Secondo il governo di Mosca, la piattaforma ha violato la legge sulla protezione dei dati per almeno due anni
Prima la Turchia, poi la Russia. Sono due i paesi che nelle ultime ore stanno tenendo il banco per una serie di censure che rischiano di mettere in crisi l’utilizzo dei social network. I motivi sono diversi ma le conseguenze identiche. Ad Ankara, il problema è l’uso, secondo il governo, illegittimo che i cittadini fanno delle principali piattaforme per dissentire contro il potere mentre a Mosca si parla di violazione della legge sulla protezione dei dati, ad opera di LinkedIn. Mosca non è nuova a bloccare l’accesso ai social ma finora lo ha fatto per motivi prettamente politici, quasi mai burocratici.
La legge di mezzo
Questa volta invece il motivo principale è legislativo. Il Tagansky District Court della capitale ha affermato che il sito non ha rispettato le leggi sulla protezione dei dati, disattendendo anche la decisione emessa in precedenza da un altro tribunale del paese. A questo punto, il blocco verrà attivato da Roskomnadzor, agenzia telco interna, che negherà agli utenti russi l’accesso a LinkedIn. Si ma per quale motivo? Una legge del 2014 prevede che aziende con servizi web operanti in Russia debbano conservare i dati degli iscritti nei confini nazionali, cosa che evidentemente il social professionale non fa. “La nostra visione è quella di creare una community business internazionale e globale. Con una presa di posizione del genere – spiega un portavoce di LinkedIn – si compromette la crescita di tante compagnie che usano il portale per i loro affari”.