Nonostante le numerose opposizioni al servizio di trasporto privato, la startup americana è già pronta al livello successivo: far volare le sue auto
In Italia sappiamo bene quanto sia complicata la questione Uber. Una burocrazia che da anni attende di essere aggiornata per regolarizzare il trasporto privato e NCC (noleggio con conducente) e una flotta di tassisti che chiede certezze legislative, per essere tutelata rispetto alla concorrenza. Anche se nel nostro paese, come in tanti altri, la questione sembra più che ferma, la compagnia americana non se ne preoccupa più di tanto, lasciando agli avvocati il compito di risolvere gli ingranaggi statali. Il motivo? Concentrarsi su nuovi scenari di intervento, che possano rivoluzionare la mobilità urbana. Tra questi c’è la possibilità vedere presto un taxi con le ali, ovvero un mezzo volante adibito al trasferimento di passeggeri per brevi tratti.
Cosa c’è di vero
Quanto sia reale un progetto del genere è difficile dirlo anche se di recente ci sono le evidenze di un interesse sempre maggiore circa la costruzione di una famiglia di velivoli marchiati Uber. L’ultima è più di un’indiscrezione visto che arriva direttamente dalla compagnia. Al summit “Elevate” che si è tenuto a Dallas, Uber ha tolto il velo a un paio di partnership che la porteranno, da qui al 2020, a costruire e mettere in volo i suoi taxi alati. Appartenenti alla categoria di VTOL (vertical take-off and landing), i mezzi vedranno la partecipazione delle città di Dallas-Fort Worth e di Dubai come luoghi scelti per lo svolgimento dei primi test, che probabilmente debutteranno all’Expo del 2020. Le altre collaborazioni riguardano un accordo con ChargePoint, che lavorerà sulla batteria degli Uber Elevate e case immobiliari locali, con cui si studieranno le migliori strategie per adattare tetti e grossi terrazzi all’atterraggio delle macchine volanti, che non sempre potranno godere di un arrivo sulle affollate strade urbane.