In un mondo sempre più digitale, dove l’impiego della carta si è ridotto in modo notevole grazie alla dematerializzazione, il governo dei processi costituisce uno dei principali motori dell’attività delle aziende moderne. La svolta digitale della gestione documentale per processi più efficienti. Focus su automazione, semplificazione, sicurezza e protezione dei dati
Dematerializzare significa prima di tutto digitalizzare i processi. Senza richiamare alla memoria ancora una volta il modello ideato da Wang nel secolo scorso, vale però la pena ricordare da dove ha preso le mosse il grande sforzo progettuale che ha portato a una diminuzione dell’impiego della carta nelle aziende di tutto il mondo. Si tratta del tentativo, coronato da successo alcuni decenni più tardi, di ottimizzare risorse, processi e costi aziendali legati alle attività quotidiane delle aziende stesse. Anche la pubblica amministrazione, per esempio, ha ormai da tempo abbracciato il paradigma GED, della Gestione elettronica dei documenti, consigliando o in alcuni casi addirittura obbligando imprese e singoli cittadini a ricorrere alla documentazione elettronica per la redazione e la consegna agli uffici pubblici di atti e procedure relativi alla propria attività. Si veda ad esempio la Legge 244/2007 che obbliga le amministrazioni pubbliche a non pagare fatture non emesse in formato elettronico. A che punto è, in realtà, l’adozione dei processi di dematerializzazione nella vita di tutti i giorni? Ne abbiamo parlato con Sergio Patano, senior research & consulting manager di IDC Italia.
LA DEMATERIALIZZAZIONE VISTA DA IDC
Dematerializzare significa ovviamente prima di tutto spostarsi dal formato fisico a quello digitale delle informazioni. Tutto questo si lega alla famosa “Digital Transformation” che oggi è al centro delle discussioni praticamente in tutti i consessi e soprattutto quando si parla di processi ICT. Chiediamo a Sergio Patano, qual è il punto di vista di IDC su questi temi: «La digitalizzazione è un fenomeno che sta investendo le aziende già da diverse decadi. Tuttavia, la forza che sta dimostrando in questi ultimi anni è davvero impressionante». Lo evidenziano le cifre – ripetute spesso – sui trend di creazione e gestione delle informazioni nel cyberspazio. «L’universo digitale – continua Patano – è in continua e costante espansione, tanto che IDC prevede che documenti, dati e informazioni passeranno da 9 zettabyte (ZB, cioè 10 21 byte, ndr) del 2015 a 44 ZB nel 2020 per arrivare a 180 ZB nel corso del 2025». Si tratta di una crescita dei volumi di informazioni trattati dai sistemi informativi che non ha precedenti nella storia dell’umanità e che oggi è generata non solo dalla mole di documenti creati nell’ambito delle organizzazioni o dalle sorgenti di dati non strutturati, tra cui i post pubblicati sui siti social o le foto e i video realizzati da privati e aziende, ma anche dalla nuova sorgente di dati legata al paradigma IoT, che sta sempre di più diventando una componente importante della nostra vita quotidiana, professionale e non. In questo caso, a produrre dati, che poi vengono tradotti in informazioni da opportuni sistemi di elaborazione, sono i sensori collocati nei punti più diversi dello spazio quotidiano, dalle automobili ai semafori, dalle macchine utensili di produzione ai sistemi di rilevamento. Questi dati devono poi essere «immagazzinati, gestiti, analizzati e resi sicuri, per far sì che non siano solo un costo per l’azienda – aggiunge Patano – ma che possano contribuire a generare valore e nuovi revenue stream». La carta «continua a sopravvivere» in vari contesti aziendali nonostante le previsioni. Ma le inefficienze prodotte dai processi documentali tradizionali e la velocità raggiunta dalle transazioni di business odierne rendono necessario abbracciare il nuovo paradigma della dematerializzazione applicato a tutti gli ambiti operativi e, perché no, strategici. Per avere un’idea di quali siano le aree maggiormente interessate da questa evoluzione, basti pensare, per esempio, alla difficoltà «che si incontra nel condividere documenti tra le varie business unit e all’esterno con clienti, partner e fornitori».
