In che modo WhatsApp ha venduto la nostra privacy a Facebook

WhatsApp supera Facebook come social più popolare

Il fondatore del client, passato poi nelle mani di Zuckerberg, svela cosa è successo subito dopo l’acquisizione. “Non ci dormo ancora la notte”

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Di recente, il fondatore di WhatsApp, Brian Acton, ha parlato di ciò che è diventata la sua creatura dopo averla venduta a Facebook. In un’ampia intervista su Forbes, l’imprenditore racconta le mire di Zuck circa il desiderio di fare soldi con l’app, passata da un abbonamento annuale irrisorio a un utilizzo gratuito e senza limiti. A quanto pare, quello che si temeva potesse accadere è avvenuto davvero qualche tempo fa, quando Facebook ha chiesto, e ottenuto, di legare le informazioni della piattaforma di messaggistica con quelle del social network, così da incrociare i dati dei rispettivi iscritti.

“Ho venduto la privacy dei miei utenti per ottenere un vantaggio maggiore – ha spiegato Acton – la decisione è stata mia e non ci dormo la notte”.  Secondo la notizia, Zuckerberg avrebbe rivelato ad Acton di voler inserire dentro WhatsApp una sorta di pubblicità, simile a quella in giro sulla rete social. Il ragazzo però, avendo impostato il client per rispondere a requisiti di privacy e protezione dei dati, sentiva che l’obiettivo di Zuck non fosse così in linea con la sua idea di business.

Cosa è successo

Ad ogni modo, entro il 2019 tra una chat e l’altra vedremo i tanti temuti adv personalizzati, incrociati evidentemente con le informazioni gestite da Facebook. Nonostante la compagnia continui con l’affermare che ci sarà sempre un alto grado di protezione delle chat, grazie alla crittografia end-to-end, i dubbi in merito a un accesso privilegiato restano. Pare infatti che gli inserzionisti potranno beneficiare di elementi avanzati di analisi che, per forza di cose, dovranno pescare nei dati degli utenti ai fini di costruire un’offerta ad-hoc.

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Tuttavia, Facebook sa di non poter commettere altri passi falsi dopo le recenti vicende di Cambridge Analytica, che hanno messo in evidenza un modus operandi sin troppo lascivo da parte dei team di sicurezza, non pronti a proteggere le informazioni degli iscritti dinanzi a raccolte intrusive, peraltro perpetrate con mezzi subdoli, privi di una certa trasparenza verso obiettivi e finalità.