Smart working, le priorità dei CIO

Enterprise innovation, il futuro del lavoro è sempre più mobile

Le sfide dell’Enterprise Mobility, dalla ​UniCreditTower con ​Astaldi, Comau, ACI GLOBAL, Nestlé e ​Vimar. Il mondo dei CIO si confronta insieme a IDC Italia, Clusit, Citrix Italia, Colt e VEM sistemi sui temi del mobile working, mettendo luoghi e modelli di lavoro al centro della Tavola Rotonda “Collaboration&SmartWorking” organizzata da Data Manager e UniCredit Business Integrated Solutions.

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Il lavoro diventa smart, i protagonisti della Tavola Rotonda “Collaboration&SmartWorking”

 

 

Smart working, la rivoluzione che cambia le aziende

La tecnologia sta incidendo sui modelli di organizzazione del lavoro più di quanto la politica non sia stata capace di fare e ci sposta verso uno scenario di flessibilità personale che non ha più confini né di orario, né di luogo: volente o nolente, saremo tutti più flessibili. La strategia di molte aziende è da rivedere. Le differenze tra il mondo della “fabbrica” di produzione e quello dell’ufficio, tipico dei knowledge worker, restano, ma la tendenza è quella di disarticolare il luogo fisico del lavoro dal tempo del lavoro. Lo scambio di informazioni abbatte i confini fisici. Il modo in cui le persone lavorano è cambiato nel corso della storia a causa di diversi fattori prima di tutto ambientali, economici e soprattutto tecnologici. La diffusione dei device mobili è l’elevamento dirompente di questa trasformazione. Le aziende di qualsiasi dimensione sono alla ricerca di processi di lavoro più intelligenti per centrare gli obiettivi di business, soddisfare le esigenze del cliente, ma al tempo stesso offire un work-life balance di qualità. Da un lato si tratta di semplificare le soluzioni Unified Communication, dall’altro di estendere la mobility e le soluzioni per il BYOD a tutto l’ecosistema aziendale. Negli anni Ottanta, si lavorava “better”, negli anni Novanta si lavorava “cheaper”. Oggi, si lavora “elsewhere”. Manager e CIO devono collaborare per sfruttare appieno le opportunità dell’enterprise mobility. La massiccia diffusione di smartphone e tablet, lo sviluppo delle reti di nuova generazione, la continua proliferazione di servizi e contenuti di ogni natura spingono in maniera decisa la Mobile & App Economy. In questo modo, si concepiscono nuovi spazi e nuovi modelli per ottimizzare i costi, ridurre i consumi e per favorire forme di collaborazione e una maggiore e diversa produttività, come ci racconta Anna Maria Ricco, head of real estate Italy di UniCredit Business Integrated Solutions e come ha spiegato Alberto Monterosso, marketing manager della divisione Voice Services di Colt. La qualità degli spazi e la libertà dai tempi del lavoro si traduce immediatamente in qualità della vita con un impatto positivo sulla produttività dei lavoratori. E per questo non bisogna mai dimenticare di mettere al centro delle organizzazioni le persone – esorta Benjamin Jolivet, country manager di Citrix Systems Italia perché se «l’impresa può esser definita dal software, il lavoratore resta fattore umano imprescindibile». Se l’integrazione delle piattaforme mobili con l’IT esistente, la sicurezza, l’ottimizzazione dei costi, la connettività sono le priorità che i CIO che devono affrontare, l’esigenza di prevedere gli sviluppi degli investimenti nel medio termine, rappresenta un elemento critico nell’adozione di nuovi modelli di mobilty. L’approccio strategico di lungo termine è diventato una caratteristica comune nelle imprese. La grande complessità di questa materia che implica avere in giro tanti device, tanti utenti diversi in luoghi diversi, avere in giro applicazioni, contenuti accessibili in modi differenti, rappresenta un grande mal di testa per tutti i CIO e implica fare scelte progettuali con una nuova visione dei modelli tecnologici a disposizione e anche un nuovo approccio al rischio. «Ma il problema della sicurezza IT non riguarda solo le grandi aziende e bisogna essere in grado di governare la frammentazione funzionale tra Information technology e operational technology» – avverte Stefano Bossi, amministratore delegato VEM sistemi. E del resto «la tecnologia “smart” non deve diventare una trappola» avvisa Alessio Pennasilico di CLUSIT.

