Andrea Nardinocchi, intervista al cantaproduttore di Sanremo

Cantaproduttore, così si definisce Andrea Nardinocchi. Si è fatto conoscere con il brano “Un posto per me”, è approdato tra i giovani a Sanremo con “Storia impossibile” e, dulcis in fundo, pubblica il 14 febbraio l’album di debutto “Il momento perfetto”. La sua musica nasce da computer, loopstation, launchpad e controller midi, insomma dalla tecnologia. Eppure, a proposito di strumenti hi tech, lo stesso Andrea ci dice che “l’apparenza inganna”.

«Per comporre uso la tecnologia ma sono quanto di più distante ci sia da un nerd»

Aspettatevi tutto e il contrario di tutto da Andrea Nardinocchi. E’ una persona interessante, ancor prima che un cantautore e produttore da scoprire o, come si definisce lui, cantaproduttore. Non appena è apparso sulla scena ha strappato applausi: sono passati pochi mesi dal suo esordio musicale ed eccolo qui, al Festival di Sanremo. Ama la tecnologia ma non ne è schiavo, apprezza la musica ma non concepisce la divisione in generi, del suo disco parla come di “una raccolta di quadri tutti diversi per temi affrontati e sonorità”. Le definizioni non servono a capirlo, bisogna ascoltarlo.

Partiamo dal fatto che la musica, da bambino, non era la tua passione: la scopri nell’adolescenza, ti armi di computer e ti tuffi nella nuova avventura.

Sentivo la necessità di fare musica e avevo la curiosità di cantare, quindi ho usato il vecchio computer che avevo a casa: da lì è venuto il resto, controller midi, loopstation, launchpad e altro. L’apparenza inganna, non sono tecnologico come sembra e sono quanto di più distante ci sia da un nerd.

Da un nerd certamente: per definizione, i nerd passano la giornata davanti al pc, sono portati per le scienze e negati nello sport (Andrea è stato campione di freestyle basket, nda). Ma è dalla tecnologia che nasce la tua musica…

Può sembrare assurdo ma il mio approccio agli strumenti tecnologici è del tipo ‘mi serve e lo uso’. Sono allergico ai libretti di istruzioni: prendo un aggeggio e mi metto a usarlo finchè non esce un suono come quello che sto cercando. Magari ci metto una settimana invece di 5 minuti, ma le istruzioni non le leggo.

Hai studiato musica?

Sì, ma a modo mio, seguendo la mia istintività. Suono il pianoforte, mi serve per comporre le canzoni e accompagnarmi.

Venendo ai social network, come vivi il tuo rapporto con queste realtà web, oggi imprescindibili per chi vuole comunicare con il pubblico?

Devo diventare più social, perché appunto è una necessità. Voglio comunicare e condividere contenuti, utilizzando Facebook e Twitter, che sono la linea diretta principale di interfaccia con il mondo. Mi piace il loro essere mezzi di comunicazione molto diretti. Però il diario che hanno introdotto su Facebook lo trovo confuso, non mi ha convinto… credo che un’impostazione basata sulla semplicità sia quella vincente.

E hai pensato a una presenza sul nuovo My Space?

Ho visto uno spot al cinema sul restyling della piattaforma. Sono perplesso, però, su un ritorno in grande stile di My Space: semplicemente, credo che ormai il mondo social sia egemonizzato dai tre colossi – Facebook, Twitter e YouTube. Emergere, o riemergere, credo sia difficile.

Cosa troveremo nel tuo album “Il momento perfetto”?

Tante sonorità differenti e temi diversi: ogni canzone è come un quadro, a volte pop-rock, a volte trip hop, prog, dubstep o swing. Non amo definire i generi musicali, è una cosa che non faccio perché per me non ha senso. La mia musica è un insieme di tante cose: al Festival avrò un riscontro immediato, vedrò se piace o meno.

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