Cultura Digitale

“I valori che vogliamo trasmettere sono: condivisione, partecipazione, confronto fuori e dentro la Rete”

Qualcosa sta cambiando in Italia ed anche velocemente, ciò che prima era solo un miraggio; creazione di startup finanziamenti alle imprese, nuove opportunità di business legati all’innovazione tecnologica, sta diventando realtà. C’è molto fermento soprattutto tra i giovani sviluppatori che sognano il successo. Cosa li accomuna, quali sono i loro valori? Ne abbiamo parlato con Fabio Lalli – Fondatore di Indigeni Digitali

TI PIACE QUESTO ARTICOLO?

Iscriviti alla nostra newsletter per essere sempre aggiornato.

Sei il fondatore di Indigeni Digitali, cosa siete e cosa volete diventare?

Indigeni Digitali è un network nato con l’obiettivo di permettere alle persone di incontrarsi on line ed offline, confrontarsi e condividere esperienze, casi di successo ed insuccesso, avere un parere tecnico e una soluzione in momenti critici e non, e bersi un bicchiere di vino dopo una giornata di lavoro chiacchierando di bit e byte in modo rilassato. La nostra principale attività è proprio questa: fare networking, mettere in contatto persone e fare da hub, generare un punto di incontro e di confronto tra professionisti e tecnici che vogliono interagire, collaborare e creare opportunità.

A distanza di ormai un anno e mezzo dalla nascita siamo già presenti in 6 città (Roma, Milano, Napoli, Catania, Bari e Torino) e abbiamo raggiunto circa 2800 persone in Italia – studenti, imprenditori, liberi professionisti, manager e startupper – passando da persone del marketing a sviluppatori, fino ad arrivare ad esperti di arte. Tutti però con la passione condivisa e comune per il digitale e la voglia comune di fare e agire.

Quando siamo partiti volevamo esser quello che ti ho descritto e piano piano lo stiamo diventando. Oggi in Italia Indigeni Digitali credo sia uno dei network più noti e sta cominciando veramente a creare valore: progetti avviati, startup che hanno preso vita, attività di mentoring a piccole imprese o a progetti in fase embrionale e opportunità di lavoro create.

Alla domanda cosa vogliamo diventare, beh, ti risponderei “crescere e consolidare il modello e i principi sui cui è fondato il network”, un vero punto d’incontro che può dare valore in ambito professionale sotto tanti punti di vista: sia chi cerca una nuova opportunità di lavoro, sia a chi la offre o semplicemente vuole mettere in discussione e a disposizione la propria esperienza.

Leggi anche:  Il 2024 è l’anno del Wellbeing

Non credi che queste community siano troppo autoreferenziali? Cosa c’è davvero di nuovo?

Tutti i gruppi sociali, on line o offline che siano, si autodefiniscono nel tempo, tendono a diventare autoreferenziali e tendono a sostenere se stessi all’interno di un sistema più grande per evitare influenze e cambiamenti. E’ il meccanismo dell’autopoiesi che genera una sorta di sistema di protezione. In linea generale questo è un vantaggio ed allo stesso tempo è un limite. E’ un vantaggio perché fa crescere il sistema in modo autorganizzato, responsabile e democratico , mentre è un limite perché circoscrive un perimetro entro il quale si accede per selezione e difficilmente si cresce contestualmente al contesto in cui il gruppo è collocato.

A mio avviso in Indigeni Digitali questa caratteristica si sta superando attraverso la presa di coscienza del valore che si genera partecipando e contribuendo attivamente e lasciando che tutti possano accedere ed esprimere il proprio giudizio e condividere la propria esperienza. Allo stesso tempo questo sta facendo si che la community si sviluppi in modo graduale, organizzato e con il tempo necessario di trasferire alle persone nuove i valori e le piccole norme etiche e di buon senso di partecipazione. E’ ovvio che il rumore e qualche partecipante estremamente autoreferenziale ci sia, come tutti i contesti sociali, ma facendo incontrare le persone off line e dando la possibilità di dare un volto, una voce e una presenza ad un nick name si ha l’effetto voluto: nasce nelle persone l’esigenza di autoescludersi se non interessate ai temi trattati.

Hai dato vita ad un esperimento di scrittura di un libro sulla “Cultura digitale” fondendo partecipazione e crowdsourcing , cosa è venuto fuori?

