Facebook ha risposto con ironia allo studio che lo dava per scomparso entro il 2013. Il social network critica la metodologia di ricerca utilizzata e porta un esempio lampante di come non abbia valore scientifico
Facebook ha utilizzato un’insolita ironia per rispondere allo studio realizzato da due ricercatori dell’Università di Princeton. Secondo la ricerca entro il 2017 la piattaforma dovrebbe perdere l’80% dei suoi iscritti a causa del calo di interesse per il servizio. Se è vero che i teenager statunitensi preferiscono YouTube e Twitter a Facebook, il social di Menlo Park ha contestato la metodologia di ricerca utilizzata e ha risposto per le rime ai due ricercatori.
Facebook risponde per punti
La risposta di Zuckerberg allo studio arriva per bocca del data scientiest Mark Develin, che ritiene che “il rapporto pubblicato da Princeton è una sciocchezza assoluta”. In primo luogo, la concezione che la parabola di Facebook possa essere paragonata ad un’epidemia virabile è considerata errata. Se è vero che la dipendenza dalle piattaforme social può diventare una vera malattia non è detto che la diffusione di Facebook funzioni come quella dei virus.
La seconda tesi smontata da Develin è il paragone fatto fra il declino di Myspace, oggi riportato in vita da Justin Timberlake, e l’attuale situazione di Facebook. Secondo l’esperto, è stato proprio il social network di Zuckerberg a sancire la fine di Myspace, quindi è impossibile fare parallelismi.
Il terzo è ultimo punto riguarda l’utilizzo delle ricerche su Google come indice statistico su cui basare lo studio. Il fatto che Facebook non appaia più ai vertici delle classifiche delle parole più cliccate sul motore di ricerca non è associabile a un calo degli iscritti. Inoltre, la maggior parte dei clienti di Facebook si trova sul mobile, luogo in cui il social network sta testando una nuova piattaforma pubblicitaria, e nello studio non vi è traccia di questo dato.
Anche Princeton e l’aria stanno per scomparire
Sfruttando lo stesso criterio utilizzato dai due ricercatori di Princeton, Develin ha infine dimostrato che la statistica non porta sempre a conclusioni reali. “Utilizzando la stessa robusta metodologia presente nel documento, – ha spiegato l’esperto – abbiamo cercato di saperne di più su questa “Princeton University”, e non crederete a quello che abbiamo trovato: in linea con il principio scientifico “correlazione = causalità” la nostra ricerca ha dimostrato inequivocabilmente che Princeton potrebbe essere in serio pericolo e scomparire del tutto”. La stessa cosa è stata fatta per il termine “aria” e la conclusione è che “entro il 2060 non ci sarà più aria da respirare”.
“Noi non pensiamo che Princeton o la quantità di aria disponibile nel pianeta stiano per scomparire. – conclude Devine – “Amiamo Princeton (e l’aria) e come scienziati abbiamo voluto dare un riscontro divertente per evidenziare che le ricerche non sono tutte uguali, e che alcuni metodi di analisi possono portare a conclusioni irrazionali”.