Dunque, lavorare ovunque e in qualunque momento aumenta la produttività, ma con quale effetto sull’organizzazione del lavoro? E quali sono i punti chiave di questo cambiamento?

 

 

 

UniCredit Business Integrated Solutions, Anna Maria Ricco: «La fiducia alla base dello smart working»

La strategia complessiva di UniCredit su collaboration e smart working permette di creare sinergie con le risorse materiali e immateriali del Gruppo, come se non esistessero barriere o distanze fisiche. Il gruppo bancario sta implementando un ambizioso progetto di riorganizzazione degli spazi per allineare il lavoro d’ufficio alle tecnologie di mobilità e collaborazione. Le tecnologie hanno una funzione chiave nell’efficienza operativa. E l’approccio è essenzialmente “phygital”. In UniCredit, lo smart working viene concepito anche attraverso una riorganizzazione degli spazi, disegnati per rispondere al meglio alle molteplici esigenze lavorative. Il progetto è focalizzato sull’ottimizzazione degli spazi occupati e sulla collaborazione virtualizzata che le nuove tecnologie rendono finalmente possibile, come spiega Anna Maria Ricco, Head of Real Estate Italy di UniCredit Business Integrated Solutions. «Il principio guida che orienta lo Smart Working in UniCredit si basa su una nuova concezione degli spazi, disegnati per rispondere al meglio alle molteplici esigenze lavorative. ll primo passaggio da fare a livello manageriale è quello di adottare uno stile di leadership centrato sugli obiettivi e non sul controllo.

La fiducia è l’elemento chiave di tutto l’ecosistema di smart working, che si articola poi nella libertà di scelta dello spazio di lavoro. Il modello adottato dal nostro Gruppo identifica tre macroaree principali: la workstation area, la communication area e la functional area. La prima presenta le postazioni di lavoro all’interno dell’open space ma anche, per esempio, sale per attività che richiedono silenzio e concentrazione oppure aree di co-working per il lavoro in team. La communication area invece definisce gli spazi dedicati alle riunioni e alle videoconferenze, mettendo a disposizione le tecnologie più avanzate. A queste si aggiunge infine anche la functional area in cui sono compresi tutti gli spazi “utili” come per esempio armadietti personali e copy center. L’obiettivo è offrire ambienti sempre più flessibili ed efficienti, equamente bilanciati per supportare il lavoro individuale e in team ma anche la condivisione e i momenti di socializzazione e relax (Kitchenette). Il progetto Smart Working è giunto ormai a una fase matura: nel il primo trimestre 2015 sono circa 2.100 i colleghi già coinvolti a Milano, Monaco, Torino e Bologna, per arrivare a un totale di circa 23mila persone entro il 2018 (alle citate città si aggiungeranno Verona, Francoforte, Amburgo, Vienna e Istanbul)».

 

 

Colt, Alberto Monterosso: il lavoro agile libera talento e risorse

La pressione competitiva e la spinta all’efficienza hanno ridimensionato i team di lavoro e la struttura delle organizzazioni, disarticolando la posizione geografica delle persone e funzione aziendale. In questa prospettiva, come sono fatti gli uffici conta sempre meno, conta invece come si permette ai lavoratori di avere accesso alle informazioni di cui hanno bisogno. In Italia, dove la normativa del lavoro è molto delicata e complessa, le nuove forme di smart working avranno un impatto positivo anche sul livello del dibattito. Adattarsi a questi cambiamenti, può rivelarsi particolarmente complicato. Bisogna cambiare il modo di operare per adattarsi velocemente ai mutamenti. L’azienda estende i propri confini oltre lo spazio fisico, i dipendenti si trovano distribuiti sul territorio, lavorano da casa, necessitano di condividere informazioni e documenti. Il lavoro agile permette di razionalizzare le risorse, ma libera il talento delle persone. «La rivoluzione copernicana di Colt, parte dal desktop virtuale cablato e l’abbattimento dei silos territoriali, passa attraverso l’usabilità delle applicazioni e il coinvolgimento delle persone» – spiega Alberto Monterosso, Marketing Manager Divisione Voice Services di Colt. «In questa tavola rotonda, abbiamo discusso diversi casi reali di lavoro intelligente. In Colt, abbiamo una straordinaria esperienza di uso interno di strumenti di collaborazione. Abbiamo oltre cinquemila dipendenti distribuiti in tre continenti che hanno bisogno di collaborare su una base costante a causa di una organizzazione funzionale centralizzata. La nostra soluzione interna si basa su due pilastri principali: desktop virtuali e, soprattutto, servizi di Unified Communication & collaboration. Sulla base della nostra esperienza interna di dieci anni, abbiamo deciso di offrire i nostri servizi a clienti esterni, optando per un’architettura che privilegia la qualità della voce, che è di importanza fondamentale per qualsiasi riunione. Inoltre, facendo leva sulla nostra rete internazionale forniamo numeri di accesso locali in ogni paese, compresi i numeri verdi per fornire il massimo livello di flessibilità».