Non solo. «Occorre considerare anche il tempo speso dai knowledge worker per classificare, compilare, ricercare e formattare correttamente i documenti, gli errori che tali attività manuali possono comportare, i costi in termini di riduzione della produttività ma anche di archiviazione fisica dei documenti cartacei». In tutti questi casi, la dematerializzazione rappresenta sicuramente una possibile (e, anzi, auspicabile) soluzione. A questo proposito, le indagini condotte da IDC evidenziano come le aziende stiano affrontando il problema da due differenti punti di vista: il primo, che «mira alla trasformazione intelligente in digitale dei documenti cartacei, attraverso non solo gli strumenti più tradizionali, quali scanner stand-alone o stampanti multifunzione, ma anche attraverso le nuove funzionalità di print & scan di cui i device mobili (tablet e smartphone) possono essere dotati». Il secondo, che mira a «generare direttamente in digitale i documenti, frutto di una qualunque transazione informativa (sia essa la sottoscrizione di un servizio e di un contratto, l’acquisto di un prodotto e le comunicazioni tra privati e PA), attraverso l’implementazione di soluzioni di firma digitale (anche grafometrica) di form elettronici, di cattura di informazioni da portali e siti web». Tutte le soluzioni di cui abbiamo parlato hanno l’obiettivo di soddisfare le esigenze legate alla raccolta delle informazioni, ma a queste se ne aggiungono altre, prosegue Patano, che hanno a che fare con «la propensione delle aziende ad andare a investire in soluzioni di automazione dei workflow documentali e di business process management (BPM)». In effetti, guardando ai risultati dei sondaggi IDC, si scopre che le aziende che hanno già intrapreso questo percorso evolutivo hanno ottenuto numerosi vantaggi, ricavati dall’aver scelto di implementare soluzioni «legate al concetto più ampio della dematerializzazione e dell’automazione dei processi». Tra i vantaggi citati da IDC troviamo: 1) la riduzione, in misura superiore al 40%, dei documenti cartacei prodotti e circolanti entro l’azienda e dei relativi costi di stampa; 2) un risparmio di tempo speso in attività document intensive. Le analisi IDC evidenziano come in media le aziende intervistate lo abbiano quantificato in oltre tre ore settimanali; 3) la riduzione pari al 50% circa degli errori manuali; 4) un recupero molto più rapido (12%) delle informazioni; 5) una diminuzione (41%) dei costi di archiviazione; 6) un conseguente incremento di produttività, quantificabile in oltre il 40%.
La gestione documentale intercetta anche il mondo della sicurezza e della privacy, che vivono di un reciproco scambio di processi. Il miglioramento di aspetti legati al rispetto delle policy aziendali e della protezione dei dati, rappresenta – come sottolinea ancora Patano – «un tema molto caldo in Europa, soprattutto in vista del rapido avvicinarsi della scadenza, fissata al 25 maggio 2018, per l’adeguamento al GDPR, il regolamento generale sulla protezione dei dati». Secondo IDC, in sintesi, la dematerializzazione rappresenta solo una faccia della medaglia per quanto riguarda la gestione documentale nel suo complesso. Sembra che le aziende siano consapevoli di quali saranno i vantaggi portati da efficaci soluzioni di gestione dei documenti, sia in termini di produttività, riduzione dei costi e incremento della soddisfazione di clienti e degli impiegati. Infatti, molti stanno focalizzando i propri investimenti e la propria attenzione su soluzioni tecnologiche in grado di automatizzare e semplificare i processi aziendali. «È importante mettere in evidenza che tali soluzioni non possono da sole risolvere i problemi se non sono accompagnate da un processo di change management che aiuti gli utenti a comprenderne i reali benefici e che aiuti a portare miglioramenti incrementali per l’azienda» – conclude Patano.
