Combattere la sclerosi multipla con staminali prelevate dalla pelle

Un’equipe di ricercatori del San Raffaele è riuscito con alcune staminali prelevate dalla pelle ad agire localmente sull’infiammazione del cervello. Il procedimento potrebbe essere ideale per la cura della sclerosi multipla

Per la sclerosi multipla le terapie disponibili fino ad oggi si concentrano soprattutto sulla fase 
infiammatoria, quella nella quale cioè la malattia non è ancora entrata in fase progressiva. Un gruppo di ricercatori del San Raffaele di Milano, coordinati dal direttore della divisione di Neuroscienze dell’ospedale, Gianvito Martino, ha dimostrato che è possibile riprogrammare (seguendo la via indicata dal premio Nobel Shinya Yamanaka) cellule della pelle affinché, divenute cellule staminali del cervello, liberino un potenziale terapeutico nelle malattie del sistema nervoso centrale, come appunto la sclerosi multipla. 

L’Ospedale San Raffaele di Milano ha dimostrato ancora una volta di essere all’avanguardia nella sperimentazione di nuove tecniche di cura. I ricercatori dell’ateneo meneghino erano riusciti a creare un pancreas di riserva grazie al midollo osseo del paziente e ora l’equipe guidata dal direttore della divisione di Neuroscienze dell’ospedale, Gianvito Martino, potrebbe aver trovato un nuovo ed efficace metodo di cura per la scelrosi multipla, che Cosmo ha confermato non ha alcun legame con la Ccsvi.

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Staminali dalla pelle contro la sclerosi multipla

I ricercatori sono riusciti a prelevare cellule staminali dalla cute utilizzando il metodo che è valso l’anno scorso il premio Nobel a Shinya Yamanaka. Gli scienziati hanno praticato una procedura simile alla puntura lombare in alcuni topi e una volta inserite nell’organismo dell’animale le cellule indifferenziate hanno prodotto una molecola chiamata LIF (Leukemya Inhibitor Factor) in grado di colpire localmente l’infiammazione e fermarne così la diffusione nel cervello. Una volta perfezionata, la procedura, che non dovrebbe causare problemi di rigetto, potrebbe curare malattie del sistema nervoso centrale come appunto la sclerosi multipla, i cui effetti pare possono essere leniti dall’uso di marijuana.

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“Il nostro lavoro ha confermato il potere terapeutico delle cellule riprogrammate anche nelle malattie neurologiche infiammatorie, – ha spiegato al Corriere della Sera Martino – evento che non era facile da prevedere perché non si sapeva ancora se la riprogrammazione in laboratorio avrebbe potuto di per sé modificare le potenziali caratteristiche terapeutiche di queste cellule rendendole, in un certo senso, più ‘fragili’ e quindi meno performanti perché più suscettibili ad essere danneggiate loro stesse dal processo infiammatorio”.