Il patto segreto della Silicon Valley: i big si accordano per non rubarsi i dipendenti

I big dell’hitech, compresi Apple e Google, sono accusati di aver stretto un accordo per non rubarsi a vicenda i dipendenti. In mezzo c’è anche una morte misteriosa

Nuovi guai per Apple, che è ancora alle prese con il processo contro Samsung per i brevetti contestati. La Mela e altri big della Silicon Valley tra cui Google, Intel e Adobe sono state accusati di aver firmato un patto segreto per non rubarsi vicendevolmente i dipendenti più importanti. Tutto è partito con una class action voluta da 64mila ex lavoratori di diverse aziende hitech. Nei documenti dell’accusa si afferma che l’accordo sia stato siglato nel 2005 con un incontro fra il numero uno di Apple Steve Jobs, che voleva una vera e propria “guerra santa” contro Android, e il co-fondatore di Google Sergey Brin.

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Un thriller ambientato nella Silicon Valley

Nei documenti istruttori pubblicati sul sito di news Pando.com e ripresi dal Wall Street Journal, si afferma che dal 2005 al 2009 le grandi aziende della Silicon Valley, bloccata qualche mese fa dalle proteste per il caro affitti, hanno stretto “un patto di non belligeranza” per non rubarsi a vicenda le risorse più importanti. Steve Jobs, già accusato di aver fondato un cartello per mantenere alti i prezzi degli e-book, avrebbe proposto direttamente a Brin di siglare l’accordo. Il patto, a cui Facebook non avrebbe partecipato, fu in seguito violato dalla stessa Apple a causa di un incauto head hunter che fu poi licenziato. “Steve – avrebbe scritto nel 2007 l’attuale Presidente di Google Erich Schmidt a Jobs – mi dispiace, non ha rispettato le nostre policy, spero che non succederà mai più”.

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A tingere di giallo la vicenda c’è anche la misteriosa morte di Brandon Marsall, il programmatore 43enne che ha promosso la class action. Nel dicembre scorso l’uomo è stato ucciso a Santa Clara, in California, a causa di una colluttazione con la polizia. Secondo la ricostruzione del New York Times però qualcosa non tornerebbe.

Patteggiamento da 3 miliardi di dollari

I promotori della class action chiedono 3 miliardi di dollari di risarcimento dalle società coinvolte nello scandalo. Secondo le leggi dell’antitrust USA la somma potrebbe però addirittura triplicarsi in caso i big dell’hitech fossero riconosciuti colpevoli. Il processo si terrà il 24 maggio presso la corte di San Jose ma secondo diversi esperti si raggiungerà ad una accordo extra-processuale molto prima.