ELEMENTI DI UN PROGETTO DI DEMATERIALIZZAZIONE DI SUCCESSO
Attenendoci a quanto il mercato ICT ha mostrato sinora, possiamo affermare che alcune caratteristiche facilmente rilevabili sono in grado di dimostrare quando un progetto di dematerializzazione sia in grado di centrare gli obiettivi prefissati o meno. Gli aspetti da tenere in considerazione sono, a nostro parere, essenzialmente tre. Il primo: l’aumento di efficienza riscontrato dagli utilizzatori e dal management e la conseguente riduzione dei tempi di elaborazione. Il secondo: la riduzione dei costi di gestione delle informazioni. E il terzo: l’adeguamento e il rispetto delle normative vigenti. Per quanto riguarda l’efficienza, si tratta di un parametro che è abbastanza facile valutare. Ci si può basare sulla semplice misura dei tempi necessari per creare e diffondere un documento, per esempio, una fattura esterna da fornitore. Se arriva in formato cartaceo, il documento dovrà ovviamente essere digitalizzato attraverso l’impiego di uno scanner adeguato, da scegliere in base ai volumi di documenti trattati al giorno/settimana/mese, grandezza solitamente legata alla dimensione dell’azienda in cui si opera. Anche la riduzione dei costi rappresenta una quantità misurabile, almeno con buona approssimazione, senza grosse difficoltà. Certo, in un processo documentale sono coinvolte molteplici fasi e un numero variabile di persone che devono esaminare, elaborare e archiviare i documenti in base alla tipologia e quindi i costi indiretti caricabili sul singolo documento sono a volte complessi da determinare, ma comunque spesso i risparmi sono talmente notevoli che basta una valutazione di massima. Infine, l’adeguamento normativo è forse la fase più complessa, dal momento che occorre tenere conto sia delle leggi nazionali che di quelle europee. Oggi – però – il panorama delle norme legate alla gestione dei documenti è piuttosto ben tracciato e completo per molti versi. A partire dalla legge, di cui abbiamo già parlato, che sancisce l’obbligo di ricorrere alla fatturazione elettronica nei rapporti con la PA.
Volendo fare il punto con precisione sugli aspetti normativi coinvolti, possiamo citare uno dei capisaldi della trasformazione digitale nella pubblica amministrazione, il cosiddetto Codice dell’amministrazione digitale (CAD), emanato nel 2005, che ha introdotto la dematerializzazione dei documenti della PA con l’Articolo 42: “Le pubbliche amministrazioni valutano in termini di rapporto tra costi e benefici il recupero su supporto informatico dei documenti e degli atti cartacei dei quali sia obbligatoria o opportuna la conservazione e provvedono alla predisposizione dei conseguenti piani di sostituzione degli archivi cartacei con archivi informatici nel rispetto delle regole tecniche adottate ai sensi dell’articolo 71”. Uno dei primi passi nell’implementazione di un sistema di gestione elettronica dei documenti è poi, nella PA, affrontare il problema della “protocollazione”, intesa come il processo di memorizzazione delle informazioni relative a un determinato documento all’interno del Registro di Protocollo, per certificare provenienza e data di acquisizione del documento stesso, mediante informazioni numeriche e cronologiche. Infatti, ha sempre meno senso limitare il processo di dematerializzazione alla trasformazione dei documenti dal formato cartaceo a quello elettronico. Dematerializzare significa prima di tutto digitalizzare i processi legati ai documenti. Perciò è importante considerare in che modo sia possibile trasferire sul piano virtuale gli step che si devono percorrere per ottemperare alle procedure documentali in ogni ambito, partendo da quello degli atti ufficiali e quindi della PA. L’argomento è talmente caldo e importante da essere stato incluso tra i temi dell’Agenda Digitale Italiana, in termini del suo impatto sulla riduzione della spesa pubblica.
DEMATERIALIZZARE I PROCESSI
Esaminando le attività document intensive, cioè che prevedono un importante utilizzo di documenti all’interno di un’azienda, la vendita e successiva fatturazione di un bene o di un servizio è per esempio quella che si presta immediatamente a una valutazione dal punto di vista dei processi coinvolti. Si parte dalla gestione dell’ordine da parte del cliente, che deve sempre essere supportato da un documento di offerta generato dal fornitore, contenente una descrizione precisa dei prodotti e delle quantità, con prezzi e modalità di fornitura, completato dall’accettazione formale della stessa. Seguirà poi la distinta, che deve dettagliare tutti i componenti dell’ordine: prodotti, accessori, condizioni di pagamento, trasporto e così via. A questo punto, parte il processo di evasione dell’ordine, che coinvolge fabbrica, amministrazione, logistica, risorse umane e direzione commerciale. Ogni settore aziendale svolge una parte del processo complessivo, che sia la registrazione e la contabilizzazione dell’ordine, il calcolo delle provvigioni per i funzionari commerciali coinvolti, l’applicazione di sconti previsti dall’offerta o legati al determinato cliente, la produzione e/o il prelievo dal magazzino corretto di quanto ordinato, l’aggiornamento delle giacenze di magazzino, la composizione del lotto comprensivo di accessori ed eventuali materiali di consumo, l’imballaggio, la preparazione del documento di trasporto (DDT) e, infine, la spedizione e la consegna al cliente, seguita dalla fatturazione e dall’incasso del prezzo pattuito da parte dell’amministrazione. Si comprende quindi facilmente che la semplice digitalizzazione dei documenti non può che costituire uno degli step, per quanto indispensabili, della corsa verso una reale trasformazione digitale del modo di operare odierno, qualsiasi sia il tipo di attività che si conduce e qualsiasi sia l’ambito in cui si lavora o ci si muove.