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Citrix Systems, Benjamin Jolivet: Il lavoro agile è “human defined”

La diffusione dei device mobili, smartphone in testa, sta cambiando non solo i comportamenti, ma anche le abitudini in azienda. Perfino la pausa davanti alla macchinetta del caffè è diventata obsoleta. La tecnologia ridisegna luoghi e tempi di lavoro, abilitando nuove forme di aggregazione e di scambio di informazioni. Smart working e lavoro agile sono due tendenze in crescita, ma stando ai dati di una recente indagine di Citrix realizzata da ContactLab su un campione di 1200 lavoratori tra i 25 e i 54 anni), oggi solo il 19% dei lavoratori intervistati svolge, seppure con differente frequenza, le proprie mansioni da casa o comunque lontano dal proprio ufficio, mentre all’interno di poche aziende italiane – meno del 10% – è prevista la modalità di lavoro agile o smart per tutti i lavoratori. Eppure l’81% di loro è interessato a queste modalità. Questo significa che in questa fase di passaggio, le resistenze al cambiamento sono molte e di diversa natura, prima culturali – interne all’azienda – poi tecnologiche. Per fare smart working, però non basta ridisegnare il workspace con gli strumenti messi a disposizione dei dipendenti. Anche in questo l’azienda è “software defined”. Nell’esperienza di Citrix, l’applicazione guida l’esperienza dell’utente. «Ma senza dimenticare – come spiega Benjamin Jolivet, Country Manager di Citrix Systems Italia – che l’impresa può essere definita dal software, ma resta una comunità di persone e il fattore umano della collaboration è determinante per il successo di questo tipo di tecnologie. «Si tratta di un cambiamento tecnologico, ma il salto evolutivo è tutto culturale. Ci sono ancora molte resistenze verso le nuove forme di lavoro. Le aziende continuano ad avere l’ossessione del controllo, del cartellino, della produttività misurata sul numero di ore trascorse in ufficio, invece di favorire modelli organizzativi basati sulla delega e sul raggiungimento degli obiettivi. è una questione di management e di fiducia nelle persone non solo di un “sotto-utilizzo” delle tecnologie. Ma la fiducia si crea con l’esempio. E l’esempio deve arrivare dall’alto».

 

 

VEM sistemi, Stefano Bossi: Come trasformare l’ufficio in un “hub”

