“Decreto del fare”, un rischio per la privacy?

Secondo il Grante italiano ci sono troppi dubbi sull’utilizzo dei dati personali come intesi dalle ultime scelte legislative. La segnalazione a Governo e Parlamento

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Alcune norme del recente “Decreto del fare” conterrebbero pericoli per le informazioni sensibili di chi utilizzerà nuovi strumenti di accesso alla Rete. A dirlo è Antonello Soro, Garante della privacy che ha segnalato a Governo e Parlamento i possibili rischi per la privacy dei cittadini. Tali pericoli potrebbero derivare da alcune norme contenuti all’interno del decreto e nel Disegno di legge sulle semplificazioni.Le perplessità si Soro arrivano da due articoli del primo decreto che riguardano il “Wi-Fi libero” e il “Fascicolo sanitario elettronico”.

I punti contestati

“L’articolo 10 del decreto legge n.69 del 21 giugno scorso prevede, come già avviene adesso, che quanti offrono accessi a Internet tramite wi-fi (es. bar, ristoranti, alberghi) non debbano più identificare i clienti che utilizzano il terminale. Ma stabilisce al contempo l’obbligo di tracciare alcune informazioni relative all’accesso alla rete (come il cosiddetto “indirizzo fisico” del terminale, MAC Address) che, a differenza di quanto sostenuto nella norma, sono – ai sensi della Direttiva europea sulla riservatezza e del Codice privacy – dati personali, in quanto molto spesso riconducibili all’utente che si è collegato a Internet. Peraltro, l’adempimento richiesto – sottolinea il Garante – non solo grava su una platea considerevole di imprese, ma reintroduce obblighi di monitoraggio e registrazione dei dati che, stabiliti a suo tempo dal decreto Pisanu per categorie di gestori diverse da quanti offrono accesso ad Internet con modalità wireless, sono stati successivamente soppressi anche in ragione delle difficoltà e degli oneri legati alla loro applicazione”. 

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Fascicolo Sanitario accessibile

Opposizione anche rispetto all’art.17 dello stesso decreto che modifica alcune disposizioni in materia di Fascicolo sanitario elettronico (Fse). “La nuova norma – dice Soro – prevede che, a fini di ricerca epidemiologica e di programmazione e controllo della spesa sanitaria, le Regioni e le Province autonome, il Ministero del Lavoro e il Ministero della Salute possano accedere alle informazioni sanitarie presenti nel Fse di tutti gli assistiti, compresi i documenti clinici prima espressamente esclusi. In questo modo tali amministrazioni si troverebbero ad utilizzare una enorme mole di dati sensibili (ricoveri, accessi ambulatoriali, referti, risultati di analisi cliniche, farmaci prescritti) che, per quanto non immediatamente riconducibili agli interessati, non sono indispensabili per il raggiungimento di finalità diverse da quella della cura”.