Mountain View è riuscita a eludere l’enorme cifra trasferendo l’80% dei suoi profitti nel paradiso fiscale. Non sembrano esserci irregolarità, ma si apre il dibattito sulla questione etica
Nel 2011 Google, con un escamotage non troppo nuovo nel mondo della finanza, ha trasferito circa 9,8 miliardi di dollari, l’80% delle revenue dell’anno scorso, a una società satellite con sede alle Bermuda, famoso paradiso fiscale. Con questa mossa l’azienda di Mountain View è riuscita a eludere 2 miliardi di euro di tasse.
L’Europa condanna ma non c’è illecito
Il fatto è stato reso pubblico da Bloomberg che ha analizzato le carte della sede olandese di Google. Diversi Paesi europei come Francia, Regno Unito, Germania e Italia, avevano espresso la loro preoccupazione sul fatto che Google non pagasse le dovute tasse. Peccato che la pratica di Google di trasferire fondi alle Bermuda non costituisca un illecito, quindi non è possibile far valere le richieste di risarcimento. Intanto la Commissione Europea ha domandato ai Paesi membri di creare blacklist dei paradisi fiscali nonché adottare norme che prevengano abusi.
“La strategia fiscale di Google e di altre multinazionali mette profondamente in imbarazzo i governi europei”, ha commentato Richard Murphy, direttore di Tax Research. “L’attenzione politica creatasi nel Regno Unito e con livelli inferiori nel resto d’Europa è: o noi o loro. Le persone hanno capito che se Google non paga, qualcun altro lo deve fare o i servizi vengono tagliati”.