L’estremo bisogno di semplicità, non solo nel mercato consumer ma anche in quello business, ha un impatto dirompente non solo sulle abitudini dei consumatori, ma anche sul modo di concepire il lavoro in azienda. L’approccio olistico di VEM sistemi si caratterizza proprio per l’immediatezza e la semplicità, come ci spiega Stefano Bossi, Amministratore Delegato di VEM sistemi. «Il tema della “digital transformation” dell’ambiente di lavoro sta diventando un argomento cruciale in tutte le organizzazioni, investite da una vera e propria rivoluzione del modo di lavorare che ha l’obiettivo di migliorare e rendere il più possibile web-based il business delle aziende, modificandone radicalmente i limiti spaziali e temporali» – dichiara Stefano Bossi. «In particolare, gli strumenti di comunicazione e collaborazione, le soluzioni che abilitano il mobile working e incrementano la produttività diventano caratteristiche fondamentali per ogni struttura che voglia ritenersi una smart enterprise». Le tecnologie a supporto della smart collaboration possono indirizzare i temi a valore come la condivisione delle informazioni in modo più rapido ed efficace, e al tempo stesso favorire la trasformazione dei luoghi di lavoro. Il concetto di “activity based working” permette di liberare risorse e aumentare l’efficienza produttiva e organizzativa, separando il tempo per recarsi al lavoro dal tempo dedicato al lavoro. L’ufficio diventa un “hub” collaborativo che migliora la produttività e la qualità del lavoro. Il miglioramento del contesto ambientale permette inoltre di attrarre i nuovi talenti della Net-generation. «In questa prospettiva, l’azione di semplificazione del system integrator è sempre più a 360 gradi. Si tratta di un vero e proprio cambio di paradigma – spiega Bossi – che permette di integrare l’information technology e l’operation technology. L’introduzione e l’uso di nuovi device e nuove modalità di comunicazione e relazione devono essere un’opportunità da gestire e non un grattacapo per i CIO. Vogliamo accompagnare i nostri clienti in questo percorso di trasformazione dell’ambiente di lavoro. Le soluzioni che offre VEM Sistemi, in partnership con Cisco e Citrix, vanno oltre la semplice connessione dei vari dispositivi alla rete, fornendo alle aziende soluzioni complete per affrontare il fenomeno. L’approccio olistico di VEM Sistemi permette di far convergere in una soluzione unica e intergrata sia la componente di smart working e di UC&C sia quella di automazione dal lato dell’evoluzione dell’Internet of Things. Avere la capacità di affrontare questa sfida su una superficie di intervento molto estesa sarà la sfida del futuro di VEM Sistemi».

 

 

Lavorare in mobilità

L’arrivo nel mercato italiano degli smartphone è stato l’elemento disruptive. E gli smartphone sono al centro dell’ecosistema delle comunicazioni, dell’accesso ai contenuti e anche ai servizi attraverso le app, incidendo su una serie di comportamenti personali che per forza di cose sono diventati anche parte della vita aziendale fino a incidere sui processi di business. «Per tutti questi motivi l’enterprise mobility è molto di più che la gestione dei device» – spiega Daniela Rao, TLC Research & Consulting director di IDC Italia. L’enterprise mobility rappresenta anche il nuovo paradigma del rapporto tra il modo di comunicare delle persone e le tecnologie dell’informazione.

Lavorare in mobilità e da luoghi diversi dalle sedi di lavoro assegnate, utilizzando device e servizi che permettono di accedere a Internet e di trasmettere dati attraverso la rete mobile, è parte dell’esperienza quotidiana di un numero sempre più importante di persone e aziende. È ormai evidente che questo fenomeno è destinato ad avere grandi impatti sui sistemi informativi aziendali. Anche in Italia, l’incremento del livello di mobilità degli addetti, del numero di device e delle applicazioni obbliga infatti le imprese ad affrontare nuove sfide e gestire questa entropia.

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ACI GLOBAL, Gianluca Cavalletti: «Coniugare efficacia ed efficienza»

Da 60 anni, ACI Global eroga servizi di soccorso stradale, trasporti e assistenza alla persona sulla rete stradale e autostradale del territorio nazionale, sempre, ovunque e nel più breve tempo possibile. «L’azienda ha sempre lavorato privilegiando l’efficacia all’efficienza» – spiega Gianluca Cavalletti, Group CIO di ACI GLOBAL. «Davanti a un problema di soccorso, la necessità è di risolverlo velocemente, non di risparmiare. In un momento in cui il mercato ci chiede di essere concorrenziali, ACI GLOBAL ha deciso di puntare sull’innovazione per trasformare il modo di lavorare e di erogare servizi fuori e dentro l’azienda. Oggi, è in atto un progetto di trasformazione che ci permette di coniugare efficacia dell’intervento all’efficienza operativa, ottimizzando i mezzi e facendo evolvere gli strumenti di collaborazion e smart working. «Innovazione di processo e di servizio, infrastruttura tecnologia agile, nuovi modelli di organizzazione del lavoro in ottica smart working sono i punti chiave del paradigma di trasformazione digitale dell’azienda. Bisogna fare innovazione nel modo giusto, senza perdere di vista la sicurezza. La tecnologia deve abilitare il business, non essere un fattore di ostacolo al cambiamento. Il mondo migliore è procedere per obiettivi, misurando i vantaggi ottenuti e condividendo i risultati. Smart working e cloud services, per distribuire le informazioni e aumentare la collaboration a tutti i livelli sono fondamentali per raggiungere l’obiettivo comune della crescita».

