Frutto del lavoro di un team del Nevada Desert Research Institute, è in sviluppo un rivoluzionario sistema per far fronte alla siccità: un drone in grado di stimolare le piogge nelle aree interessate da scarse precipitazioni, incrementandole del 10%
Questo progetto sfrutta per la prima volta l’azione delle particelle di ioduro d’argento per stimolare la pioggia.
“Dai primi esperimenti – fanno sapere gli scienziati – è stato appurato che il drone ha prodotto il 10% di pioggia in più”.
Il coordinatore del team di ricerca, Jeff Tilley, sostiene che il drone permetterà di “sparare sulle nuvole alcune particelle di ioduro d’argento che facilitano il formarsi della pioggia”.
I droni sono velivoli comandati da remoto, in grado di svolgere i compiti più disparati: dai postini di Amazon ai droni poliziotti o guide turistiche, dai soccorritori anti-valanghe fino ai droni giornalisti.
L’inseminazione delle nuvole
Un processo definito “cloud seeding”, letteralmente “inseminazione delle nuvole”. I test mettono in luce che per ogni 25-45 ore di volo questo sistema è in grado di stimolare quasi un miliardo di litri d’acqua, pari a circa il 10% del normale volume di pioggia che avviene in una precipitazione.
Anche in Italia si sta lavorando ad un progetto analogo che metterà in campo una tecnologia simile, per Levissiva Spedizione Ghiacciai. Una tecnologia simile è all’opera anche nel progetto italiano Levissima Spedizione Ghiacciai. Lo studio coinvolge l’Università Statale di Milano in Alta Valtellina con lo scopo di “studiare la fusione glaciale con le migliori attrezzature di rilevamento aereo, l’occhio tecnologico di un satellite Nasa per acquisire immagini ad altissima risoluzione e una stazione meteorologica all’avanguardia che acquisisce dati energetici”.