non pagate dalla PA
 

2) adozione su larga scala della moneta elettronica, con l’introduzione di un borsellino digitale (servirà a contrastare l’evasione e il lavoro nero e a liberare fondi per altre attività riducendo il debito)

 

3) rivedere le modalità di finanziamento dei progetti, premiando i risultati piuttosto che finanziando le proposte
 

4) Realizzazione di cloud per lo sviluppo di piattaforme.

Come si può risolvere il problema del digital divide e soprattutto dove trovare i finanziamenti per realizzare le infrastrutture necessarie?

Avv.Melica

Il digital divide si risolve con il buon lavoro e con lo sviluppo delle infrastrutture tecnologiche, per ottenere questo occorre creare servizi che da un lato semplifichino la vita del cittadino e dall’altro diano la possibilità alle imprese private di sviluppare reti e nodi telematici. 

Non possiamo chiedere di portare infrastrutture se prima non sappiamo cosa farci passare e soprattutto creando condizioni per il loro utilizzo. Per quanto attiene i finanziamenti, questi arrivano prevalentemente dallo Stato, quindi occorre iniziare a dare risultati concreti e misurabili se si desidera porre e mantenere l’attenzione alta sullo sviluppo del digitale nel nostro Paese. Se questo sarà fatto la sinergia tra finanziamento pubblico e privato sarà realizzata e vincente.

Prof.Attardi

Scorporo della rete da Telecom e affidamento ad una società mista a partecipazione pubblica e privata.
Coinvolgimento di una molteplicità di agenti in iniziative di cablaggio locali. In particolare favorire l’approccio dell’ultimo miglio di proprietà dei cittadini. Si potrebbero utilizzare per questo parte delle migliaia di persone in cassa integrazione a zero ore.

Lei è un tecnico non la spaventano i meccanismi della politica?

Avv.Melica

La “Politica”, quella con la “P” maiuscola composta da onesti amministratori non deve spaventare nessuno; ciò che invece è da temere sono i “politicanti” incompetenti e dettati da interessi lontani dal raggiungimento del bene comune. Ritengo che oggi attraverso la trasparenza della Rete e il supporto partecipativo della base al processo amministrativo non si debba temere nulla. Siamo tutti coinvolti per la ripresa e lo sviluppo del nostro Paese. Tutti coinvolti, nessuno escluso.

Prof.Attardi

Come non hanno spaventato i tecnici del governo Monti. Se si pensa di sapere ciò che si deve fare e se non si dipende dalla politica per il proprio futuro, si può agire con determinazione per l’interesse comune.

Si ispirerà a esperienza simili di altri organismi simili in Europa?

Avv.Melica

Guardare alle best practice che provengono dall’estero è sempre utile, tuttavia occorre tener presente le “specificità” del nostro Paese, le primarie esigenze ancora non attuate, e purtroppo  i suoi limiti. La miglior cura è conoscere il territorio attraverso il dialogo con gli operatori all’interno della P.A., i cittadini e le imprese per porre in essere soluzioni che sappiano bilanciare gli interessi comuni.

Prof.Attardi

Il mio approccio è sempre stato di tipo scientifico: analizzare e valutare idee e soluzioni sperimentate da altri, considerare le prospettive dell’evoluzione tecnologica, formarsi una propria idea a partire dalle idee migliori, formulare un piano con obiettivi pratici e raggiungibili, e trovare le risorse per attuarlo.
Qualunque fonte di ispirazione è dunque benvenuta.

In particolare in Europa ci si potrà ispirare al Technology Strategy Board inglese, di cui sono apprezzabili ad esempio le idee degli Innovation Vouchers e delle Competitions per stimolare lo sviluppo di soluzioni a problemi specifici.

Se vi saranno altri candidati spero che abbiano voglia di confrontarsi e rispondere anche loro alle mie domande, forse è una mia illusione ma così discutendo a voce alta forse anche noi semplici cittadini avremo la sensazione di partecipare ad una scelta così importante.

 

Aggiornamento del 3 Ottobre 2012-10-03

 

Dopo l’articolo di ieri mi è stato segnalato che anche Roberto Scano si è candidato rumors parlano di circa 100 candidature pervenute tra cui nomi noti della Rete  Salvo Mizzi, manager di Telecom Italia, Alfonso Fuggetta docente del Politecnico di Milano e AD di Cefriel,Agostino Ragosa, CIO di Poste Italiane, Cristiano Radaelli, presidente di Anitec.

Spero che anche loro rispondano alle mie domande così come ha fatto il Prof. Meo di cui di seguito pubblico le risposte.

Perchè ha deciso di candidarsi?


Ho deciso di candidarmi perchè sono rimasto turbato dall’assenza di veri informatici nella cabina di regia dell’Agenda Digitale e nel novero dei candidati più importanti. L’informatica ha caratteristiche diverse dalla meccanica e dall’energetica. Un “manager” e un “guru dell’economia” non può capire i problemi tecnici ed economici del nostro mondo. Ad esempio, ho sentito nei dibattici pubblici di queste ultime settimane idee

strampalate che rivelano che molti personaggi importanti non sanno di che cosa si parla (esempio: realizzare la rete della scuola italiana via satellite).

Quale sarà il suo “programma” e le prime tre cose che secondo Lei è  necessario fare per far ripartire l’Italia digitale?

Condivido le proposte di Attardi che ritengo il candidato ideale .

Mi permetto di aggiungere:
2.1 Assoluta priorità ai progetti basati su software libero e interoperabilità aperta.

2.2 Per quanto concerne le infrastrutture, priorità alla rete della scuola e dell’ospedale, rimandando gli investimenti sulla fibra alla casa (basati sulle “Passive Optical Networks”). Comprendo che una sfilata di moda con la Minetti richieda pixel piccolissimi e tanti bit per pixel, ma la scuola e l’ospedale sono molto più importanti. Per questi farei un accordo con Telecom per collegamenti ADSL e potenzierei le dorsali partendo dalla rete GARR.

2.3 Il nostro progetto non deve essere finalizzato al business di nessuno, e  , meno che mai, a quello delle multinazionali straniere.

Come si può risolvere il problema del digital divide e soprattutto  dove trovare i finanziamenti per realizzare le infrastrutture  necessarie?

Software libero e volontariato.

Lei è un tecnico crede non la spaventano i meccanismi della   politica?
Sì.

Si ispirerà a esperienza simili di altri organismi simili in Europa?

Certamente, pur con le cautele del punto 2.