Per il 60% degli italiani la pirateria online è la norma

Il 60% degli italiani pensa che la pirateria online sia un "peccato veniale"

Uno studio sull’atteggiamento nei confronti del copyright afferma che per il 60% degli italiani la pirateria online è la normalità

Il copyright in Rete è tema di dibattito da diversi anni. C’è chi ritiene che la libera diffusione e condivisione di contenuti coperti dal diritto d’autore farebbe da motore all’innovazione mentre altri ritengono che le opere originali debbano essere protette da copie illecite in quanto necessitano di lavoro e studio per essere realizzate. Buona parte degli italiani, in realtà, non sembra nemmeno porsi il problema. La Business Software Alliance (BSA) ha presentato i risultati di una ricerca condotta da Lorien Consulting nell’ambito dell’Osservatorio Politico Nazionale sull’atteggiamento degli italiani nei confronti della proprietà intellettuale. Oltre la metà del campione ritiene che la pirateria online sia la normalità.

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Pirateria online? Solo il 14% degli italiani pensa sia da perseguire

Il 60% degli italiani ritiene che scaricare illegalmente musica e video sia “normale” o al massimo “un peccato veniale” mentre il 22% afferma di ignorare che questa pratica sia un reato. Il 31% del campione ha dichiarato di aver “scaricato qualcosa”, a cui si aggiunge un 9% che che non nega di averlo fatto ma neppure lo ammette. Il 58% del campione ritiene che la pirateria online è il modo “più comodo e facile” per ottenere ciò che gli serve, il 23% dice di scaricare illegalmente perché “i prodotti legali costano troppo” mentre il 4% lo fa perché “non si rischia nulla” ed è “difficile essere scoperti”. Infine, solo il 14% degli intervistati è convinto che la pirateria online è un “reato da perseguire”.

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“I riscontri dell’Osservatorio condotto su base nazionale da Lorien – ha sottolineato Simonetta Moreschini, presidente di BSA Italia  – confermano le conclusioni a cui ci conducono anche ricerche realizzate da BSA a livello internazionale. Ancora si deve fare molto per modificare una cultura condivisa che purtroppo è ancora lontana dal considerare la legalità nell’utilizzo del software un bene sociale e un moltiplicatore di sviluppo economico”.