L’Ue potrebbe innalzare a 16 anni l’età minima per accedere ai servizi online ma in molti non sono d’accordo
L’Unione Europea ha inserito un emendamento nel nuovo regolamento sulla protezione dei dati personali che potrebbe cambiare radicalmente il modo in cui i giovani possono accedere ai servizi online. Nella proposta di legge, che sarà votata giovedì dalla Commissione per le libertà civili, giustizia e affari interni, si propone l’innalzamento dell’età minima per utilizzare piattaforme che trattano dati personali senza il consenso dei genitori da 13 a 16 anni.
In Europa molte aziende come Facebook, Google e Twitter non permettono agli under 13 di accedere ai loro servizi in autonomia come prescrive il Children’s Online Privacy Protection Act statunitense. L’Europa si è adeguata a questa prassi ma ora sembra abbia deciso di aumentare l’età minima per meglio garantire la privacy dei minori. In realtà già da tempo questo limite viene facilmente eluso. Secondo uno studio della London School of Economics su 25mila giovani europei, circa il 38% utilizza i social network nonostante abbia un’età compresa tra 9 e 12 anni e negli Stati Uniti la situazione è più meno la stessa.
L’emendamento non è stato ben accolto nemmeno dalle associazioni che lottano per la privacy online dei minori. Il Diana Award Youth Board, che ha lanciato una petizione online per bloccare la proposta di legge, ritiene che i servizi online siano fondamentali per i giovani, che li utilizzano “per i lavori scolastici, socializzare e come supporto per capire se stessi e il mondo intorno a loro”. Internet è anche utile per confrontarsi su temi come “gli abusi e l’orientamento sessuale” e per questo l’associazione ritiene che i ragazzi “non debbano chiedere il permesso ogni volta che accedono ad una nuova app o sito web”.