 

 

Comau, Flavio Bernocchi: La sfida della fabbrica “smart”

Nella “fabbrica del futuro”, i processi di automazione coinvolgeranno l’organizzazione del lavoro e tutti i processi. L’automazione industriale del futuro non sarà solo una sfida ingegneristica, ma anche organizzativa. Allo stato attuale, è più facile parlare di smart working in un’azienda di servizi. Anche se, l’evoluzione verso la “servitization” porterà alla trasformazione del rapporto tra il produttore di beni strumentali e l’azienda utilizzatrice dalla mera fornitura di macchine operatrici alla messa disposizione di processi di servizio end-to-end. Nel passaggio dalla visione tradizionale della ciclo di vita del prodotto, dove il nucleo del valore percepito dal cliente è il prodotto manifatturiero, verso un modello dove il cliente stesso è attore di nuove soluzioni a valore, la trasformazione del lavoro nella fabbrica “pesante”, pone una sfida tecnologica, culturale e di sicurezza più “hard”. Comau, membro del Gruppo FCA, è leader a livello mondiale nella produzione di sistemi automatici flessibili e nell’integrazione di prodotti, processi e servizi per aumentare l’efficienza, riducendo al contempo i costi complessivi. In tema di smart working, l’esperienza di Comau è tipica del settore manufacturing. Desktop virtuali e virtual room – per agevolare il lavoro a distanza su diversi progetti e in diverse aree geografiche e sotto la spinta che arriva anche dai clienti – rappresentano i punti della strategia per la collaboration di Comau sia dal punto di vista delle soluzioni di unified communication sia della distribuzione e la costruzione del valore sul dato. «Le spinte che ci inducono a cambiare sono due» – spiega Flavio Bernocchi CIO di Comau. «I tempi del ciclo di vita del prodotto, dalla progettazione alla messa sul mercato, si sono dimezzati. L’era dell’organizzazione del lavoro di stampo taylorista è tramontata da un pezzo. Dalla divisione del lavoro e la frammentazione delle competenze siamo passati alla collaborazione e alla condivisione delle risorse materiali e immateriali. Questo impone anche un ripensamento della fabbrica dal punto di vista delle infrastrutture tecnologiche e della gestione del dato. Comau ha stabilimenti in 15 paesi e il lavoro a distanza rappresenta una grande opportunità. Siamo una fabbrica “pesante” sia per i tipo di prodotti che produciamo sia perché i nostri dati di ingegneria non sono facilmente distribuibili. A livello di progettazione la distribuzione del lavoro via web o in cloud è una pratica sempre più adottata, ma richiede un forte coordinamento, soprattutto dal punto di vista della sicurezza e della protezione dei dati. Il dato è sempre più dinamico, ma portare il modello “social” in fabbrica è una sfida».

 

 

Vimar, Francesco Pezzutto: «La collaborazione diventa intelligente»

Il percorso verso la smart collaboration può essere pieno di insidie tecnologiche, organizzative e culturali. Gli investimenti in smart working e UC&C consentono di avere un ROI tangibile in termini di aumento della produttività e di snellire i processi di business, riducendo i costi (spese per trasferte, spese di interconnessione), ma il beneficio più grande è la qualità del lavoro. «Dal 1945 – spiega Francesco Pezzutto CIO di Vimar – siamo leader nella produzione di materiale elettrico, elettronico e di sistemi di home & building automation. La nostra storia inizia nell’immediato dopoguerra, a Marostica (VI), e oggi siamo presenti in tutto il mondo. Siamo un’azienda 100% italiana, perché crediamo nel made in Italy. Ci confrontiamo in un mercato globale, fatto di competitor globali, e quindi la nostra capacità di introdurre innovazione in azienda diventa un elemento strategico per reggere la competizione e continuare a produrre in Italia. La passione e la voglia di innovare contraddistingue i nostri prodotti». Vimar è leader di mercato in Italia e uno dei principali brand di riferimento nel mercato internazionale. «Abbiamo intrapreso un percorso di trasformazione, dotando l’azienda dei più evoluti strumenti di comunicazione per garantire non solo ai dipendenti la possibilità di accedere a dati e applicazioni aziendali in qualunque momento, senza vincoli di localizzazione, ma anche per abilitare nuovi modelli di gestione delle relazioni con stakeholder esterni all’impresa, a partire da clienti e fornitori. In particolare, in concomitanza di un progetto a supporto della rete commerciale, abbiamo deciso di lanciare una soluzione di Information & Communication Mobility, con l’obiettivo di dotare tutta la forza vendita di device mobili su un sistema CRM in grado di mappare tutte le opportunità di business. Siamo passati così da un concetto di uffici distribuiti a un concetto di “lavoro sul campo”. Il secondo passo è stato di fornire anche strumenti di lavoro condiviso in mobilità. Per la fase pilota di questo secondo step è stato ingaggiato il top management, in modo da dare l’esempio. Le soluzioni di smart working abbattono le barrire culturali. La tecnologia deve essere cavalcata e governata per portare innovazione in azienda e dare vantaggio competitivo. Gli strumenti di collaborazione sono perfettamente integrabili con soluzioni di CRM e Extended ERP. L’aspetto della sicurezza non è da trascurare, ma non deve essere un deterrente all’innovazione. Anche l’approccio manageriale è un fattore determinante. Il manager deve pensare di integrare le proprie competenze e adottare un approccio di team leadership più partecipativo, stimolatore di comunicazione e facilitatore di queste nuove tecnologie per rendere più efficiente e più efficace il proprio lavoro».