E’ stata una esperienza ed un progetto nato dalla volontà di diffondere i valori dell’Etica Hacker (scritti nel libro di Pekka Himmanen) e i valori della rete. C’è stato un buon livello di contributi e di partecipazione: abbiamo raccolto oltre 500 contributi attraverso una pagina web. Questi contributi a breve, ipotizzo fine ottobre, verranno raccolti ed integrati in un eBook che verrà distribuito gratuitamente in rete. Speriamo possa esser di aiuto per capire cosa significa realmente Cultura Digitale.

Leggi anche:  ItaliaFintech: Michelangelo Bottesini (Teamsystem) designato nuovo Presidente

Negli ultimi mesi c’è stato molto fermento in Rete, ogni giorno si leggono post di aspiranti startuppers, la mia sensazione è che siamo ancora molto distanti dagli USA e che ci sia un gap culturale duro da colmare? Tu cosa ne pensi?

E’ sicuramente noto che siamo in un momento di fermento e crescita di aspiranti startuppers e ogni giorno si vedono nascere nuovi progetti e nuove idee. Questo ovviamente non può che esser positivo e vuol dire che qualcosa sta cominciando a muoversi e la mentalità sta cambiando.

Io credo che in Italia ci siano talenti che non hanno nulla da invidiare agli USA, anzi potrebbe esser tranquillamente il contrario ed i risultati che stanno cominciando ad arrivare dagli states fanno ben pensare. Faccio riferimento ai vari Mashape, Coderloop, Funambol e altri, nonché agli sviluppatori italiani noti nel mondo del PHP e non solo.

Quello che a mio avviso manca ancora, il gap al quale fai riferimento tu, è secondo me riconducibile a due macro carenze:

1) cultura del fallimento

2) cultura del fare impresa

Fallire in Italia è un problema e non è chiaro ancora che il fallimento è una possibilità e non la fine di un percorso. Il fallimento da la possibilità imparare molte cose e permette di creare una base più solida sulla quale costruire un nuovo progetto. Purtroppo, invece, sbagliare viene vissuto come una terribile vergogna ed una etichetta dalla quale difficilmente ci si può allontanare.

Per quanto invece riguarda il fare impresa credo che il problema sia fondamentalmente di consapevolezza e spesso di formazione. Sento spessissimo dire “Ho fatto una startup” e poi dopo un approfondimento si capisce che non è altro che mezza applicazione per iPhone o un sito internet, senza un idea di business, senza aver chiaro che problema risolve questo progetto, senza sapere cosa significa fare un pitch e presentare un progetto o peggio ancora senza sapere cosa realmente vuol dire fare impresa e tutto quello che gira in torno.

Leggi anche:  Accenture nomina Mauro Capo Responsabile Cloud First dell'area ICEG

Il nome da te scelto “Indigeni” fa pensare ad una riserva indiana piena di smanettoni e super tecnici. Io credo che la tecnologia debba abilitare il business anche e sopratutto quello non digitale, tu cosa ne pensi?

Il nome Indigeni Digitali nasce semplicemente dal mix della parola digitale e dal principio di base contenuto in una delle definizioni di Indigeno ossia “…popolazioni determinate a preservare, sviluppare e trasmettere alle future generazioni i propri valori …”. E i valori che noi vogliamo trasmettere sono quelli di cui ti ho accennato: condivisione, partecipazione, confronto.

Nel network, anche se inizialmente eravamo prevalentemente tecnici (e questo dipendeva strettamente dalla mia “cerchia” iniziale d’inviti), c’è una eterogeneità di competenze e conoscenze, tali da non poter esser classificati solo come smanettoni e tecnologhi. Quello che tutti hanno in comune è sicuramente l’utilizzo della rete come strumento di comunicazione.

E’ senza ombra di dubbio fondamentale diffondere la Cultura della rete anche fuori dalle “quattro mura di internet” anche a chi ancora non c’è entrato e, proprio perché sono d’accordo con te sul fatto che la tecnologia sia un abilitatore, penso che debba essere il mezzo tramite il quale dobbiamo riuscire a diffondere a tutti certi valori e certe opportunità.

———————————–

Fabio Lalli è il fondatore del business network Indigeni Digitali. E’ specializzato in progetti di system integration e nello sviluppo di applicazioni web e mobile. Ha recentemente lanciato in Rete Followgram.me, un’applicazione web che sta avendo un grande successo internazionale.