L’Fbi ha sbloccato l’iPhone del terrorista di San Bernardino senza l’aiuto di Apple. La Mela vuole sapere come ci è riuscito
Per quanto riguarda l’Fbi, si è conclusa la battaglia legale con Apple in merito allo sblocco dell’iPhone 5C di Syed Rizwan Farook, uno degli autori della strage di San Bernardino. Il tribunale aveva imposto alla Mela di dare tutto il suo supporto al bureau per accedere ai dati dello smartphone del terrorista ma l’azienda di Cupertino aveva negato il suo assenso all’operazione. La scelta di Apple è stata sostenuta da molte altre aziende dell’hitech come Google e Microsoft. Il 21 marzo si sarebbe dovuta tenere un’udienza in cui le due parti in causa avrebbero dovuto difendere le rispettive posizioni ma inaspettatamente il Dipartimento di Giustizia ha resa nota la notizia di aver individuato un metodo per sbloccare l’iPhone di San Bernardino senza l’aiuto di Apple.
Nel documento presentato ieri dal Dipartimento di Giustizia alla corte si legge che “il governo ha con successo avuto accesso ai dati conservati nell’iPhone di Farook e di conseguenza non richiede più l’assistenza di Apple”. L’operazione è avvenuta grazie all’aiuto di un soggetto terzo di cui non è stata resa nota l’identità, anche se in molti sono convinti si tratti della startup israeliana Cellebrite. L’Fbi sta ora analizzando i dati “in linea con le procedure standard di indagine”.
La questione non è però finita qui. Il CEO di Apple Tim Cook, che ha sempre difeso l’utilizzo della crittografia per difendere la privacy degli utenti, ha dichiarato di voler conoscere il metodo utilizzato per sbloccare l’iPhone di Farook ma non è detto che il governo voglia rivelarlo. Da Washington fanno sapere che le agenzie governative faranno di tutto per accedere ai dati di un dispositivo considerato rilevante per le indagini sia cercando “la cooperazione dei gruppi manifatturieri sia facendo affidamento sulla creatività nei settori pubblico e privato”.