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Astaldi, Giampiero Astuti: «Smart working, un treno che va veloce»

Giampiero Astuti Group CIO di Astaldi

Astaldi, general contractor leader in Italia e player di riferimento a livello mondiale per il settore delle infrastrutture, mantiene un approccio più tradizionale rispetto all’organizzazione del workspace e della gestione del personale, come ci racconta Giampiero Astuti Group CIO di Astaldi, intervenendo in telepresence da Roma. «Abbiamo quasi 400 sedi geografiche distribuite in 30 paesi diversi. Le soluzioni di UC&C, smart working e content management permettono alle aziende complesse come Astaldi di facilitare il modo di lavorare e di organizzare il lavoro. Se penso a come lavoravamo solo cinque anni fa e come lavoriamo oggi, mi accorgo che si tratta di due mondi completamente differenti. Noi lavoriamo con il ferro e il cemento. L’età media dei nostri dipendenti è di circa 46-47 anni. Rivoluzionare il lavoro in azienda significa porsi un problema di change management a monte. La sfida più grande è cambiare la testa delle persone, non l’introduzione di una tecnologia. Il fenomeno della consumerizzazione può essere di aiuto per rendere più facile l’adozione di queste soluzioni anche in ambito aziendale. Il dipendente che dimostra di avere più resistenze, magari nella vita privata è un “social surfer” di prima categoria. Il modello lavorativo sta cambiando molto in fretta. Da molti anni in azienda, facciamo largo uso del canale di videoconferenza e di soluzioni di UC&C per la condivisione di contenuti. Si tratta di un motore che sta prendendo potenza su un treno, quello dello smart working, che va sempre più veloce con una tecnologia sempre più pervasiva».