VALIDITÀ GIURIDICA DEI DOCUMENTI E DEMATERIALIZZAZIONE
Tornando per un attimo a parlare degli aspetti più legati alla pubblica amministrazione e quindi agli atti ufficiali, occorre sottolineare come l’accettazione dei documenti e dei processi digitali nelle transazioni poggi sulla loro validità e rilevanza giuridica, quindi a tutti gli effetti di legge, che essi devono necessariamente avere per sostituire a pieno titolo i processi cartacei tradizionali. Sempre prendendo in esame il decreto legislativo 7 marzo 2005. n. 82 (il già ricordato CAD), all’articolo 1, lettera p, si legge che per “documento informatico” si deve intendere “il documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti”. In altri termini, i documenti elettronici sono a tutti gli effetti equivalenti e sostituibili a quelli cartacei, sia che siano derivati da questi ultimi tramite digitalizzazione (scanner), sia che vengano generati direttamente per via elettronica e su supporto digitale. Quindi in tutti i casi, un documento informatico, contenente le informazioni necessarie ad abilitare un processo, ha una validità completa anche dal punto di vista legale e dev’essere accettato da tutti gli attori coinvolti nel processo stesso. La gestione di tutti gli aspetti informatici e delle ottimizzazioni coinvolte fa parte di quella categoria di soluzioni software – per le imprese ben nota – e che viene identificata con il già citato acronimo BPM.
CONCLUSIONI
Abbiamo visto una rapida carrellata dei problemi e degli ostacoli che deve superare un progetto di digitalizzazione dei processi aziendali che partendo dalla Gestione elettronica dei documenti (GED) arrivi alla digitalizzazione e alla gestione in chiave BPM. Naturalmente, il quadro tracciato è tutt’altro che esaustivo, trattandosi di un settore in rapida e continua evoluzione sia dal punto di vista tecnologico sia normativo. Quello che rende ottimisti sul futuro è che, una volta tanto, l’Italia non è rimasta alla finestra aspettando di vedere cosa sarebbe successo nel resto del mondo e, soprattutto, in Europa, ma ha rapidamente assorbito le idee più innovative messe in campo dalle tecnologie ICT e le ha implementate in leggi e normative che possono aiutare concretamente le aziende italiane a competere con le cugine estere. In tutto questo, un forte aiuto è venuto dal fatto che nel nostro Paese operano praticamente tutte le maggiori multinazionali attive sul mercato ICT odierno, alcune anche con una forte impronta italiana ed europea. Così sono state velocemente recepite leggi come la direttiva 1999/93/EC sull’impiego della firma elettronica per autenticare i documenti e le transazioni collegate e la direttiva 2006/123/EC che crea i “point of single contact” (PSC), attivati da ogni stato membro dell’Unione Europea per facilitare le transazioni elettroniche attraverso i rispettivi confini grazie a tecnologie di identificazione, autenticazione e firma totalmente elettroniche. La questione, ancora una volta, è quanto efficaci saranno le misure prese per agevolare la collaborazione tra gli stati membri, imprese e cittadini comunitari in un campo dove il lavoro in team risulta veramente strategico per garantire il successo dei progetti futuri. Infine, vale la pena citare le direttive più recenti come la 2010/45/EU, riguardante la fatturazione elettronica e le modalità per garantirne l’autenticità e l’integrità o la 2014/55/EU, che sancisce il fatto che, entro il 27 novembre 2018, tutti gli stati membri della UE dovranno accettare e adottare la fatturazione elettronica in tutte le transazioni con le amministrazioni pubbliche (B2G). Riguardo a quel che ci aspetta per il futuro della dematerializzazione, possiamo esprimere un cauto ottimismo, basato su quello che le tecnologie ICT ci hanno portato fino a oggi e constatando che aziende e governi, per una volta, sembrano muoversi in accordo su un terreno che può rivelarsi complesso e insidioso. Del resto, lo sviluppo delle soluzioni dedicate a questo settore di mercato è stato e continua a essere notevole e costante. Citando Malcolm X, se «il futuro appartiene a coloro che si preparano ad affrontarlo», allora non ci resta che prepararci nel modo migliore.