Grindr ha trasferito alcuni dati degli utenti, compresi quelli relativi a posizione e sieropositività, ad altre aziende che la supportano nell’ottimizzare il servizio
Mentre il mondo si interroga sul caso Cambridge Analytica, si scopre che la privacy online è ancora più in pericolo di quanto si pensasse. Da un’indagine condotta dal gruppo no profit norvegese Sintef e dall’emittente svedese Svt è emerso che Grindr, l’app di dating online rivolta alla comunità omosessuale, ha condiviso alcuni dati dei suoi utenti a due aziende terze. Tra le informazioni cedute dal software per smartphone ci sarebbero anche la posizione Gps ma soprattutto indicazioni in merito alla sieropositività. Grindr infatti permette agli iscritti di mostrare la data e il risultato dell’ultimo test per l’HIV effettuato.
L’app per appuntamenti avrebbe condiviso i dati con Apptimize, società che si occupa di ottimizzare l’esperienza degli utenti per diverse app, e con Localytics, azienda che fornisce uno strumento per l’analisi e valutazione delle prestazioni. I dati, compresi quelli relativi all’HIV, sono stati ceduti con la protezione della crittografia. Bryce Case, responsabile per la sicurezza di Grindr, ha confermato al sito Axios che il trasferimento dei dati è stato interrotto e che i dati sulla sieropositività sono stati rimossi da Apptimize. Lo stesso avverrà a breve anche con quelli conservati da Localytics. L’app per il dating respinge però il paragone con lo scandalo Cambridge Analytica che ha travolto Facebook in quanto i dati per gli utenti non sono stati venduti a terzi né utilizzati a scopo pubblicitario. Case ha sottolineato che c’è un’enorme differenza tra “piattaforma software che utilizziamo per scopi di debug e ottimizzazione”, e “un’azienda che cerca di influenzare le elezioni”.
Per quanto riguarda Facebook, il social network ha confermato che Cambridge Analytica ha effettivamente sfruttato informazioni personali di 50 milioni di americani per inviargli messaggi di propaganda mirati e favorire la vittoria di Donald Trump. Ieri il CEO di Menlo Park, Mark Zuckerberg, ha ammesso che ci vorranno anni per risolvere tutti i problemi della piattaforma ma ha respinto le accuse di Tim Cook, numero uno di Apple, riguardo l’utilizzo poco etico dei dati per guadagnare con la pubblicità.