Entro la fine di gennaio il social network cercherà di andare incontro alle richieste dei regolatori di Mosca per riaprire il proprio business nel paese
Sappiamo quanto le leggi web della Russia siano stringenti, soprattutto nei confronti delle multinazionali che servono già nel resto d’Europa. Per questo Putin ha da sempre appoggiato la riproduzione, quasi fedele, di piattaforme come Google e Facebook, che da queste parti si chiamano Yandex e VKontakte. In tal modo, il governo ha il pieno controllo sui contenuti prodotti dagli utenti, sugli eventuali disservizi e informazioni che passano in entrata e in uscita dai server. Si tratta di un panorama che la libertà di espressione non può tollerare, in un’epoca che vede il sorgere di tanti piccoli Grandi Fratelli. Il business però ha i suoi obiettivi e l’immenso mercato russo non può rimanere escluso dalle mire dei big. Zuckerberg e lo sa ed è il motivo per cui volerà (lui o i suoi intermediari) entro la fine di gennaio a Mosca per capire fin dove si può arrivare con le richieste mosse dal regolatore delle comunicazioni del paese.
Cosa succede
Il primo passo sarà il più difficile: permettere che i server di qualche agenzia russa diventino depositari delle informazioni dei connazionali registrati a Facebook. Questa è la richiesta principe, su cui intavolare tutto il resto. Roskomnadzor, l’organo federale per la supervisione dei servizi di comunicazione di massa, nel recente passato, ha già azionato le norme in materia di resilienza dei dati all’interno del paese. Uno degli ultimi a cadere sotto i colpi della burocrazia moscovita è stato LinkedIn, bloccato per non aver rispettato le leggi nazionali. Se l’intento è quello di tornare disponibile in Russia, Facebook dovrà sottostare a take diktat, con un’evidente rischio di privacy nei confronti dei navigatori che, nonostante l’esperienza del chiuso VKontakte, si ritroveranno su una piattaforma dall’apparenza occidentale ma fortemente contagiata dal controllo dello zar.