Dopo settimane in cui gli utenti si chiedevano il perché della condivisione delle informazioni personali (tra cui il numero di cellulare) con il social network ecco lo stop temporaneo
Era inevitabile. Con l’entrata di WhatsApp nel circolo di Facebook bisognava aspettarsi prima o poi una mossa del genere: l’unificazione, o quasi, delle politiche di privacy, per cui i dati degli iscritti alla piattaforma di chat sarebbero stati condivisi anche con il social network suo proprietario. Il risultato? Un database immenso di informazioni, il più grande volume di Pagine Bianche al mondo, sia di utenti individuali che compagnie. Troppo ghiotta l’occasione per lasciarsela sfuggire e Mark Zuckerberg lo sapeva. Eppure, come la storia recente ha insegnato, spesso l’opinione pubblica può sovvertire le strategie di business, con il supporto della legge.
Cosa accade
Ecco allora che l’ICO, Information Commissioner’s Office, organo britannico che analizza situazioni critiche per la privacy delle persone e riporta direttamente al parlamento oltremanica, è riuscito a convincere Facebook a fermare lo sharing dei dati consumatori, seguendo l’analisi fatta dal commissario Elizabeth Denham: “Non credo che gli utenti abbiano ricevuto abbastanza elementi per capire in che modo Facebook intenda usare i loro dati e non credo nemmeno che WhatsApp abbia ottenuto un valido consenso da parte dei clienti. Per questo nutro forti dubbi sulla correttezza dell’operazione; tutti dovrebbero avere il controllo sulle modalità attuate dalle compagnie per lo sfruttamento di informazioni personali”. Il risultato è che, almeno in Gran Bretagna, Facebook non otterrà più i dati degli iscritti al servizio di messaggistica, fin quando non produrrà un documento in cui viene esplicata chiaramente la destinazione di questi ultimi, sia nell’ambito del proprio network che in quello di WhatsApp. “Si tratta di una misura necessaria quando di mezzo ci sono aziende che gestiscono una mole così vasta di informazioni sensibili” – ha chiuso Denham.