Il 2016, votato alla trasformazione e all’innovazione. Arriva una nuova fase dei venture capital e questa volta le regole sono dettate dalle criptomonete
Non si fa in tempo a leggere l’ultima novità nel mondo del private equity che subito spunta un’altra notizia. Non c’è proprio il tempo di annoiarsi. Occorre pertanto affrettarsi e accelerare il passo se non si vuole rimanere troppo indietro. Quel che è certo è che i cambiamenti sono dietro l’angolo, già si percepiscono e si potrebbe quasi parlare di una nuova generazione. L’era del Venture Capital 3.0. E a questo forse ancora non siamo pronti. Certamente, è ancora troppo presto per affermare l’avvio di una simile stagione del mondo del private equity ma è anche vero che tutto è fermo, “e pur si muove”! Di cosa stiamo parlando? Cos’è che si muove? Prestate bene attenzione e rizzate le orecchie. Sembra, infatti, che si stia sviluppando e diffondendo una nuova strategia che sta tentando o, meglio ancora, vuole farsi strada nel panorama delle politiche di azione finora intraprese e sperimentate dai venture capital. Una nuova strada ancora non battuta. è quella che oggi viene chiamata la “via dell’offerta iniziale di denaro”, la cosiddetta “ICO”, ovvero anche “initial coin offer”.
Ma di cosa si tratta precisamente?
In realtà, una definizione netta e rigorosa risulta essere un’impresa ardua e ciò in quanto è ancora tutto in profondo divenire e inevitabile mutamento. Occorre prendere atto che una ICO sia senza dubbio un sistema misto, caratterizzato in parte dal crowdfunding, in parte dallo sviluppo di token, di programmi e dispositivi di sicurezza, in parte, ancora, dalla speculazione. Si potrebbe forse definire una sorta di IPO per le criptovalute. Ma come funziona questo nuovo sistema di private equity? Procediamo per gradi. Il primo passo è senza dubbio rappresentato dalla squadra di una startup tecnologica che crea una ICO, utilizzando una piattaforma software basata sulla Blockchain, normalmente aperta. La piattaforma è alimentata da programmi di sicurezza basati sulla crittografia – detti crittografi. Il team della startup procede, quindi, con un foglio bianco, ovvero inizia a descrivere la propria idea, illustrando il progetto nei dettagli tecnici al fine di consentire una ulteriore revisione da parte della comunità che utilizza le cripto-monete e, talvolta, viene anche elaborato un prototipo. Nella fase successiva, il team della startup cerca di supportare la piattaforma offrendo in anteprima, e spesso a prezzo scontato, l’utilizzo di tali programmi di sicurezza. L’offerta di tali sistemi a un prezzo modico, affinché gli utenti possano sperimentarli, determina senza dubbio un aumento della domanda. Si tratta di progetti che si auto alimentano sostanzialmente. Due piattaforme australiane basate sulla blockchain, Incent e ChronosBank, hanno raccolto rispettivamente ben più di un milione e sette milioni di dollari in questo modo negli ultimi sei mesi, senza avere la necessità di richiedere una iniezione di capitale di rischio tradizionale.
Quindi, una sorta di Crowdfunding?
Non proprio. Nonostante le offerte iniziali di moneta, ovvero le ICO, possano sembrare simili a una campagna Kickstarter, presentano comunque un loro risvolto speculativo. Una volta che l’ICO sia stata completata, le piattaforme più forti e solide iniziano a sviluppare un valore materiale e reale che può essere scambiato, una vera e propria moneta. Attualmente, sono presenti in tutto il mondo più di 40 exchange di criptovalute nell’ambito dei quali Poloniex.com è sicuramente il più grande mercato di scambio negli Stati Uniti. Il loro ruolo è quello di stabilire un mercato secondario in cui le principali cripto monete possono essere scambiate per bitcoin in un mercato aperto, in modo molto simile a quanto avviene nei mercati finanziari. Di conseguenza, la maggior parte delle criptovalute ha un valore di mercato che le rende oggetto di scambio secondo il classico trend della domanda e dell’offerta. Quel che sostanzialmente è diverso è che dietro la domanda e l’offerta delle criptomonete è, altresì, presente uno scambio di domanda e offerta legato alla piattaforma della criptomoneta e anche al suo livello di sicurezza.
Le quantità degli scambi sono soggette alle stesse dinamiche delle azioni e del forex. Un mercato in cui le criptomonete principali condurranno la domanda sottostante e le loro azioni di scambio quotidiane determineranno il relativo prezzo. Per fare qualche numero, basti pensare che il valore totale del mercato di criptomonete è attualmente superiore a 83 miliardi di dollari, con i bitcoin che ne rappresentano la parte prevalente (40 miliardi). Tra le prime grandi piattaforme di scambio di criptomonete non si può non menzionare Ethereum, la piattaforma che consente di eseguire “contratti intelligenti”, ovvero i cosiddetti smart contract. Sono contratti che fondamentalmente si eseguono da soli in quanto le istruzioni sono state già definite a priori. Pertanto, potrebbe essere programmato in automatico un trasferimento di soldi al verificarsi di determinate condizioni già predefinite. Chiunque gestisce uno smart contract sulla piattaforma Ethereum paga una piccola tassa per eseguire quel contratto. Nello stadio iniziale, Ethereum ha raccolto circa 18 milioni di dollari, anche se la sua attuale capitalizzazione di mercato è superiore a quattro miliardi di dollari.
Un fenomeno emergente
Quello delle criptomonete è sicuramente un mercato in crescita e i venture capital odierni non possono non prenderne atto. Quindi, invece di essere etichettate come ICO, molte squadre di sviluppatori stanno cominciando a riciclare le loro “crowdsales” come vendite di programmi o di dispositivi, sostanzialmente come “token sales”, sottolineando come le criptomonete e i programmi alla base siano un insieme inscindibile, destinato a crescere e svilupparsi in maniera allineata, procedendo su binari paralleli. Spesso, il prototipo di un programma per lo scambio di criptomonete viene creato ancora prima della criptomoneta stessa. Le offerte di moneta iniziale sono una forma crescente di venture capital, un fenomeno emergente che potrebbe avere importanti e significative implicazioni per il modo in cui gli imprenditori si avvicinano al capitale di rischio. Si tratta di un’area di elevato rischio sia finanziario sia normativo. Un mercato ancora poco conosciuto, e certamente scarsamente regolamentato. Per dirla meglio, le regole ci sono, e sono anche fondamentali, ma non sono quelle tradizionali. Non solo, non è presente la centralizzazione, ma le criptomonete riscrivono il mondo del private equity, dando vita a un mondo sempre più decentralizzato e autoregolamentato. Un nuovo linguaggio che i venture capital devono iniziare ad apprendere per scrivere nuove pagine bianche.