Il CEO di Google Erich Schmidt nel suo nuovo libro accusa la Cina di utilizzare sistematicamente gli hacker per lo spionaggio industriale e di impedire ai propri cittadini l’utilizzo di una Rete priva di censura e limitazioni
Google si è sempre dichiarato strenuo difensore di una Rete libera e ora, per bocca del suo CEO Erich Schmidt, accusa la Cina di essere “la superpotenza più pericolosa del mondo”. Nel suo nuovo libro scritto con la collaborazione di Jared Cohen, capo del centro studi Google Ideas, Schmidt ha accusato il Paese asiatico di sfruttare il lavoro degli hacker per avvantaggiarsi sul mercato e di impedire ai propri cittadini di usufruire di una Rete libera. Le stesse accuse erano state mosse dai vertici di Google contro la Corea del Nord, che è stata recentemente svelata da Google Maps.
Schmidt: “La Cina è hacker e censura”
Nel suo libro The New Digital Age, Schmidt è convinto che le nuove possibilità derivanti dalla tecnologia permetteranno anche ai Paesi più poveri di liberarsi dal giogo delle dittature. Da qui la riflessione sul ruolo della Cina nell’ostacolare lo sviluppo di una Rete libera e sull’uso di Pechino di strumenti illeciti, come gli hacker, per avvantaggiarsi sui mercati alle spese delle aziende che rispettano le regole. La Cina viene infatti descritta come “la nazione più attiva ed efficiente nel filtrare le informazioni che raggiungono i suoi cittadini”. Attraverso l’uso di “generazioni di hacker” al soldo del Governo, il Paese asiatico ottiene “vantaggi politici ed economici” con attacchi informatici diretti ad aziende e nazioni straniere. “Le corporation cinesi usano gli hacker a fini di spionaggio guadagnando terreno illegalmente sui rivali americani”, spiega Schmidt.
Bisogna dire che Google, nonostante i nobili intenti e quest’ultimo duro attacco alla Cina, ha comunque chinato il capo nei confronti delle richieste di Pechino eliminando il sistema che segnalava agli utenti cinesi quando un contenuto era stato rimosso.
Il Governo USA aumenta la prevenzione
La tesi di Schmidt sembra sia stata accolta anche dall’amministrazione Obama che ha deciso di intensificare gli sforzi per prevenire attacchi informatici ai sistemi del Paese. Solo negli ultimi giorni sono stati colpiti i sistemi del New York Times, Wall Street Journal e Twitter. Il ministro della Difesa, Leon Panetta, ha aumentato da 900 a 4.900 i dipendenti del Cyber Command, centro che coordina l’attività delle Difesa sul Web. Gli Stati Uniti hanno deciso di cambiare strategia, non si farà più solo prevenzione ma si seguiranno e colpiranno gli avversari. Jeffrey Carr, analista di cybersicurezza ha così descritto la nuova politica: “Obama ha deciso di flettere i muscoli cibernetici”.
La Cina intanto afferma con forza la sua estraneità agli attacchi contro i media statunitensi. Sul quotidiano “Il Popolo” un portavoce del Governo ha dichiarato: “L’America continua ad accusare la Cina di pirateria informatica, semplicemente giocando sulla retorica della ‘minaccia cinese’ nel cyberspazio, non fornendo alcuna nuova giustificazione per la strategia americana di contenere la Cina”.