Come la realtà virtuale può aiutarci a uscire fuori dal blocco pandemico

Come la realtà virtuale può aiutarci a uscire fuori dal blocco pandemico

In alcune zone del mondo vari centri già sperimentano il VR per cure mentali, sempre più necessarie con i lockdown odierni

A causa della pandemia da Covid-19, la tecnologia ha visto un ruolo crescente nell’assistenza sanitaria, con l’attuale crisi globale che ha portato ad un nuovo livello di interesse nelle soluzioni basate sul VR. Non è una vera novità: negli ultimi anni, la realtà virtuale ha già iniziato a essere utilizzata per assistere nel trattamento di problemi di salute mentale, come disturbi d’ansia e fobie. Infatti, proprio le fobie vengono spesso trattate utilizzando l’esposizione graduale allo stimolo della paura, con il VR (assieme alla realtà aumentata) che si è posta come metodo di assoluto rilievo nel supportare questa forma di trattamento.

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Molte soluzioni permettono di accedere a simulazioni digitali dello stimolo alla paura, in modo molto controllato, adattato con precisione alle esigenze di ogni singolo paziente. Centri specializzati, come il Virtual Reality Medical Center in California, supportano una serie di cliniche psicologiche per fornire terapia VR per una vasta gamma di paure, così come gli ospedali della rete britannica NHS e, in Italia, il network dell’Istituto Auxologico. Le stesse applicazioni, oggi, possono essere applicate al blocco mentale dovuto a quello fisico, come conseguenza dei vari lockdown.

Come funziona il VR per la crisi

Ad esempio, l’Università di Alberta ha recentemente riferito che i trattamenti di salute mentale a distanza per i lavoratori in prima linea stanno fornendo risultati paragonabili alle terapie faccia a faccia. E, oltre ad aiutare lo stato psicologico, è stato dimostrato che la realtà virtuale può supportare anche la riabilitazione fisica e cognitiva, con molte applicazioni adottate per programmi terapeutici, come il monitoraggio dei movimenti del corpo attraverso sensori remoti. Sistemi come questi possono essere utilizzati sia a scopo diagnostico che terapeutico e potrebbero aprire la strada alla diagnosi precoce di alcuni disturbi fisici o mentali.

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È probabile che ci sarà una crescente domanda di servizi sanitari e un maggiore desiderio di supporto per il benessere, non solo per la “salute”. Esiste già un’ampia gamma di soluzioni tecnologiche per soddisfare questo scenario, dall’IoT healthcare alle app. Tuttavia, la difficoltà attuale è spesso quella del sapere cosa scegliere e quali dispositivi usare, se più o meno indicati per la tipologia di cura o generali. Urge anche regolamentare il mercato, soprattutto dal lato della produzione e certificazione visto che, mai come oggi, la giungla dei device “per la salute” è quanto mai ricca di proposte, più o meno valide.

Una maggiore personalizzazione dell’assistenza sanitaria è già stata supportata utilizzando l’intelligenza artificiale e l’analisi dei “big data”. Più si capiranno le differenze nel modo in cui le persone utilizzano e rispondono agli interventi, più gli studi e medici saranno in grado di ottimizzarli per ogni persona. Questo tipo di analisi si presta anche alla rilevazione di anomalie e cambiamenti comportamentali, che potrebbero ricadere nel sistema diagnostico precoce. Una maggiore enfasi sulla prevenzione e la diagnosi precoce diventerà sempre più necessaria, man mano che il mondo si allontana da un sistema sanitario unico, verso uno proattivo e adattivo di prevenzione e cura.