Uber è stato totalmente bloccato in tutta Italia. L’app ha 10 giorni di tempo per fermare le sue vetture
La storia di Uber in Italia potrebbe essersi conclusa bruscamente. L’app di San Francisco ha 10 giorni di tempo per bloccare le sue vetture nel nostro Paese e ogni 24 ore di ritardo gli costeranno 10mila euro. A deciderlo è stato il giudice Alfredo Landi del Tribunale di Roma, che ha accolto il ricorso presentato dai tassisti per fermare un’attività che ritenevano illegale. Il giudice ha confermato che Uber opera in contrasto con la normativa attuale (datata 1992) e si avvale di un “indebito vantaggio” rispetto ai tassisti in quanto non è soggetto a tariffe prestabilite.
Dopo lo stop nazionale per UberPop, il servizio che consentiva a chiunque di diventare un operatore NCC, anche i servizi Lux, Suv, X, XL, Select e Van dovranno sospendere ogni attività in Italia. In sostanza l’azienda statunitense potrà offrire nel nostro Paese solo la consegna di alimenti a domicilio ma niente che riguardi il trasporto delle persone. “Siamo allibiti per quanto annunciato dall’ordinanza. – fanno sapere da Uber – Questa decisione, basata su una legge vecchia di 25 anni e che non rispecchia più i tempi, per permettere a migliaia di autisti professionisti di continuare a lavorare grazie all’app di Uber”.
Per l’azienda di San Francisco è un momento davvero complicato. La società è sconvolta da scandali sessuali, problemi nello sviluppo della propria versione di self driving car, accuse di spionaggio e furto di proprietà intellettuali ed è stata anche scoperta a utilizzare metodi più o meno illeciti per sfuggire ai controlli delle forze dell’ordine. Il suo CEO, Steve Kalanick, è stato inoltre ripreso mentre insultava uno dei suoi autisti e il blocco in Italia potrebbe essere la mazzata finale.
Bisogna dire che in diversi Paesi dove le proteste contro Uber erano piuttosto accese (Germania, Francia e Spagna solo per citarne alcuni), il servizio offerto dall’app è stato alla fine legalizzato seppur dopo lunghe trattative. In Italia la normativa vigente è stata realizzata molto prima dell’avvento del ride sharing e non può rispondere ai bisogni attuali, punto su cui hanno insistito anche Altroconsumo e Antitrust e l’Autorità per i Trasporti quando è stato ratificato il blocco di UberPop. Ora è probabile che la società di San Francisco ricorrerà in appello sulla base del decreto Milleproroghe approvato a febbraio e sulla normativa europea che di fatto permettono le attività di noleggio con conducente via app.