Nestlé Italiana, Sergio Ciccarelli: Il lavoro agile e il ruolo delle HR

Sergio Ciccarelli, IS HR Business Solution Manager di Nestlé Italiana

Il Gruppo Nestlé è presente in Italia dal 1875. Occupa circa 5.500 dipendenti suddivisi in 16 stabilimenti produttivi (oltre alla sede centrale di Milano). Oggi, opera con diverse realtà: Nestlé Italiana, Sanpellegrino, Purina, Nespresso, Nestlé Nutrition e Nestlé Health Science, Nestlé Professional e CPW. Il Gruppo Nestlé è leader mondiale nel food & beverage. Nel 2014, ha ottenuto la Menzione Speciale agli Smart Working Awards 2014, il premio promosso dall’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano. L’azienda è impegnata in un processo di trasformazione per innovare il lavoro in ottica smart con l’introduzione di progetti di “agile work” a tutti i livelli. «In occasione dell’apertura della nuova sede di Assago – racconta Sergio Ciccarelli, IS HR Business Solution Manager di Nestlé Italiana – la compagnia ha avviato un esteso piano di change management con l’obiettivo di creare una diffusa consapevolezza sulla modalità di utilizzo degli ambienti nel nuovo edificio, sulle policy organizzative e soprattutto sui comportamenti e gli stili di leadership Smart». Ma l’impegno nello sviluppo di iniziative di welfare e lavoro agile fa parte di una strategia intrapresa da tempo. «Si tratta di un percorso che va nella direzione del benessere delle persone e della soddisfazione delle loro esigenze». Con il nuovo Campus Nestlé, l’Italia è diventata uno dei primi mercati al mondo a riunire sotto un unico tetto tutti gli uffici direzionali del Gruppo per un totale di circa 1.300 persone. Più di 22mila metri quadrati, sei piani, soluzioni e spazi innovativi concepiti in modo dinamico per favorire collaborazione, comunicazione, creatività. Il progetto rappresenta un esempio di punta del modo di concepire gli spazi lavorativi del futuro. Smart working vuole dire molte cose. Orario flessibile, accesso in mobilità, work space, work life balance, tecnologia necessaria, ma anche una visione diversa del lavoro. Ma come facilitare la flessibilità e promuovere la cultura dello smart working? «In Nestlé, che non è più solo una “food company”, ma una “wellness company” – spiega Sergio Ciccarelli – abbiamo un approccio “open”, grazie all’innovativa progettazione degli spazi e al supporto di tecnologie avanzate. Oggi, in azienda è possibile decidere non solo il luogo dove lavorare – dal bar interno o dal cortile, dalle sale riunioni come dai phone boot o dalla propria scrivania – ma anche con quali strumenti lavorare, gestendo così al meglio il tempo, a vantaggio delle persone e delle performance di business. In questo processo di trasformazione, il ruolo delle HR è fondamentale. Il commitment da parte del top management rappresenta la condizione per il successo».

CLUSIT, Alessio Pennasilico: Lavorare “mobile” e in sicurezza

Alessio Pennasilico Membro del Direttivo e del Comitato Tecnico Scientifico di CLUSIT

Essere connesso ovunque, dentro e fuori il perimetro aziendale significa avere la possibilità di lavorare ovunque, ampliando il tempo del lavoro, ma anche di conciliarlo con le esigenze personali con un incremento positivo del work life balance e della produttività. Lavorare “mobile” pone molti problemi di sicurezza, che non solo di natura tecnologica, ma anche culturale. La soluzione? «Non ignorare il problema» – risponde Alessio Pennasilico Membro del Direttivo e del Comitato Tecnico Scientifico di CLUSIT. «L’aumento di produttività che deriva dall’utilizzo di tecnologie che permettono di lavorare “mobile” è evidente. L’aumento dei rischi per l’infrastruttura altrettanto. Non cedere alla tentazione di imporre divieti “inaccettabili” significa gestire la situazione, mitigando i rischi e definendo il perimetro di sicurezza degli utenti mobili. I rischi reali sono molti: dalla perdita del device e dei dati, all’uso fraudolento di informazioni aziendali. Gli smartphone, che più di ogni altro device abilitano forme di collaboration, sono potenti e versatili. Ma ogni smartphone può diventare un punto di accesso o di uscita della rete aziendale. Il primo passo per promuovere lo smart working è la messa in sicurezza la rete attraverso regole di accesso, di autenticazione e di prevenzione. La tecnologia è abilitante, ma il mancato controllo e gestione degli strumenti tecnologici può essere disabilitante e trasformarsi in una trappola o in un boomerang».

Rinunciare al controllo per mantenere il comando

Controllo e gestione delle informazioni in sicurezza restano i punti cardine, ma facilitare la collaborazione da remoto e in mobilità diventa sempre più «necessario». In Italia, la soluzioni per i mobile worker sono in crescita e la mobilità non è più un “nice to have”. L’incremento del livello di mobilità degli addetti, del numero di device e delle applicazioni obbliga le imprese a gestire questa «entropia» del sistema.

Solo recentemente le priorità sono cambiate e i CIO hanno iniziato a comprendere che è fondamentale avere strategie di enterprise mobility per dominare questo fenomeno inarrestabile. «Non esiste però una strategia univoca, adatta a tutte le imprese – spiega Daniela Rao (IDC Italia) – poiché gli aspetti su cui la mobilità impatta sono numerosi e molto diversificati: in quei processi di business dove velocità e precisione nello scambio di comunicazioni sono fondamentali per la competizione, l’adozione di una strategia di trasformazione ha impatti direttamente proporzionali ai benefici e coinvolge tutta l’organizzazione, dai sistemi informativi agli addetti, sino ai clienti».